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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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13/9/2006 9:55
Da Milano
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Possiamo dire allora viva la democrazia ed il buon senso ?
(chiedo scusa per la pessima qualità , ma sono state scattate con una compatta da 80 $.)

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Inviato: 20/2/2008 13:04
Tessera C.F.A.O. n°27......
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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per quanto mi rigaurda se vedo una foto che mi interessa scatto e al limite scappo.
pace se non è consentito per legge o per morale come diceva ferre, "la morale è sempre la morale degli altri".
quello che mi sembra un peccato non è tanto il fatto che esista il diritto alla privacy, ma il fatto che la gente abbia il terrore della macchina fotografica e non voglia farsi fotografare. in che modo puoi venire danneggiato? certo, se esci con la ganza e poi il fotografo spedisce le foto a tua moglie son cacchi, ma il 99,999999% delle foto che ti possono venir scattate nel corso della tua vita sono assolutamente innoque.
ribadisco che è un punto di vista puramente personale e so che quasi nessuno lo condivide, pero' il diritto a non voler esser fotografati e la paura di esser in uno scatto a mio vedere sono pippe mentali prive di ogni fondamento logico.
la cosa più triste, come diceva qualcuno sopra, è che con queste fisime ci perdiamo le foto più belle che potrebbero esser fatte della nostra epoca.
linciatemi pure se volete, sono abituato a correr via veloce.
ciao
f

Inviato: 21/2/2008 21:33
http://photo.busdraghi.net

La gente crede nella realtà della fotografia ma non a quella della pittura; il chè dà un enorme vantaggio ai fotografi. Sfortunatamente, però, anche i fotografi credono nella realtà della fotografia. D. Michals, 1976...
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Citazione:

fabusdr ha scritto:
per quanto mi rigaurda se vedo una foto che mi interessa scatto e al limite scappo.
pace se non è consentito per legge o per morale come diceva ferre, "la morale è sempre la morale degli altri".
quello che mi sembra un peccato non è tanto il fatto che esista il diritto alla privacy, ma il fatto che la gente abbia il terrore della macchina fotografica e non voglia farsi fotografare. in che modo puoi venire danneggiato? certo, se esci con la ganza e poi il fotografo spedisce le foto a tua moglie son cacchi, ma il 99,999999% delle foto che ti possono venir scattate nel corso della tua vita sono assolutamente innoque.
ribadisco che è un punto di vista puramente personale e so che quasi nessuno lo condivide, pero' il diritto a non voler esser fotografati e la paura di esser in uno scatto a mio vedere sono pippe mentali prive di ogni fondamento logico.
la cosa più triste, come diceva qualcuno sopra, è che con queste fisime ci perdiamo le foto più belle che potrebbero esser fatte della nostra epoca.
linciatemi pure se volete, sono abituato a correr via veloce.
ciao
f



Guarda ad esempio la foto del mio attuale avatar: naga a cavallo all'alba. mi avevano avvertito più volte che i naga non vogliono essere fotografati e "menano". Gli ho scattato quattro rulli (a tutto il gruppo, non solo a quello a cavallo) per una sola bastonata su una spalla ed una sul paraluce del 35. Credo ne sia valsa la pena.

Inviato: 21/2/2008 22:53
Franz ...Tessera "Bromuro d'argento" C.F.A.O. n. AgBr 31......
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www.franzgustincich.it - Empirici di tutto il mondo, unitevi!......
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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questi non bastonavano, caro Franz, come ben sai....


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Inviato: 22/2/2008 9:02
Tessera C.F.A.O. n°27......
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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27/4/2006 13:48
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Ti dirà, sebbene i croati fossero dei veri macellai (ho visto fare cose terribili e contravvenire a qualsiasi convenzione da parte croata), i serbi, in quanto esercito di tradizone, ponevano molti più paletti alle foto. I croati, da gueriglieri "de facto", mio hanno sempre portato dappertutto, limitandomi esplicitamente solo nei casi in cui le violazioni erano palesi (decapitazioni, furti, preparazione di palottole avvelenate, stupri e uccisioni di civili ecc...).

I guerriglieri hanno meno protocolli da rispettare con la stampa. Si lavora meglio.

Inviato: 22/2/2008 12:23
Franz ...Tessera "Bromuro d'argento" C.F.A.O. n. AgBr 31......
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Ma qui mi sembra si stiano mischiando le cose in modo molto evidente. Se voi parlate di "fotogiornalismo" o "reportage giornalistico" per me l'accento cade sulla parola "giornalismo" e quindi vedo protetta la liberta' del fotografare in nome della liberta' di informazione.

La fotografia del tizio in metropolitana - da cui questo thread e' originato - non mi sembra proprio fotogiornalismo.

