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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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pamar5 ha scritto:

Quindi chi afferma che una certa lente è connotata da plasticità è nel vero, non sta dicendo fesserie ma quanto dice non è misurabile e confrontabile con altri esemplari ma si basa unicamente su dati non quantificabili e non confrontabili a prescindere dall’osservatore.

La frase mi suona un po’ criptica… stai dicendo che la “plasticità” di un obiettivo esiste, quindi è una caratteristica reale degli obiettivi, ma oltre a non risultare misurabile non risulta neppure confrontabile con altri esemplari, cioè la “plasticità” c’è ma è… invisibile? Ho capito bene?

Inviato: 11/8/2016 22:45
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?
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Per me "plasticità" e "ariosità" non hanno significato.

Però arrivo a capire l'"effetto presenza". Lo inquadrarei però non come caratteristica astrusa dovuta a formule magiche, ma come la combinazione di alto contrasto a piccolo e medio raggio, sfocato non invadente (assenza di doppi bordi) e buona resistenza alle luci parassite.
In certe situazioni anche una certa quantità di curvatura di campo può aiutare a "staccare" il soggetto ed evidenziarlo.

Certamente un buon obiettivo con pochi elementi, e quindi poche superfici aria/vetro, può essere un buon candidato, specie se focale e luminosità massima non sono spinti (e quindi non servono molti gradi di libertà per correggere le aberrazioni principali -> pochi elementi non sono un limite qualitativo).

Fer

Inviato: 11/8/2016 23:51
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Nelle scienze sociali l'analisi qualitativa presenta sempre una percentuale di empirismo. Stiamo finedo per ragionare solo di questa percentuale.

Ottenere la misurabilità di un dato empirico comporta alcuni accorgimenti, tra i quali il più importante, forse, è la definizione univoca.

Se chiamo 100 persone a dare una valutazione qualitativa, le metterò d'accordo sulla terminologia e, da questa, potrò arrivare ad una misurazione.

"Effetto presenza" è solo una definizione, ma ne esisteranno altre dieci diverse (almeno) per dire la stessa cosa.

Quando ho letto, qui, per la prima volta "effetto presenza" ho pensato alla prospettiva ed alla ripresa soggettiva. Se non ci accordiamo sui termini, restiamo nel campo delle sensazioni individuali e soggettive.

Inviato: 12/8/2016 8:49
Franz ...Tessera "Bromuro d'argento" C.F.A.O. n. AgBr 31......
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Allora do la mia di plasticità:

Percentuale di plastica contenuta nell'obiettivo, come massa rispetto alla massa complessiva, espressa in %. Sono comprese anche le lenti in materiale acrilico, anche se asferiche.

L'ariosità mi lascia un po' in difficoltà, anche se qualche zoom lungo pompa una discreta quantità di aria che a volte si sente anche dall'oculare, ma quantificarla mi lascia in difficoltà, è una misura complessa. Certo, gli obiettivi con messa a fuoco interna dovrebbero essere assai poco ariosi.

Vabbè, è quasi ferragosto ...

Inviato: 12/8/2016 10:13
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?
Utente non più registrato
Direi che finalmente la discussione ha portato a delle conclusioni.

La prima è questa e ringrazio Fer che ha dato una plausibile spiegazione ad un fenomeno che esiste indubbiamente:
Citazione:
...In certe situazioni anche una certa quantità di curvatura di campo può aiutare a "staccare" il soggetto ed evidenziarlo. Certamente un buon obiettivo con pochi elementi, e quindi poche superfici aria/vetro, può essere un buon candidato, specie se focale e luminosità massima non sono spinti (e quindi non servono molti gradi di libertà per correggere le aberrazioni principali -> pochi elementi non sono un limite qualitativo).


di conseguenza, l'uso del termine "effetto presenza" ha una sua connotazione concreta e motivata sotto aspetti tecnici (che in parte ipotizzavo anch'io ma senza il retroterra tecnico di Fernando erano solo intuizioni).

