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Re: Back Stage in Jazz

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8/10/2006 17:44
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Proprio perchè sono i momenti più interessanti (me ne sono occupato molte volte...) l'effetto non aggiunge nulla, anzi rischia di togliere. Data la qualità  della tua fotografia sarebbe interessante vederne alcue senza effetto.
bs
marco


Inviato: 30/6/2010 15:42
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
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Detroit e non solo

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8/10/2006 17:44
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Penso che su questo sito ci siano diversi estimatori del genere, in questo caso realizzato in modo sicuramente interessante.
www.marchandmeffre.com
(link fornito da bluebluewindows sul Fotocrazia blog di Smargiassi/repubblica)
bs
marco

Inviato: 27/6/2010 22:51
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Re: Quale delle due?

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8/10/2006 17:44
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Con tutto il rispetto per le varie "teorie" sull'uso delle macchine 6x6, cavalletto o meno...
www.canepariphoto.com
in bio si vede che macchina usa. (non per dire che é quella che serve)
Pubblicato anche sull'ultimo numero di RVM.
bye
bs
marco

non tutte le sue foto sono in 6x6, ma diversi lavori li ha fatti con la 6x6

Inviato: 23/6/2010 15:06
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Re: Quale delle due?

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8/10/2006 17:44
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Con l'hasselblad mi diverto assai a fare foto a mano libera, certo potranno far storcere il naso a qualche purista, ma dipende cosa si cerca nella fotografia. Sul mio sito ci sono due lavori fatti così ("quattro scatti" e "una domenica"). Uso anche il cavalletto perchè, anche qui dipende da cosa cerchi. Uso anche massima apertura, minima profondità  di campo perchè lo sfocato mi serve. Non sono streetphotography, ma si puà fare. Poi ognuno ha i suoi gusti.
bs
marco

Inviato: 20/6/2010 20:02
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Re: Guillaume Nery: video fantastico.

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8/10/2006 17:44
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ciao Falco,
la 5d ha caratteristiche video migliori della maggior parte delle telecamere broadcast HD che ci sono in commercio, costa meno ed ha un parco ottiche più vasto, migliore e che fornisce una qualità  "cinematografica" (nelle ottiche video questo non avviene con la stessa qualità ).E per 2500 euro tutto ciò é una manna. Tutto questo per ora.
Ovvio, ha dei limiti dal punto di vista della manegevolezza nelle riprese e in diverse altre cose e per questo si sono inventati dispositivi che fanno diventare la 5d una telecamera. E a maggior ragione se vuoi usarla cosi devi saperlo fare.
Ovvio, se un fotgrafo vuole fare "scene in movimento" tipo quelle del vulcano, riesce con una fatica relativa a farle. Ma non c'è praticamente montaggio, sono un tipologia di video semplificato, sono "scene in movimento". Interessanti? Certo e forse si puà fare ancora molto dal punto di vista dei fotografi. Ma più in generale credo che questo tipo di macchine abbia aperto la strada a modi di lavorare nuovi. Non credo tanto al fotografo che sa fare tutto, ma piuttosto a gruppi di professionisti che grazie alle tecnlogie e ai costi esistenti riescono a proporre soluzioni diverse. Continuo a credere che se vuoi fare foto fai una foto e anche solo per fare scene in movimento il tuo cervello inizia a ragionare in modo diverso. Deve, non puà far altro. Diciamo che la questione é interessante e sicuramente nel prossimo futuro si vedranno delle belle cose. (tieni conto che personalmente ho imparato a fare video sul nastro magnetico...da 3/4 al pollice, macchinari costosissimi e ingombranti).
bs
marco

Inviato: 12/6/2010 10:33
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Re: Guillaume Nery: video fantastico.