Comunque, visto che l'attitudine e' quella di considerare diritti alla privacy come "pippe mentali", ditemi voi dove mettiamo i paletti, perche' qualche paletto ci deve essere, o no? Il diritto di non avere il proprio figlio fotografato per strada e' un pippa mentale? Il diritto di non avere il parente handicappato fotografato in carozzella sul marciapiede e' una pippa mentale? O e' il Fotografo, dall'alto della sua Professionalita', che decide quando e' pippa mentale e quando non lo e'?

Alcune ultime affermazioni in questo thread mi hanno lasciato allibito. Ma ancora piu' allibito e' stata la tiepidissima reazione di quei - pochi - che non sono d'accordo.

Pace e bene.





Inviato: 22/2/2008 14:26
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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quote]
FranzX ha scritto:
sebbene i croati fossero dei veri macellai (ho visto fare cose terribili e contravvenire a qualsiasi convenzione da parte croata), i serbi, in quanto esercito di tradizone, ponevano molti più paletti alle foto. I croati, da gueriglieri "de facto", mio hanno sempre portato dappertutto, limitandomi esplicitamente solo nei casi in cui le violazioni erano palesi (decapitazioni, furti, preparazione di palottole avvelenate, stupri e uccisioni di civili ecc...).

I fotoreporter hanno bisogno, loro malgrado, di rapportarsi direttamente con spaventosi criminali di guerra...

FranzX, ti chiedo: a parte lo stomaco che ci vuole ad assistere a tali crudeltà  (immagino senza poter minimamente intervenire) come si riesce nella pratica a convivere con i responsabili di questi crimini, seguendoli proprio mentre li attuano?

Il mio maestro di bianconero, un fotoreporter bosniaco di Sarajevo, mi ha sempre parlato con amarezza di alcune metodologie di lavoro dei reporter "esterni" ed in particolare dell'orribile consuetudine di pagare i cecchini serbi per poterli fotografare all'opera, dall'interno della loro "postazione", mentre sparavano sui civili...

Citazione:
I guerriglieri hanno meno protocolli da rispettare con la stampa. Si lavora meglio.

In contesti di guerra si diventa cinici?

Nachtwey viene spesso "esonerato" da questa critica, ma anche lui nel suo archivio sfodera diversi backstage delle "stanze dei cecchini"...
quando fermarsi? un buono scatto è più importante di tutto il resto?

In una conferenza, a Francesco Cito è stata posta la domanda se avesse mai rinunciato a fare uno scatto (e il tono implicava un qualche scrupolo etico) e lui ha risposto di no, poi ci ha ripensato e ha detto che i soldati russi che avrebbe voluto ritrarre con un prigioniero gli erano sembrati un po' troppo grossi e minacciosi...

Si puà agire con "fini umanitari" e allo stesso tempo assistere di buon grado alle peggiori infamie della guerra?

---

Citazione:

Mxa ha scritto:
Ma qui mi sembra si stiano mischiando le cose in modo molto evidente. Se voi parlate di "fotogiornalismo" o "reportage giornalistico" per me l'accento cade sulla parola "giornalismo" e quindi vedo protetta la liberta' del fotografare in nome della liberta' di informazione.

La fotografia del tizio in metropolitana - da cui questo thread e' originato - non mi sembra proprio fotogiornalismo.

Ops, leggo solo ora l'intervento di Mxa che segue una strada del tutto diversa dalla mia. Il thread si stà  evidentemente dividendo in due tronconi ben distinti, ma il suo titolo mi parrebbe comunque contenerli entrambi...

L'atteggiamento di Fabusdr da una parte e di Mxa dall'altra si mostrano del tutto antitetici, ma nel mezzo ci stanno molte sfumature...

Dal mio punto di vista, mi sento di appoggiare in parte la posizione di Fabiano... mi è capitato anche di far foto così: bambino nel passeggino - Ponte Vecchio, Firenze (capirai che impegno, ma è solo un esempio ): uno sguardo d'intesa alla madre e poi click, e se viene bene gliela spedisco. Non vedo dove sia il crimine: a me rimane una foto più "viva" di un luogo celebre, l'immagine di una domenica spensierata e magari i genitori ci guadagnano un bello scatto per l'album di famiglia... Se però vedo che non c'è intesa al primo sguardo chiedo il permesso prima di scattare, e se proprio non vogliono allora continuo la mia corsa e la foto non la faccio...

Però vorrei rilevare che questo atteggiamento "scanzonato" permette alle volte esperienze piacevoli e gratificanti, un modo come un altro per avvicinarsi alla gente e socializzare, una volta tanto. Perché vivere sempre blindati all'interno dei propri limitati confini?

Più che la buona foto, a volte io cerco semplicemente un modo per relazionarmi con il mondo che mi circonda, e la macchina fotografica si è spesso rivelata per me uno splendido lasciapassare!
La fotografia in questi casi diventa quasi un pretesto...
Non è sempre così, altre volte ho invece in testa un progetto che prevede maggior rigore, ma ai momenti di "spensieratezza fotografica" non posso proprio rinunciare!