La seconda è questa di FranzX:

Citazione:
Ottenere la misurabilità di un dato empirico comporta alcuni accorgimenti, tra i quali il più importante, forse, è la definizione univoca. Se chiamo 100 persone a dare una valutazione qualitativa, le metterò d'accordo sulla terminologia e, da questa, potrò arrivare ad una misurazione. "Effetto presenza" è solo una definizione, ma ne esisteranno altre dieci diverse (almeno) per dire la stessa cosa. Quando ho letto, qui, per la prima volta "effetto presenza" ho pensato alla prospettiva ed alla ripresa soggettiva. Se non ci accordiamo sui termini, restiamo nel campo delle sensazioni individuali e soggettive.


Riassume in fondo quello che dicevo a Pag.2 quando facevo il paragone con i vini per i quali c'è una terminologia che si insegna nelle scuole di enologia che codifica in un termine una sensazione. Per le ottiche non esiste una terminologia di riferimento, tanto meno una scuola di valutazione e penso che sarà sempre così, se non ci si è pensato finora.


Inviato: 12/8/2016 10:34
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?
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Citazione:

orso ha scritto:

La frase mi suona un po’ criptica… stai dicendo che la “plasticità” di un obiettivo esiste, quindi è una caratteristica reale degli obiettivi, ma oltre a non risultare misurabile non risulta neppure confrontabile con altri esemplari, cioè la “plasticità” c’è ma è… invisibile? Ho capito bene?



Non ci siamo capiti. Non ho detto che la plasticità è una caratteristica reale ma non misurabile. Intendevo dire che esiste ma non sono comunemente diffusi dati numerici su di essa ma solo valutazioni basate su sensazioni e quindi non oggettivi. L’esempio della plasticità era forse infelice. Quanto intendevo dire è che un dato parametro se non quantificato con valori numerici si basa solo su sensazioni. Tali sensazioni sono soggettive e non permettono un confronto fra modelli diversi. Nel momento in cui vi è una quantificazione (scientifica) di tale caratteristica, risulta possibile un confronto non basato su sensazioni ma su dati concreti.

Marco


Inviato: 12/8/2016 10:48
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"I'm not a photographer the moment I pick up the camera.
When I pick one up, the hard work's already been done"

“To photograph reality is to photograph nothing.”

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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Citazione:

FranzX ha scritto:
Se non ci accordiamo sui termini, restiamo nel campo delle sensazioni individuali e soggettive.

ma…, SIAMO nel campo delle sensazioni individuali e soggettive.
Per me, ad esempio, oltre ad “ariosità” e “plasticità”, anche “effetto presenza” non ha alcun significato se riferito ad una stampa fotografica. Ne acquista, ad esempio, in campo cinematografico se mi trovo in una sala con audio multicanale. Ma davanti ad una foto, qualsiasi foto, proprio no.
E dunque, nel campo delle sensazioni individuali e soggettive, cioè delle chiacchiere, è normale che ognuno si esprima come meglio crede.
Solo che finché queste sensazioni individuali e soggettive vengono attribuite ad una immagine mi sta benissimo e lo posso capire, quando vengono attribuite a proprietà immaginarie di un obiettivo sorrido.




Citazione:

Fer ha scritto:
Però arrivo a capire l'"effetto presenza". Lo inquadrarei però non come caratteristica astrusa dovuta a formule magiche, ma come la combinazione di alto contrasto a piccolo e medio raggio, sfocato non invadente (assenza di doppi bordi) e buona resistenza alle luci parassite.