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Luciano, direi che di artigianale, come sottolinei, non ha proprio nulla. Anche solo la scena iniziale...conta i punti di vista da cui viene ripresa. L'hanno girata più e più volte. E se non hai un piano riprese in testa o scritto da qualche parte - e cioè un professionista del settore che se ne occupa - non lo fai. D'altra parte mi sembra l'abbia curato una casa di produzione video.
Dico questo perchè leggo in giro uno sprecare di lodi per la canon 5d (giuste perchè lo merita) senza rendersi conto che i video che girano in rete non sono girati da fotografi amatori per quanto bravi, ma da professionisti che al di la del mezzo che usano sanno rendere la piacevolezza del film grazie all'insieme delle competenze che entrano in gioco, e tra queste fondamentale quella del montaggio. Che ha un peso decisivo anche in questo film.
Qualcuno in rete é anche talmente entusiasta della canon a pensare che sia sufficiente averla in mano per fare miracoli. Girare video é cosa diversa dal fare fotografia. Molto diversa. E se i fotografi corrono dietro a questi video, intendo fatti in questo modo, devono cambiar mestiere. A meno che con una digitale foto/video in mano i fotografi inizino a pensare a video concepiti diversamente dal solito. Il che sarebbe interessante.
bs
marco

Inviato: 11/6/2010 15:15
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Re: Guillaume Nery: video fantastico.

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Sicuramente la 5d é strepitosa, ma allo stesso tempo questo, come molti altri video fatti con la 5d, hanno dietro un organizzazione produttiva di tipo professionale, anche leggera (poca gente di troupe), ma con logiche professionali. Il "tuffo" dentro il buco viene ripresa da tre angolazioni diverse, ergo o hanno tre telecamere o lo rifanno tre volte e dato che nella ripresa larga dal basso non si vede null'altro che Nery, l'hanno rifatto tre volte.
Oltre all'impresa tecnica e sportiva, c'è da dire che il filmato é veramente bello. Intenso e coinvolgente.
bs
marco

Inviato: 10/6/2010 17:30
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Re: Romano Cagnoni

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Mi permetto Luciano di dirti che però così non aiuti molto il confronto. Non sarebbe male spiegare perchè per te quella foto é una schifezza. Se poi non lo si vuole spiegare, sacrosanto diritto, si evita però di intervenire.
Sempre opinione personale e con il rispetto dovuto.
bs
marco

questo post l'ho scritto leggendo una tua risposta molto sintetica e poi ne ho letto un altra, nella quale spieghi il tuo punto di vista. Per cui di fatto non vale più.



Inviato: 12/5/2010 20:15
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Re: Romano Cagnoni

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Certo, mi riferivo soprattutto al lavoro di McCullin (che per me rimane uno dei più grandi), ma anche e più in generale ad un modo di intendere il fotogiornalismo. Non é necessariamente il mio pensiero. E qui si tocca (non con il mio pensiero ma con l'idea di fotogiornalismo) uno dei nodi di cosa deve e puà essere il fotogiornalismo e/o il reportage (che non sono sinonimi). Il fotografo di guerra tende e tendeva ad essere inserito all'interno del fotogiornalismo che per suo statuto richiede una certa chiarezza (della foto intendo) e una costruzione della fotografia che permetta di orientare di più al fatto e meno all'interpretazione. La costruzione della foto di Cagnoni sembra invece abbracciare una tendenza al racconto (reportage ?) fotografico dove il peso autoriale é più marcato. Per questo, datando il lavoro di Cagnoni, diventa più interessante ancora (poi facciamo attenzione perchè qui abbiamo solo una foto e non il suo lavoro), perchè sembra mettere all'interno del classico fotogiornalismo un modo di rappresentare legato anche alla propria lettura della realtà  e lo fa nel 68. Forse non a caso. (propria lettura che accade sempre ma che molti fotogiornalisti cercano di ammorbidire desaturando di senso la fotografia). Questo nodo oggi é più vivo che mai, basti pensare al lavoro di Paolo Pellegrin, criticato da molti che si ccupano di fotogiornalismo perchè spostato molto di più sulla propria dimensione autoriale, sebbene si tratti di immagini fatte in situazioni di guerra e di catastrofi.
Tutto questo mi porta a dire ancora che la valutazione di una foto dovrebbe essere fatta sia utilizzando categorie del visivo che sono generali, e al contempo entrando all'interno del genere che vive di presupposti specifici.
E lo ripeto, sono mie considerazioni, ad esempio Franx, noto reporter e anche altro, potrebbe dire molto su questa faccenda e non é detto che la pensi come me, anzi.
Concordo che sul web quando si vuole approfondire diventa un pò faticosetto...perchè bisogna scrivere, spiegarsi e leggere, e il tutto sempre con attenzione. E'la vita, infatti si approfondisce poco...
bs
marco