Claudio


Inviato: 22/2/2008 14:36
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Re: Quando scattare diventa un rischio...
Utente non più registrato
Ciao a tutti, premesso che non ho alcun interesse personale riguardo reportage, street photography e simili, credo che la libertà  di ognuno finisca dove inizia quella dell'altro. Quindi, se a qualcuno non va di essere ritratto, credo sia corretto riporre la fotocamera e volgere lo sguardo altrove, senza perndersela più di tanto.
Che poi si possa pensare: ma che c'è di male nel fare questa fotografia? Un'obiezione puà essere: che c'è di male nel desiderare che non la si faccia?
Non ho alcuna fede nel realismo dell'immagine fotografica, ma volenti o nolenti la gran parte delle persone ha un rapporto diverso con la fotografia, la percepisce appunto come un medium realistico, fedele a ciò che sono.
Se poi si parla di lavoro le cose cambiano, posso solo esprimere il mio disinteresse nell'essere informato dal reportage e dalle immagini, così come dalle parole dei giornali.
Io non ho problemi ad essere fotografato, ma mi limito a rispettare la volontà  altrui.
In passato ho scattato alcune inutili fotografie di viaggio a dei "locali", scattate senza coscienza, senza un fine o una filosofia. Me ne sono rammaricato e non posso fare a meno di constatarne la vacuità , avrei fatto bene a non farle. Ovviamente questo fatto si riferisce esclusivamente alla mia sperienza personale e non è da intendere come un mettersi a "pontificare"...
Credo sia fondamentale relazionarsi e rispettare i costumi e la volontà  altrui, senza prevaricare nè farsi prevaricare.

Pace e bene!

Giorgio

Inviato: 22/2/2008 14:58
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Rispondo a Maestrale:

1. questioni di sopravvivenza. Considera, comunque, che le cose più atroci non le fanno praticamente mai in presenza di un obiettivo fotografico. La limitazione consiste proprio nel non farti assistere a tutto ciò che gli fa cattiva pubblicità . Nel mio archivio mentale (le foto scattate solo con un click della palpebra e non registrate strumentalmente) posso annoverare soltanto uccisioni a sangue freddo (un prigioniero complica la vita...) e pallottole avvelenate.

2. La storia dei cecchini serbi , a quanto mi risulta, è una leggenda urbana inventata ad arte per discreditare giornalisti e serbi al tempo stesso. Le leggende urbane in tempo di guerra sono concepite dale grandi agenzie incaricate di gestire l'immagine delle parti in conflitto - nella fattispecie i croati su suggerimento dei consiglieri miltari USA - assunsero per sessanta milioni di dollari la Ruder Finn (ma non esistono tracce di questo sebbene fosse noto a tutti durante e dopo la guerra), che traghettà la Croazia dalla parte dei buoni. Non ebbero, i serbi, stesso consiglio dagli amici russi, e così ebbero la peggio nella battaglia per l'immagine, con strascichi pesanti persino all'Aja.

3. Se non ci fossero dei testimoni nelle stanze dei cecchini, non staremmo qui a parlarne. Ecco i fini umanitari.
Personalmente ho una storia abbastanza complessa che sarebbe lungo trattare qui, ti basti sapere che il massimo che sono riuscito a fare è evitare che una donna venisse colpita per dimostrazione. E' indubbio che qualcuno avrebbe potuto accettare per ricavarne una foto lorda di sangue, ma qui entra in ballo una categoria mentale e non professionale.
Poi mi è capitato di rifiutare l'invito ad ucciderne uno io stesso, invito caldamente espresso con il chiaro intento di amalgarmi al gruppo di intercettori che stavo seguendo. Ma qui sarebbe troppo lunga e non mi va, quindi non chiedetemi spiegazioni ulteriori.

4. Sai perfettamente quando puoi e quando non puoi intervenire e/o esprimere la tua opinione. La differenza talvolta è solo che un tuo intervento aumenterebbe di un cadavere il bilancio della giornata: il tuo.
A te stabilire se questo è o non è cinismo.

Ho incontrato Nachtwey almeno quattro volte, ed una in particolare si presta a quasto discorso. Sud Africa. Un pazzo bianco ha iniziato a sparare contro dei candidati neri alle elezioni, durante un comizio. Tutti i fotografi sono riparati dietro ad un muro. Uno di questi ha il giubbotto antiproiettile e (colmo di sventura) vien colpito di traverso, sotto l'ascella che non è protetta mntre scata in verticale con il braccio alzato. Il poveretto muore in pochi minuti nonostante tutti avessimo cercato, impotenti, di trarlo in salvo. Il più competente in materia di pronto soccorso è proprio Nachtwey (poi ho fatto anche io un corso di first aid in traumatologic ijuries in war environment), che ha dimenticato tra la polvere borsa, macchine e rulli per dedicarsi esclusivamente all'emergenza.
Un fotograficchio inglese, poi, mi disse, che era stato tentato di rubare i rulli esposti di nachtwey durante il caos. Questo è l'atteggiamento di un fotoreporter o di un uomo cinico e disonesto? (per non dir di peggio).