Le foto postate da Pino non mi pare abbiano parti sfocate, e una buona resistenza alle luci parassite si traduce ancora in un aumento di contrasto. Dunque, un obiettivo che ha “effetto presenza” è un obiettivo con buon contrasto? Benissimo, il contrasto è un parametro di un obiettivo che esiste realmente, chiamatelo come vi pare, non faccio questioni di terminologia. Tempo fa, indagando in altro forum sulla “tridimensionalità” degli obiettivi, venne fuori che era il contrasto a dare la sensazione di tridimensionalità alle immagini prive di sfocato. Allora tridimensionalità ed effetto presenza sono sinonimi se riferiti ad un obiettivo? Per quanto mi riguarda un obiettivo più contrastato di un altro dà immagini più contrastate e basta. Forse ho poca fantasia…

Inviato: 12/8/2016 22:51
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Citazione:

pamar5 ha scritto:
Quindi chi afferma che una certa lente è connotata da plasticità è nel vero, non sta dicendo fesserie
........
Intendevo dire che esiste ma non sono comunemente diffusi dati numerici su di essa ma solo valutazioni basate su sensazioni e quindi non oggettivi.

La “plasticità di un obiettivo” (così come l’ariosità, la tridimensionalità, l’effetto presenza, ecc.) esiste se con questa parola indichi qualche sua caratteristica reale, come contrasto, risolvenza, tipo di sfocato, o una combinazione di esse (e se mi posti una coppia di foto fatte in condizioni identiche una con un obiettivo “plastico” e l’altra con un obiettivo “non plastico”, magari riesco anche a dirti qual è la caratteristica reale che chiami così).
In tutti gli altri casi è una pura fantasia.

Inviato: 13/8/2016 8:17
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Orso, come ha cercato di spiegare Fer in modo tecnico le caratteristiche di ariosità,plasticità,effetto presenza e come altro si voglia chiamare delle sensazioni globali di resa possono essere frutto di un MIX di caratteristiche ottiche ben misurabili che vanno dal macro al micro contrasto,alle caratteristiche dello sfumato, a quello del disegno del diaframma fino a tutte le altre caratteristiche ottiche di una lente, per giungere ad un "equilibrio" che ti restituisce una sensazione non quantificabile ma percepibile di resa globale superiore...
Infatti non ricordo chi ha fatto l'esempio dell'attrazione fisica... Uomo o donna che sia il gusto è gusto. Ma qua te donne o uomini pur non oggettivamente belli so o affascinanti? E come lo quantizzi? Hanno quel MIX di bellezza, presenza, simpatia, scena, ed altre caratteristiche che un individuo della stessa specie invece squilibra verso una/due soltanto e lo fanno risultare meno attraente.

Ps1 riguardo il trascorso fotografico mi riferisco al fatto che le lenti sono costruite ovviamente per essere usate e nel mio uso quotidiano comune che non è scientifico ma che va dal notturno al controluce al ritratto al paesaggio determinate lenti mi hanno globalmente soddisfatto più di altre e questo senza mai contare quanti peli di barba aveva mio fratello nel primo o nell'ultimo ritratto.

Ps2 Claudio sei un grande con la battuta dei gatti... Mi hai fatto piangere dal ridere!

Inviato: 13/8/2016 8:35
boh! e chi ci capisce niente.........
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Citazione:

luisito ha scritto:
Orso, come ha cercato di spiegare Fer in modo tecnico le caratteristiche di ariosità,plasticità,effetto presenza e come altro si voglia chiamare delle sensazioni globali di resa possono essere frutto di un MIX di caratteristiche ottiche ben misurabili che vanno dal macro al micro contrasto,alle caratteristiche dello sfumato, a quello del disegno del diaframma fino a tutte le altre caratteristiche ottiche di una lente,

Perché io invece cosa ho scritto?Citazione:

orso ha scritto:
La “plasticità di un obiettivo” (così come l’ariosità, la tridimensionalità, l’effetto presenza, ecc.) esiste se con questa parola indichi qualche sua caratteristica reale, come contrasto, risolvenza, tipo di sfocato, o una combinazione di esse




Citazione:

luisito ha scritto:
per giungere ad un "equilibrio" che ti restituisce una sensazione non quantificabile ma percepibile di resa globale superiore...