Inviato: 12/5/2010 17:41
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Re: Romano Cagnoni

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ciao Roberto,
da dove deduci che non sono per i travasi? in realtà  penso l'opposto, ed é proprio il reportage a dimostrarlo. Semmai apriamo un altro topic, ma se guardi la citata jean ackerman (in un altro 3ad) troverai commistioni di stili; non é più il reportage "classico" ma ci sono influnze ad esempio di una certa fotografia "artistica" (frontalità , effetto "distanza", ecc). Nalla rivista RVM trovi un reportage molto narativo e anche li ci sono stili che si influenzano.
Quello che ho detto é che se vuoi comprendere una foto, secondo me, bisogna far riferimento non solo ad aspetti generali della fotografia, ma anche, e spesso soprattutto, a quelli del genere a cui fa più riferimento, ed alle sue evoluzioni. E' come se un certo genere avesse un proprio linguaggio che si innesta su elementi generici della fotografia. Pensa al paesaggio, sia quello urbano che quello naturale, a come é cambiato nel 900.
Sullo sfocato, la foto di Klein permette anche di rispondere alla domanda di facavek se lo sfocato é casuale o meno. Gli esempi c'erano già  e credo che non fosse casuale, ne quello di Klein ne quello di Cagnoni.
Sempre opinioni personali.
bs
marco

Inviato: 12/5/2010 14:43
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Re: Romano Cagnoni

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Supponiamo anche che non se ne sia accorto durante lo scatto, il fatto è che l'ha scelta per la pubblicazione.
Alla fine conta questo, una scelta l'ha fatta, prima o poi.
bs
marco

Inviato: 12/5/2010 11:16
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Re: Romano Cagnoni

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ciao Roberto, non volevo certo dire che é stato il primo, pensa solo al lavoro di W.Klein e R.Frank diversi anni prima, ma sicuramente interpreta in modo pieno questo stile e non credo che all'epoca fossero così in tanti a farlo. Mi viene in mente Mulas, nella sua veste di reporter. Li era il grandangolo a farla da padrone, come in molti altri fotografi. Si potrebbe fare una piccola ricerca su qusti aspetti...
bs
marco

aggiungo poi una considrazione su Friedlander. E' vero che possiamo avvicinarlo al reportage, ma in realtà  gioca molto con alcuni meccanismi linguistici della fotografia, pensa all'uso dell'ombra, che lo fa avvicinare ad un approccio "artistico" e allora lo sfocato diventa uno di questi meccanismi, in fondo per poter parlare della e sulla fotografia. Cagnoni usa lo sfocato all'interno di un genere, il reportage di guerra e di catastrofi e in questo senso mi sembra che osi. Pensa al grandissimo McCullin e alle sue foto del Biafra. Di sfocati nemmeno l'ombra. Il reportage deve dire con chiarezza le cose, farle vedere senza interpretazioni. Questa foto di Cagnoni inizi ad operare su un diverso terreno e nello stesso tempo storico del, ripeto, grandissimo McCullin. Lo approfondiamo però qusto argomento.

Inviato: 12/5/2010 1:29
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Re: Romano Cagnoni