Se l'informazione non interessasse a nessuno e, quindi, non ci fossero in giro lavoratori del'informazione, sicuramente nelle aree calde del pianeta si commetterebbero molte più atrocità . Ecco perché ritengo un dovere di tutti l'essere informati. Informazione Vs. qualunquismo. Le scelte vengono fatte proprio in base a ciò che si sa. Ed ecco anche perché (mi collego ad altro topic) ritengo in contrasto con le più elmentari norme etiche la manipolazione dell'immagine, sia essa chimica o digitale, anche se piccole correzioni di un'imprecisione.

Inviato: 22/2/2008 15:16
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Citazione:

FranzX ha scritto:
Rispondo a Maestrale:

Mi sà  che stiamo andando un po' OT... avevo comunque preparato una lunga risposta al tuo post per inoltrartela in PM (che, ho scoperto, il tuo profilo non prevede) ma ho perso tutto perché mi è scaduta la sessione... pazienza.
Purtroppo adesso non ho il tempo di riformulare il tutto...


Citazione:

Giorgio80 ha scritto:
posso solo esprimere il mio disinteresse nell'essere informato dal reportage e dalle immagini, così come dalle parole dei giornali.

Giorgio, questa tua affermazione mi lascia fortemente perplesso, non riesco a trovare un minimo appiglio di condivisione, nemmeno alla lontana...
Ma forse ti esprimi così perché preferisci verificare di persona, nei posti "caldi", l'effettivo svolgimento dei fatti? Ovunque?

Claudio



Inviato: 22/2/2008 16:50
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Maestrale ha scritto:

Dal mio punto di vista, mi sento di appoggiare in parte la posizione di Fabiano... mi è capitato anche di far foto così: bambino nel passeggino - Ponte Vecchio, Firenze (capirai che impegno, ma è solo un esempio ): uno sguardo d'intesa alla madre e poi click, e se viene bene gliela spedisco. Non vedo dove sia il crimine: a me rimane una foto più "viva" di un luogo celebre, l'immagine di una domenica spensierata e magari i genitori ci guadagnano un bello scatto per l'album di famiglia... Se però vedo che non c'è intesa al primo sguardo chiedo il permesso prima di scattare, e se proprio non vogliono allora continuo la mia corsa e la foto non la faccio...



Claudio, questo tuo modo di far fotografia e' dal mio punto di vista assolutamente OK. Io non mi arrabbierei mai se qualcuno mi chiedesse se puo' farmi una foto. Certo, metterei seriamente in dubbio la sanita' mentale di questa persona ma saranno anche cavoli suoi. E potrei anche dire di si - specialmente se il fotografo e' simpatico o si comporta in modo simpatico.

Il discorso di Fabiano o Umberto e' diverso - se non li traviso - cioe' che se vedono una foto interessante la fanno senza chiedere permesso a nessuno. Questo, all'interno di un contesto NON fotogiornalistico, e' per me inaccettabile, a maggior ragione se questo diritto alla difesa della propria immagine viene definito "pippa mentale".


Inviato: 22/2/2008 17:04
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Re: Quando scattare diventa un rischio...
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Bisogna separare i contesti, come qualcuno ha precedentemente sottolineato. Il reportage giornalistico, magari in zone "calde" è una cosa, la street photography fatta non professionalmente è un'altro paio di maniche.
Il reportage giornalistico è informazione, ed il diritto di cronaca è sacrosanto.
La street non è diritto di cronaca, ed io la giudico in modo completamente diverso, o meglio, ritengo che quanto è concesso sia fondamentalmente diverso. Si è parlato di libertà  di poter fotografare quanto si vuole, non si è sottolineato come tale libertà  diviene sopruso se nel suo nome si viene a ledere la libertà  di scelta altrui. Voglio l'immagine ad ogni costo è un'affermazione di profonda prevaricazione della libertà  altrui, la libertà  di dire no, no grazie non voglio essere fotografato. Corretto quindi tentare di fotografare, magari chiedendo, approcciando il soggetto. Nel caso non sia possibile chiedere, al primo segno di fastidio meglio rinunciare. Questo è quanto penso.

Marco

Inviato: 22/2/2008 17:36
Il mio sito

"I'm not a photographer the moment I pick up the camera.
When I pick one up, the hard work's already been done"

“To photograph reality is to photograph nothing.”