E allora se è percepibile, vediamola!
Vediamola in un confronto di immagini fatte con due diversi obiettivi, così: Citazione:

orso ha scritto:
se mi posti una coppia di foto fatte in condizioni identiche una con un obiettivo “plastico” e l’altra con un obiettivo “non plastico”, magari riesco anche a dirti qual è la caratteristica reale che chiami così



PS: qui si usano in scioltezza termini come misurabile, quantizzabile, quantificabile, percepibile, che alla fine creano una grande confusione.
MISURABILE significa che si può attribuire un ben preciso valore numerico. Nessuno ha mai preteso di MISURARE queste grandezze esoteriche.
PERCEPIBILE significa che CHIUNQUE lo può vedere, può vedere se ce n'è di più o di meno, può vedere se c'è o non c'è.
Finché non mi fate VEDERE queste grandezze esoteriche, per me rimangono vostre FANTASIE.

Inviato: 13/8/2016 9:08

Modificato da orso su 13/8/2016 9:28:23
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Orso davanti alla resa globale di un obiettivo che molti in modo esoterico definiscono "plastico" tu in base al tuo ragionamento che parola useresti per definirlo, voglio dire una parola che possa racchiudere il tutto. Se si parte da una conoscenza scientifica corretta ( che tu possiedi) si può usare un termine esoterico o meno per definirla?

Inviato: 13/8/2016 13:12
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Mi permetto di ricordare che il termine "esoterico" non è pertinente, poiché indica l'insegnamento riservato agli iniziati. Direi che "empirico" è il termine adatto.

Inviato: 13/8/2016 13:21
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Ti ringrazio per la precisazione FranzX.

Inviato: 13/8/2016 14:02
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Orso se come hai detto elsei d'accordo con:


luisito ha scritto:
Orso, come ha cercato di spiegare Fer in modo tecnico le caratteristiche di ariosità,plasticità,effetto presenza e come altro si voglia chiamare delle sensazioni globali di resa possono essere frutto di un MIX di caratteristiche ottiche ben misurabili che vanno dal macro al micro contrasto,alle caratteristiche dello sfumato, a quello del disegno del diaframma fino a tutte le altre caratteristiche ottiche di una lente (ovvero mix che è proprio di ogni lente in modo esclusivo... Ovvero ogni lente ha il suo mix e quindi io suo equilibrio... Ovvero quell'equilibrio che può essere più gradevole nel suo insieme di un altro)


Non vedo cosa altro dobbiamo aggiungere. no?

Inviato: 13/8/2016 14:16
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Citazione:

serghei ha scritto:
Orso davanti alla resa globale di un obiettivo che molti in modo esoterico definiscono "plastico" tu in base al tuo ragionamento che parola useresti per definirlo, voglio dire una parola che possa racchiudere il tutto.

Non so se si è capito dai precedenti interventi..., ma fino a quando qualcuno non mi mostrerà una coppia di foto dove questa “resa globale di un obiettivo” risulti visibile (mai successo una sola volta in tanto tempo a fronte di innumerevoli richieste), la parola che uso è una sola: FUFFA.

Credo che la resa globale di un obiettivo sia la stessa cosa della resa globale di un motore. Non mi risulta ci siano motori plastici ariosi tridimensionali, ma motori “con un’anima” sì. E sui forum specializzati di tanto in tanto fioriscono discussioni esilaranti. Anche lì, per fortuna, si leggono risposte del tipo: suggerirei di aumentare la percentuale di tabacco.



Citazione:

luisito ha scritto:
Non vedo cosa altro dobbiamo aggiungere. no?

Da parte mia nulla.

Inviato: 16/8/2016 8:45
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Interessante discussione estiva.

La mia esperienza e’ identica a quella di Orso: tutte le volte che ho chiesto un esempio fotografico a dimostrazione dell’uso di uno di questi aggettivi “non convenzionali” ho ricevuto in risposta un assordante silenzio.