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L'uso di "bella" é sempre relativo a qualche presupposto (ma, Luciano, mi sembra che anche tu diverse volte lo hai evidenziato). E ciò vale per i tutti i generi fotografici.
Il termine si riempie di senso rispetto a cosa é bello per quel contesto (c'è un libro intitolato, "bello come una prigione che brucia") anche sulla base di elementi extrafotografici. A ben guardare spesso il bello non é solo legato ad elementi fotografici, molto spesso.
Ci sono molte foto "belle", perchè corrette tecnicamente e capaci di mettere in scena gli elementi base di uno stile, farlo molto bene, e per questo ritenute "belle", ma se viste da un altro punto di vista diventano stucchevoli.
Bello è perchè rimanda ad un idea, ad un sentimento, ad uno stato d'animo che fanno parte della persona che guarda e talvolta del fotografo allora significa che entrambi codividono lo stesso (più o meno) sistema di idee, sentimenti, stati d'animo. O che il fotografo é bravo a simularli. Bello é perchè emoziona, perchè coinvolge. Bello é perchè esteticamente bello. E come le cose dette prima, semmai la domanda é per chi e per che cosa.
Una foto dei Becher potrebbe rappresentare un elemento di un catalogo e niente di più (sono anche un "catalogo" ma gli si aggiunge un di più artistico/estetico), esattamente come questa potrebbe rappresentare un attimo di una festa.

Questa immagine però risponde ad alcuni criteri. Gli elementi cadono sui terzi, gli occhi della donna a sinistra come gli occhi dell'uomo a destra. Questi due elementi costruiscono una diagonale dando forza e tensione all'immagine. Le masse sono distribuite su piani diversi(la testa dell'uomo e le due donne), in modo da costruire profondità  all'immagine.
La fotografia é del 68 e Cagnoni dimostra un suo modo di interpretare il reportage con uno stile che precede di un bel po alcune tendenze ancor oggi molto presenti e mi riferisco allo sfocato messo in primissimo piano. Al quale si attribuisce peso e signifcato forti quanto gli altri elementi. (penso ad un grande reporter contemporaneo italiano come Zizola). C'è inoltre un gioco di sguardi all'interno della scena (tra le due donne) e all'esterno (l'uomo che guarda l'osservatore) che presuppone una messa in gioco, una chiamata in causa. Come se noi che guardiamo fossimo ospiti indesiderati (mia considerazione). Tutto ciò al di la del tema in questione, non so nemmeno a cosa si riferisca questa immagine. Aggiungiamo la grana, come espediente retorico (ad esempi usatissimo in quegli anni anche per le foto di spettacolo) e possiamo dire cheil tutto conferisce all'immagine un senso di "realtà ", di "essere nell'evento". A chi segue il reportage e lo "ama" ciò fa dire che é una bella foto.
Detto questo (si potrebbe aggiungere molto altro relativo sia al contesto in cui é stata fatta la fotografia sia relativo a quella serie di elementi extrafotografici di cui sopra) ritengo che ogni genere debba essere letto, compreso attraverso anche elementi espressivi tipici del genere, diremmo del suo linguaggio. A me certe foto di moda fanno assolutamente sbadigliare dalla noia mortale, dalla nullità  che esprimono, ma credo che qualche esperto di foto potrebbe illuminarmi sulla loro "bellezza". Poi vengono le mie idee a farmi separare i piani. Potrei dire che le riconosco come belle foto, continuando a sbadigliare.
Aggiungo che per reportage si intendono molte cose e non solo relative a fatti drammatici. Per fortuna.
bs
marco


Inviato: 11/5/2010 18:44
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Re: Link di fotografi da guardare ...

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Per vedere cosa c'è, non ti segnalo fotografi ma luoghi dove trovi fotografi, di estrazione e tendenze diverse (li prendo dal mio sito e per questo riflettono anche miei interessi). Anche perchè non ho 4/5 fotografi che preferisco, ne ho un po di più e non saprei quale preferire.
blog
mrs.dean - http://www.beikey.net/mrs-deane/ trovi decine e decine di fotografi
burn - http://www.burnmagazine.org/ gran bel posto dove trovare fotografi
due blog "italiani" tra i migliori
www.hippolytebayard.com
cameraobscura.busdraghi.net
qualche rivista online a mio parere interessante
www.flakphoto.com
www.finearttv.tv
per il reportage
www.noorimages.com
per il multimediale
www.mediastorm.org
poi ti segnalo tre donne:
Andrea Bruce www.andreabruce.com (tra le sue cose consiglio a Dark Addiction, multimedia)
Jessica Dimmock, la trovi su mediastorm con il suo Ninth Floor
Jenn Ackerman, www.jennackerman.com in particolare Trapped
sono fotografe che si possono collocare nell'ambito del reportage ma che attraverso il multimediale affrontano la narrazione in un gran bel modo.
Poi quoto Marco con la sua indicazione su Basilé.
Sto rivedendo anche il lavoro di W.Evans, riguardo sempre con attenzione il lavoro di R.Frank e di W.Klein e mi trovo ad essere attratto da M.Parr, ma qui allora apriamo un file che é fatto di almeno una trentina di fotografi...almeno.
Alla fin fine é come se mi chiedessi dimmi tre quattro autori/gruppi musicali che ti piacciono...
bye
bs
marco

Inviato: 9/5/2010 12:15
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Re: Meno scatti...