Duane Michals


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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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quoto mxa in entrambi gli interventi, come anche Marco/Pamar Mi stupisce che fabusdr metta in campo le pippe su questa questione. Attenzione non é così banale la faccenda.
bs
marco

Inviato: 22/2/2008 18:20
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

www.mbphoto.it
www.flickr.com/photos/marcofluens

..................
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Re: Quando scattare diventa un rischio...
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Citazione:

FranzX ha scritto:

Se l'informazione non interessasse a nessuno e, quindi, non ci fossero in giro lavoratori del'informazione, sicuramente nelle aree calde del pianeta si commetterebbero molte più atrocità . Ecco perché ritengo un dovere di tutti l'essere informati. Informazione Vs. qualunquismo. Le scelte vengono fatte proprio in base a ciò che si sa. Ed ecco anche perché (mi collego ad altro topic) ritengo in contrasto con le più elmentari norme etiche la manipolazione dell'immagine, sia essa chimica o digitale, anche se piccole correzioni di un'imprecisione.


Del resto Nachtwey stesso dichiara nella HP del suo sito:

"I have been a witness, and these pictures are my testimony. The events I have recorded should not be forgotten and must not be repeated."

Sono pienamente convinto che uno degli scopi della fotografia di reportage e di guerra o di crisi nello specifico (ma anche di situazioni particolari che possono esistere nelle nostre città ) sia proprio questo.

Inviato: 22/2/2008 22:47
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Re: Quando scattare diventa un rischio...
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8/2/2005 19:08
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Non si puà mettere sullo stesso piatto il fotogiornalista che lavora per il sacrosanto diritto di cronaca e chi per divertimento fa safari fotografici, tutto fiero di aver rubato immagini ad ignari passanti, magari più sfortunati della media del passante tipo.

Le fotografie peggiori che ho visto non sono i banali tramonti, campi di girasoli, etc. tutte uguali da non distinguerle l'una dall'altra, ma le foto di disabili, mendicanti, senza tetto, marginali, riprese en passant, furtivamente, senza nessun senso, nessuna progettualità  che vada oltre alla voglia di portarsi a casa un trofeo; ritengo queste immagini del tutto prive di etica ed assolutamente inutili, perché tutte uguali.

Per me il rispetto delle persone è un valore fondamentale: fotografare qualcuno che palesemente non vuole essere fotografato o non è in grado di scegliere se lo vuole o meno è esattamente come rubare le caramelle a un bambino o truffare le vecchiette. Mi riferisco qui a chi fa 'safari metropolitano', non al fotogiornalismo, sia chiaro.

Trovo semplicemente offensivo il riferimento a metaforiche attività  masturbatorie accostato alla sacrosanta tutela della propria immagine.



Andrea

Inviato: 23/2/2008 2:05
sono moderno, non contemporaneo
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Re: Quando scattare diventa un rischio...
Utente non più registrato
Ciao a tutti, la mia posizione di disinteresse riguardo l'immagine fotografica di cronaca e reportage, come veicolo e testimonianza dei fatti, deriva, penso, dalle seguenti considerazioni.
Durante il periodo della mia vita in cui ero ancora un "realista" ingenuo - nel senso buono del termine - mi fidavo di ciò che vedevo in una fotografia e non avevo "armi" di difesa, di critica, di lettura. Ero semplicemente esposto a questa realtà  iconica dei fatti che mi piombava davanti da chissà  dove, e la prendevo per fedele.
Col passare del tempo, mi riferisco all'infanzia ed alla giovinezza, il mio occhio inizià via via a divenire immune. La pioggia di immagini di questo tipo era tale e tanta che il mio occhio si creà via via un filtro, chi erano quelle figure in quei milioni di fotogrammi? Coe'erano?
Dopo cena accendo un attimo il televisore e mi piomba di fronte agli occhi l'immagine di conflitti a fuoco, lontani o vicini, di cui non ho altra cognizione se non queste immagini. Mi giro e mangio un cioccolatino Lindt squisito.
Ma il punto non è solo questo, la mia considerazione vuol essere più ampia e lontana da ogni qualunquismo.
A 23 anni ebbi l'occasione di assistere in università  ad un'autopsia su un essere umano. L'esperienza si rivelà più tranquilla e rilassante di quanto immaginato fino a quel momento.
Subito dopo fu pubblicato un volume di antropologia forense illustrato con delle immagini fotografiche riprese durante quell'autopsia. Guardandole mi resi conto di persona di quanto la fotografia distorca la realtà  che crede di veicolare, creandone una tutta sua. I miei ricordi erano assolutamente distanti dalle sensazioni di voyeurismo e sadismo che quelle fotografie generavano. Avevo di fronte una realtà  puramente fotografica, discontinua.
Di recente ho letto un breve scritto di John Berger, contenuto nel testo "Sul guardare", intitolato "Fotografia d'agonia". Berger approfondisce alcuni aspetti legati alla pubblicazione ed alla percezione di fotografie di guerra.
Riporto un estratto:

"L'immagine fissata dalla macchina è doppiamente violentae questa duplice violenza rende più netto il contrasto: il contarsto fra il momento fotografato e tutti gli altri momenti.
Quando emergiamo dal momento fotografato e torniamo alla nostra vita non ci rendiamo conto dell'esietenza di quel contrasto; pensiamo che questo sentirci distaccati sia in qualche modo imputabile a noi stessi. La verità  è che qualsiasi reazione a quel momento fotografato non puà che essere percepita come inadeguata. Chi si trova nella situazione fotografata, chi strige la mano del moribondo o tampona la ferita, non vede il momento come lo vediamo moie le sue reazioni sono del tutto diverse dalle nostre. E' impossibile guardare con partecipazione un momento del genere e riemergerne più forti."