Io sono aperto a valutazioni che vanno al di la’ dei principi di ottica: il giudizio che un fotografo da di un obiettivo e’ l’unione delle caratteristiche ottiche e di quelle del sistema di percezione visiva del cervello. Quest’ultimo (a oggi, per lo meno) contiene elementi non completamente compresi e quindi non esiste un suo modello accurato. Ci sta quindi che tutte le misure ottiche di questo mondo non riescano a rappresentare compiutamente il giudizio che la comunita’ dei fotografi puo’ dare di un obiettivo, proprio perche’ l’altra componente (la percezione visiva) non e’ modellabile con precisione.

Morale: accetto in linea teorica che un obiettivo possa essere arioso, plastico, o caldo. Pero’ mi si deve dare degli esempi concreti (attenzione: sia in positivo che negativo) e insegnare ad apprezzare la terminologia, altrimenti mi si chiede un atto di fede, e allora non ci siamo.

Inviato: 16/8/2016 12:18
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?
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Orso, premetto che mi spiace che ti trovi quasi da solo sulla barricata, odio stare con le maggioranze, ma resta lì e resisti, altrimenti non c'è più gusto nella discussione (è una metafora per dire che è positivo confrontare certi aspetti per capire).

C'è un terzo elemento a cui accenna Mxa da considerare. Ci pensavo anch'io in certi termini. In effetti sono pesantemente condizionanti gli adattamenti e interpolazioni che fa il cervello nella interpretazione visiva.

Prendiamo ad esempio certi quadri del passato di grandi autori (grandi anche nel senso che tutto ciò che facevano non era casuale). Qualcuno, con maestria, evitava un totale dettaglio di alcuni elementi in un quadro di complessivo notevole realismo, perchè conosceva bene la potenza della percezione visiva dello spettatore che faceva sua emozionalmente la scena nella interpretazione di questi.

Forse ciò può essere un elemento che rende “tridimensionale” ad esempio, una foto che, come dici giustamente, è bidimensionale e quindi non può essere. Forse proprio certe “aberrazioni” come può essere la curvatura di campo o chissà cos'altro, nella imperfezione della registrazione della scena, lasciano quello spazio interpretativo che fa il processo di visione umana. Interpretazione che magari potrebbe venir meno nella dettagliatissima riproduzione che fa un'ottica perfetta, bisognerebbe fare un confronto.
Quelle imperfezioni sono misurabili, la percezione nella visione, no, come dice giustamente Mxa, ma c'è.

E' un fatto innegabile che abbiamo una miriade di esempi nella decorazione di palazzi e chiese ad effetto “trompe l'oeil” dove a seconda della bravura dell'autore a volte è impressionante l'effetto tridimensionale su singole pareti. Esiste quindi la possibilità che una stampa bidimensionale, dia una percezione quasi tridimensionale. Hai ragione se dici che non può essere e che è solo suggestione, nel senso che la stampa è bidimensionale e tale rimane, è il processo di visione infatti, che vede ciò che non c'è, perchè ingannato da fattori ottici che favoriscono l'inganno.

Invece se vuoi vengo sulla barricata con te per sparare sui termini “plastico” e “pastoso” che mi sono sempre stati sullo stomaco perchè non ho mai capito bene a cosa si riferiscano e perchè devo redimermi dall'averli usati almeno in un paio di occasioni.

Inviato: 16/8/2016 20:21
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?
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Non mi pare che ci siano maggioranze e minoranze.

C'è gente che attribuisce agli obiettivi qualità non meglio identificate, e gente che prova faticosamente a riportare la discussione in termini scientifici, come si addice all'Ottica, che è una scienza esatta, branca della Fisica.

Però non è detto che le cose siano in totale contraddizione.

Mi prendo l'impegno di scattare una serie di foto con alcuni degli obiettivi che ho (e ne ho un discreto numero , con gli schemi più disparati, dal fondo di bottiglia russo al prodotto dell'orgoglio tetesko), usando la stessa macchina, nelle stesse condizioni, allo stesso soggetto.

A quel punto possiamo fare le nostre considerazioni, e provare a vedere se si riesce a identificare con un minimo di attendibilità e precisione qualcuna delle "qualità astratte" che si citano; e magari, se possibile, ricondurle a qualcosa di quantificabile.