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Ma siete sicuri che ci sia questa smania all'iperscatto e poi in chi? nell'appassionato, nel dilettante evoluto, nel professionista? a me sembra a volte un'invenzione, come tante altre, per costruire categorie per cui diventa facile poi dire quelli la fanno così, io invece faccio colà ...ecc.
Gli ossessivi ci sono sempre in giro e quelli anche se gli dai una lomo scatterebbero, ma non mi sembra che il primo responsabile sia digitale. E' tre anni che conduco un laboratorio fotografico con giovani tra i 22 ei 26 anni e in genere se ne guardano bene dallo scattare a raffica, non foss'altro per la rottura di maroni di guardarsele tutte quante e faticare a sceglierle. E se gli capita uno volta o due di farlo alla terza ci pensano un po. Allo stesso tempo nel professionismo anche con la pellicola ricordo bene che non si lesinava, almeno una volta. In fondo dipendeva dalla ricchezza della rivista. Regolarmente portavamo almeno 3/4 plasticoni di diapo, ed erano già  scelte tra le centinaia fatte.
Che poi ci sia una "scuola", alla quale mi sento anche di appartenere, che tende a scattare con ragionevolezza, questo é sicuro. (Ho pure avviato progetti/miniracconti fatti di quattro foto...). Ed è un approccio che si sposa tranquillamente anche con il digitale.
Credo che i tempi siano un po cambiati dall'ingorda prima fase del digitale.
bs
marco

Inviato: 6/5/2010 13:26
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Re: Statement......si o no?

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ciao Robertosam, sai che non ho capito dove mi hai beccato? sulla questione dell'artista...? eh, eh, se é su quella allora...
Ritorno sul 3ad, a questo punto chiediamoci cosa deve indicare uno statement (sempre preservando quella assoluta libertà  d'azione necessaria). Talvolta mi sembra che uno statement non serva a nulla. Ne leggo tanti, poi guardo le foto e mi dimentico lo statement. Quelli che cercano di spiegare le foto me li dimentico prima di arrivare alla fine, quelli che provano a spiegare il contesto nel quale nasce il lavoro li acchiappo un po si e un po no, ma forse dipende dall'abilità  dello scrivente, quelli che mi raccontano qualcos'altro dalle foto mi intrigano un po di più, che so certe pulsioni, emozioni, o che, in forme poetiche o altro ancora, riescono a fare da controcanto alle foto. Le foto devono cantarla un po da sole, essere in grado di mettere in campo per conto loro un po di succo, altrimenti che ci stanno a fare. Diverso lo statement che racconta l'autore (ma è ancora uno statement?) un po di biografia, le sue influenze, il suo approccio e la tecnica quando é necessario raccontarla. Anche quelli mi interessano. Ma qui andiamo sul confine con altri tipi di documenti, web compreso, legati alla comprensione dell'autore che secondo me inizia ad essere tale di fronte ad un certo corpo di opere e ad un insieme di testi diversi: fotografie, documenti, critiche e recensioni, inseriti in libri e/o sito. A questo punto si inizia a conoscere l'autore.
Molti statement non mi sembra però che rispondano a granchè.
bs
marco

Inviato: 4/5/2010 14:09
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Re: Statement......si o no?