Saltando un paio di frasi:

"Il lettore, catturato dalla fotografia in questione, tenderà  a percepire questo distacco come un'espressione della propria inadeguatezza morale. Ben presto la sensazione di shock passerà : infatti la sua personale inadeguatezza lo sconvolgerà  non meno dei crimini di guerra. Allora si libererà  di questa sensazione di inadeguatezza fin troppo familiare, oppure farà  qualche gesto di penitenza - per esempio versando dei soldi all'Unicef o a qualche altra associazione simile. In ambedue i casi, il problema della guerra, che è la causa prima che ha prodotto quel momento, perde del tutto la sua valenza politica e la foto diventa una testimonianza della condizione umana in generale.
Un'accusa contro tutti e nessuno."

La mia attuale posizione di "scetticismo", ma non è il termine corretto, è dovuta da una parte all'esposizione ad immagini violente subita negli anni e dall'altra dagli approfondimenti portati avanti sul funzionamento dell'immagine fotografica, attraverso letture e pratica.
Lungi da me il disincanto ed il cinismo. Vorrei proseguire ma ora non ho più tempo...
Un saluto.

Giorgio





Inviato: 23/2/2008 10:16
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Ciao
come al solito certe discussioni andrebbero fatte di persona e con il tempo di farle, non di corsa mentre si viaggia. chiedo scusa ma sono ancora a barcellona, quindi sono ancora di corsa. On ogni caso la mia era chiaramente una provocazione, sapevo che vi sareste inc*^¿?ati ma a volte smuovere gli animi fa bene.

Alcune precisazioni. Parlero' di me, perche' non ho la presunzione di dire il giusto o di imporre il mio modo di vedere sugli altri:

Non ho mai detto che scatto una foto se so che il soggetto non vuole farsi riprendere, ma semplicemente che se vedo una foto che mi piace la faccio e poi al limite scappo. Vi puo' sembrar poco ma c'e' una grande differenza. Le foto ad una persona che so che non voule non le faccio, e questo e' il mio modo di rispettarla. Allo stesso tempo non chiedo prima, e questa in certo caso possiamo dire che e' la mia forma di forzare le cose, per cui non ho nessuna giustificazione, salvo che lo faccio in nome della bellezza e che e' un sopruso molto piu' piccolo di quello cui siamo tutti i giorni testimoni.

Uno dei motivi per cui non chiedo e' quello di non rovinare l'attimo, la posa e l'espressione.
In genere non fotografo piu' per strada e soprattutto non fotografo piu' la gente, in parte perche' ne ho piene le scatole dei casini che vengono fuori, a mio parere stupidi e ingiustificati, e me ne rammarico. Ma qualche esempio di foto scattata a gente per stradace l'ho.
La foto per esempio che ho chiamato gypsy madonna l'ho scatta per strada. Se avessi chiesto alla tipa se potevo fotografarla alla meglio mi avrebbe detto di si e alla peggio avrei perso la posa. quindi ho scattato e basta, senza chiedere.
Questa foto rientra pienamente nella categria citata poco sopra:

Citazione:
Le fotografie peggiori che ho visto non sono i banali tramonti, campi di girasoli, etc. tutte uguali da non distinguerle l'una dall'altra, ma le foto di disabili, mendicanti, senza tetto, marginali, riprese en passant, furtivamente, senza nessun senso, nessuna progettualità  che vada oltre alla voglia di portarsi a casa un trofeo; ritengo queste immagini del tutto prive di etica ed assolutamente inutili, perché tutte uguali.


Nemmeno io la considero uno dei miei scatti migliori, pero' e' stata selezionata fra le dieci finaliste del http://www.worldphotographyawards.org/ quindi forse proprio terribile non e', adesso vediamo se Martin Parr, Nan Goldin e compagnia la sceglieranno fra le prime 3.
Ora questa foto non avrei dovuto farla. Una mendicante, una donna, una bambina... eppure ditemi in che modo offendo questa persona. Una volta una persona mi scrisse tutta una mail entusiasta in cui mi diceva come quest'immagine era una rappresentazione moderna della madonna, era intensa, dolce, brillante, etc. Al che cambiai il titolo da "mendicante" a appunto "gypsy madonna". Anche perche', mi ricordo bene, quando la vidi pensai ad un dipinto caravaggesco, quindi l'idea della santita' era nell'aria. Ma a seguire la linea di pensiero che sembra trasparire da questo 3d questa e' una foto immorale.