Datemi un po' di tempo per organizzarmi perché fa un caldo infernale.

Fer

Inviato: 16/8/2016 21:11
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Attenzione Fer! Il tipo di qualità che mi piacciono in un obiettivo - e che non ho mai tentato di chiamare per nome - sono evidenti solo in certe condizioni. Di sicuro non ho mai amato la risoluzione ad ogni costo e, come sappiamo, con il digitale è diventata la prima cosa della quale tenere conto in una lente.

Le foto del palazzo di fronte che hai sempre fatto per gli utilissimi test che ci hai regalato su effeunoequattro, credo, non riusciranno ad esprimere alcun valore che traduca in numeri gli aggettivi empirici.

In una foto con un solo piano, o anche due, non posso valutare granché. Con ampie prospettive o piani multipli, invece, dove anche il bokeh fa la sua parte, mi viene naturale percepire degli effetti che non so descrivere e che fino ad ora ho preferito attribuire alla fotografia invece che all'obiettivo.

Fin da bambino avevo preso coscienza che l'immagine (fotografica ma anche pupillare) era composta di luci e ombre. In particolare i mostri che uscivano dal mio armadio e che sparivano appena accendevo la luce, mi fecero capire che l'atmosfera emozionale era fortemente dipendente dall'illuminazione che cambiava all'esterno e che filtrava dalla tapparella di legno imbarcata.

Crescendo ho imparato che la tridimensionalità la dovevo riprodurre con un'adeguata illuminazione, e con il mio secondo 35 Leitz ho definito una linea di demarcazione con il primo: il summicron è un eccellente obiettivo e con lui ho scattato i miei migliori bn con le prospettive come piacciono a me; il summilux è decisamente migliore per il colore ed ha un microcontrasto più elevato, tuttavia non riesco a vedere nulla che possa assimilarlo a parole come plastcità, tridimensionalità ecc..

Ben vengano i test, dunque, ma ben vengano anche illuminazoni plastiche e tridimensionali, con soggettive e prospettive da effetto presenza.

Inviato: 17/8/2016 0:40
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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PinoKent ha scritto:
Esiste quindi la possibilità che una stampa bidimensionale, dia una percezione quasi tridimensionale. Hai ragione se dici che non può essere e che è solo suggestione, nel senso che la stampa è bidimensionale e tale rimane, è il processo di visione infatti, che vede ciò che non c'è, perchè ingannato da fattori ottici che favoriscono l'inganno.

La “tridimensionalità”, intesa ovviamente come “sensazione di tridimensionalità” che può dare un’immagine (un’immagine, Santocielobenedettissimo, non un obiettivo), è l’unico di questi aggettivi “non convenzionali” che sono riuscito ad indagare, tempo fa, su altro forum.
Partendo dal presupposto che la tridimensionalità di una scena viene percepita attraverso la visione binoculare, cosa che non può essere in alcun modo riprodotta da una singola immagine bidimensionale della scena stessa (lasciamo perdere occhialini colorati et similia), bisogna tener conto che se mi copro un occhio non è che di colpo vedo tutto piatto. Perché? Perché subentra il cervello. E allora dalla Fisica bisogna passare alla Psicofisica, scienza tutt’altro che esatta, che come tutte le scienze in cui si annaspa poggia fortemente sulla statistica.
Se facciamo vedere a 100 persone 2 foto dello stesso paesaggio, una fatta con cielo coperto e ombre quasi assenti e l’altra con sole basso e ombre nette e lunghe, chiedendo loro quale delle due trasmetta maggior sensazione di tridimensionalità, almeno 99 indicheranno la seconda. Se sostituisco il paesaggio con una scatola di scarpe, una mela, una coppia di buoi o una bella ragazza, il risultato non cambia. Se sostituisco il cielo coperto e il sole con un bank e uno spot in studio, di nuovo il risultato non cambia. Dunque, pare acclarato che, in barba alla visione binoculare, la sensazione di tridimensionalità sia data in larga parte dalle luci e relative ombre che interessano una scena.

Con questa consapevolezza, che dovrebbe stare alla base della preparazione di qualsiasi fotografo serio, cercai di capire cosa spingesse i “guru degli intangibles” a parlare di “obiettivi tridimensionali” sui forum di fotoamatori. E credo di esserci riuscito.
Postando 2 copie di una stessa immagine tutta a fuoco, una un po’ più contrastata e l’altra meno, e (sper)giurando che erano fatte con obiettivi diversi, tutti indicavano l’obiettivo che aveva prodotto quella più contrastata come “più tridimensionale” dell’altro. Più o meno stesso discorso, ma con diverse incertezze, postando 2 copie una più nitida, cioè più risolta, e l’altra meno: la più nitida era fatta dall’obiettivo “più tridimensionale”.
Passando ad immagini con sfocato, i giudizi erano assolutamente unanimi e senza ombre di incertezza: più sfocato uguale più tridimensionale. Inteso proprio come quantità di sfocato, cioè più il soggetto si stacca dallo sfondo e più appare tridimensionale. Altra cosa che ha nulla a che vedere con la visione binoculare. Quindi, obiettivi più luminosi uguale obiettivi tridimensionali. Ricorderò sempre una foto postata da un utente e fatta a tutta apertura con un supertele: due anatre in volo, una a fuoco e l’altra no, sullo sfondo di un cielo uniformemente biancastro. Un’immagine oggettivamente insulsa, di un piattume disperante, dove ovviamente non si capiva se l’anatra sfocata fosse più vicina o più distante rispetto all’altra. Fioccarono commenti del tipo: “quella foto ha una tridimensionalità pazzesca” e “quella bestia (l’obiettivo, non l’anatra) vale tutti i soldi che costa”.
Anche la qualità dello sfocato, il cosiddetto bokeh, influiva a dir loro sulla tridimensionalità. Ma non riuscii a capire in quale modo, perché i guru si scatenarono con gli aggettivi. Però imparai che “uniforme” e “sfumato” sono sinonimi di “cremoso”, che è il contrario di “impastato”, ma a detta di molti sinonimo di “pastoso”. Poi secondo alcuni uno sfocato “burroso” è ben altra cosa di uno “pannoso”, ed entrambi si scostano dallo sfocato “caramelloso” tipico di certi schemi ottici. Gli unici due aggettivi dove tutti concordavano erano quelli attribuiti allo sfocato degli obiettivi f/1,2 o f/1 dai prezzi assurdi, e cioè “magico” ed “inavvicinabile”.
Quindi, in estrema sintesi, mi è parso di capire che nella fantasia dei fotoamatori un “obiettivo tridimensionale” è innanzitutto un obiettivo molto luminoso capace di produrre tanto sfocato, e in seconda battuta un obiettivo con alto contrasto e buona risolvenza.

Allo stesso modo cercai anche di capire il significato di arioso plastico caldo e compagnia bella, ma non si venne a capo di nulla. Troppi e troppo diversi i significati che venivano attribuiti allo stesso aggettivo, sempre mostrato in singole immagini e con grande convinzione attribuito all’obiettivo che le aveva prodotte, e mai alle condizioni di illuminazione, alla prospettiva, al tipo di sfondo, al tipo di soggetto, …




Citazione:

FranzX ha scritto:
ma ben vengano anche illuminazoni plastiche e tridimensionali, con soggettive e prospettive da effetto presenza.

Ma certo, ci mancherebbe, e pure paesaggi ariosi e immagini cristalline. E’ più che lecito definire un’immagine con gli aggettivi che la sua visione ci suscita. Fa un po’ ridere, invece, attribuire queste proprietà al povero obiettivo che le ha prodotte, …soprattutto se non si è in grado di dimostrare la cosa con un confronto sulla stessa immagine prodotta da obiettivi diversi.

Inviato: 17/8/2016 8:19
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