Peccato.
L'unica cosa che riesco a sentire e' veramente rammarico. Rammarico che nel nostro paese/cultura/mondo occidentale, basato sul pensiero dei greci antichi e in cui l'illuminismo e' passato l'altro ieri ci sia questo atteggiamento inquisitorio nei confronti dell'immagine fotografica.
Ci ho pensato in questi giorni, che danno potrebbe arrecarmi un'immagine che mi viene scattata per strada? Per quanto mi sforzi non riesco proprio a trovare una situazione nella quale un'immagine di me possa danneggiarmi in alcun modo, e come me mio fratello andicappato, mia moglie, mio figlio che gioca nel parco. Che, mio fratello si deve vergognare di essere sulla sedia a rotelle? Se uno fotografa mio figlio di 3 anni che cavolo potra' mai succedere? Che io sappia i pedofili scambiano foto pornografiche di minori, non allegri bambinelli al parco. E se anche p`roprio fosse, cosa di cui dubito, cosa me ne potrebbe venir e di male?
Naturalmente parlo per me, ma faccio fatica ad immaginare come possano venir danneggiate le persone che si vedono per strada. E questo e' un punto importante, la strada. La strada e' un ambito pubblico, in cui si e' esposti allo sguardo altrui per definizione. Le foto di cui si parla in questo 3d non si riferiscono ad un'intrusione nella mia intimita', in casa mia, mentre tr*&%$·o con mia moglie o simili. Semplicemente a foto fatte per strada. A mio personalissimo modo di vedere, se hai il coraggio di uscire per strada con la faccia che ti ritrovi per coerenza non cambia nulla se vieni fotografato o meno. A mio personalissimo modo di vedere, temere le foto in tale ambito pubblico, equivale ad un atteggiamento paranoico, o detto in slang, a pippe mentali. Poi naturalmente si puo' tornare all'epoca della caccia alle streghe, ma io penso che le donne siano una delle pie' belle invenzioni di questo presunto nostro signore, e che non siano il diavolo. Un regalo della Bellezza, proprio come la fotografia.
Che poi, alla fine, chi ci rimette e' proprio la fotografia. Non se lo chiedono mai le persone che vengono fotografate, che magari la persona che sta dietro l'obiettivo sta creando una delle immagini piu' belle della storia, una di quelle che segnano la memoria collettiva per un periodo intero? Beh, non so voi, ma se io vengo fotografato da uno sconosciuto che e' il futuro Cartier Bresson dell'XXI secolo, beh, riesco a sentirmi solo onorato.
Quelloc he mi rattrista di piu' pero' non e' vedere le eprsone per strada che temono la fotografia come se fosse stregoneria, l'ignoranza purtroppo sara' sempre un male diffuso. Quello che mi rattrista di piu' e' vedere nei fotografi lo spettro di quest'idea che la fotografia sia invasione e arma nociva. Se noi stessi la pensiamo in questo modo, come faremo a far capire alla gente che siamo li per la bellezza e per neint'altro?

Naturalmente sono pensieri miei, non pretendo che nessuno li condivida o li ritenga giusti. Magari se ne riparla meglio quando torno.
Spero solo che il mio pensiero sia piu' chiaro e soprattutto che per quanto mi riguarda il rispetto sta nell'atto concreto, nel produrre immagini di bellezza, piu' che in una forma di autocensura.
ciao ciao
f

Inviato: 27/2/2008 16:28
http://photo.busdraghi.net

La gente crede nella realtà della fotografia ma non a quella della pittura; il chè dà un enorme vantaggio ai fotografi. Sfortunatamente, però, anche i fotografi credono nella realtà della fotografia. D. Michals, 1976...
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Citazione:

fabusdr ha scritto:
Ciao
come al solito certe discussioni andrebbero fatte di persona e con il tempo di farle, non di corsa mentre si viaggia. chiedo scusa ma sono ancora a barcellona, quindi sono ancora di corsa. In ogni caso la mia era chiaramente una provocazione, sapevo che vi sareste inc*^¿?ati ma a volte smuovere gli animi fa bene.

Uno dei motivi per cui non chiedo e' quello di non rovinare l'attimo, la posa e l'espressione. La foto per esempio che ho chiamato gypsy madonna l'ho scatta per strada. Se avessi chiesto alla tipa se potevo fotografarla alla meglio mi avrebbe detto di si e alla peggio avrei perso la posa. quindi ho scattato e basta, senza chiedere.
... e' stata selezionata fra le dieci finaliste del http://www.worldphotographyawards.org/ quindi forse proprio terribile non e', adesso vediamo se Martin Parr, Nan Goldin e compagnia la sceglieranno fra le prime 3.

Ora questa foto non avrei dovuto farla. Una mendicante, una donna, una bambina... eppure ditemi in che modo offendo questa persona. Ma a seguire la linea di pensiero che sembra trasparire da questo 3d questa e' una foto immorale.

Peccato.

Spero solo che il mio pensiero sia piu' chiaro e soprattutto che per quanto mi riguarda il rispetto sta nell'atto concreto, nel produrre immagini di bellezza, piu' che in una forma di autocensura.

Ciao Fabiano, ricordavo la tua splendida "gipsy Madonna" perché a suo tempo mi aveva molto colpito. A mio parere sarebbe stato un grande errore non scattarla, sia dal punto di vista del fotografo che della collettività . Oltre che Caravaggio, a me richiama i versi della struggente "Khorakhané" di Fabrizio De André.

Anch'io mi sono trovato in una situazione in qualche modo simile: anni fa tentavo di metter su un progetto fotografico sugli artisti di strada di Firenze, e volevo evitare i cliché fotografici meramente turistici. Bighellonando sul far della sera per via dei Calzaioli, ho notato che la ragazza "mimo" aveva smesso di esibirsi e si era appoggiata al muro sotto un lampione, con aria affranta, poi si è quasi lasciata cadere sul pavimento bagnato, forse piangendo. Ho reagito d'impulso, in una frazione di secondo. Il "mangiafuoco" che le era a fianco ha iniziato ad inveirmi contro, ma io la foto l'ho fatta ugualmente, una sola purtroppo. Poi mi sono fatto riconoscere da lui (era una vecchia conoscenza) e tutto si è sistemato. Anzi, stampate un po' di copie, sono tornato a distribuirle e ci ho pure guadagnato un caffè.

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A volte quel che si puà inizialmente percepire come un abuso puà trasformarsi in una bella occasione di conoscenza reciproca.


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In quest'altro caso invece ho ricevuto un tacito consenso, ricambiato con il dono della stampa; poi è nata anche una bella chiacchierata... agli appassionati di pettegolezzi dirà che il "soldato" era a quel tempo il partner della ragazza di prima (ma ancora non lo sapevo). Foto scattate nella stessa serata: che avessero appena litigato?

Lunga vita alla street photography!


Claudio


Inviato: 27/2/2008 17:13
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Ciao Fabiano,
Il grande Caravaggio pagava i suoi modelli od usava i morti....( e sicuramente sceglieva quelli di cui nessuno avrebbe avuto a protestare ), e non eravamo nel 2008.
Tu mi dici: ma cosa ha da spartire la pittura con la fotografia? Il consenso.
Dal mio punto di vista il diritto alla propria immagine e' inviolabile. Cosa costa mettersi d'accordo con la persona ritratta? Da un sorriso a pochi euro di elemosina a un regolare contratto.
Mettiamo che tu arrivi primo al concorso, che la tua bellisima immagine venga divulgata e che per qualche caso la persona ritratta si riconosca e soprattutto riconosca il figlio. E mettiamo che qualcuno faccia venire la mosca al naso a questa persona magari per fare a mezzo.....Pensi di cavartela?
Valle pure a spiegare che e' per la bellezza, ma hai sfruttato la sua immagine, il suo modo di vestire, il suo presentarsi...
No, la tua filosofia non mi convince, se facciamo una fotografia la facciamo insieme, io e il soggetto, magari prima scatto la foto, poi ( visto che c'e' il digitale ) gliela faccio vedere e poi chiedo il consenso ( possibilmente anche una firma ) altrimenti, anche a malincuore, cancello tutto.
Parlo ovviamente di immagini dirette, non di immagini di folla dove il discorso puo' cambiare.
Ciao,
Renzo

Inviato: 27/2/2008 17:28
.........

......
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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28/3/2007 16:40
Da nord Sardegna
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Citazione:

Falcopardo ha scritto:
Dal mio punto di vista il diritto alla propria immagine e' inviolabile. Cosa costa mettersi d'accordo con la persona ritratta? Da un sorriso a pochi euro di elemosina a un regolare contratto.
No, la tua filosofia non mi convince, se facciamo una fotografia la facciamo insieme, io e il soggetto, magari prima scatto la foto, poi ( visto che c'e' il digitale ) gliela faccio vedere e poi chiedo il consenso ( possibilmente anche una firma ) altrimenti, anche a malincuore, cancello tutto.
Parlo ovviamente di immagini dirette

Io la foto la scatto subito, prima che perda spontaneità , poi parlo e valuto con la persona ritratta. Mi è capitato pochi giorni fa di fare una foto interessante ad una persona che mi ha chiesto gentilmente di non pubblicarla, pur non pretendendone la cancellazione. Non la pubblicherà, ma il ricordo tangibile di una bella atmosfera mi rimarrà , del resto si fotografa anche per fermare i ricordi...

Se la fotografia è passione, allora perché inibirla nei momenti più limpidi? se la realtà  intorno a noi è prodiga di "bellezza", come dice Fabiano, ne accetto i doni con stupore e riconoscenza.

Claudio


Inviato: 27/2/2008 17:46
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