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capisco maceric, ma per quello che conosco dei fotografi artistici potrei applicare benissimo la stessa logica descritta prima. Dato che per una serie di mostre fatte sulla danza contemporanea mi hanno considerato un artista (sic) mi hanno anche chiesto di scrivere lo statement. Non riesco a fare tanta differenza tra scrivere uno statement per un lavoro di fotografia narrativa (che non è proprio reportage ma non é nemmeno fotografia artistica) e uno per una mostra d'arte. Penso che anche nelle foto artistiche ci siano modalità  diverse di progettare e di scrivere statement. Spiegatemi le differenza tra foto d'arte e non nella scrittura dello statement, personalmente non le vedo più di tanto. Se vado sulla rivista di danipan, (foto d'arte, di reportage? e conosco pure alcuni autori) leggo statement anche scambiabili...e non é una critica, nella mia logica ci sta.
bs
marco

Inviato: 3/5/2010 23:07
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Re: Statement......si o no?

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Aggiungo solo Robertosam, che la fotografia é qualcosa che vive, come molte altre cose, delle mutazioni di senso, delle contaminazioni, ma soprattutto dell'evoluzione che nasce nelle relazioni tra l'individuo, le cose e gli altri individui. Trovo difficile pensare che queste relazioni siano date una volta per tutte. Ovvio vale per me e per il tipo di fotografia che faccio. Sto partendo con un progetto su chi allestisce e smonta, di notte, il mercato di porta palazzo a torino. E' già  faticoso contattarli, discutere con loro prima di fare le foto, se le farà. Approccio questo progetto con una modalità  aperta, convinto che qualcosa potrebbe cambiarne la rotta. E non è sperindio-photography (capisco cosa vuoi dire per altri versi). E'proprio una condizione di come gestisco questi progetti. Tutto sommato mi piace anche farmi influenzare dalla loro realtà . Ed è come se la fotografia seguisse una scoperta di un mondo, di una realtà .
Di fronte ai lavori artistici dei tedeschi o di qualche altro si ha certamente l'impressione di un approccio che riesce fin dalle sue prime fasi a definire molti aspetti del progetto. La visione che da cui nasce il progetto é già  una visione definita e l'oggetto/soggetto della fotografia é "piegato" alla visione (questione questa complicata legata alla definzione di realtà ). Se così é, e chiedo un confronto, allora anche lo statement diventa più definibile sin dalle prime fasi.
bs
marco

Inviato: 3/5/2010 16:34
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Re: Statement......si o no?

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Quoto Hologon, l'unico elemento certo é che, come nell'esempio di Danipen, ci sono contesti, in quel caso una rivista, che chiede uno statement con certe caratteristiche.
Aggiungo poi un'altra cosa. Seguendo l'esempio di Robertosam che fa sui miei progetti. Certo, sono due progetti che nascono con approcci diversi. Necessariamente. Ma allo stesso tempo, "Infanzia andata e ritorno" é un progetto che é partito con una certa preparazione (adirittura un approfondimento sulla fotografia del fotografo andino della prima metà  del 900 Martin Chambi, di cui siamo andati a vedere gli orginali presso la Biblioteca San Bartolomeo de Las Casas a Cuzco) ma che é cresciuto e maturato nelle fasi successive e soprattutto nell'incontro con altre persone, dall'editing fatto con Sara Munari, al confronto con la mia compagna e altra metà  del progetto che si é occupata della raccolta dei cuentos (in lingua spagnola e quequea) che mi é servito a capire meglio cosa le immagini dicessero e cosa potrà  dire la fase espositiva. Lo stesso progetto ha qualcosa di dinamico, figuriamoci lo statement. Se devo scriverlo, lo scrivo e forse oggi é abbastanza definito. C'è un nocciolo originario che é rimasto quello, ma la sua scrittura nel tempo si è modificata.
bs
marco

Inviato: 3/5/2010 14:26
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Re: Statement......si o no?

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Insisto sulla scrittura dello statement come elemento anch'esso "autoriale" (sia che ci si riferisca ad un opera piuttosto che al reportage). Altrimenti il tutto mi sembra figlio di un approccio troppo razionale che ambisce a regola. Il fatto che qualcuno decida tutto prima, statement, direzione chiara e definita del lavoro, elementi progettuali, ecc, ecc è, e insisto è, solo uno dei modi con i quali approcciare il progetto fotografico. E lo è al punto tale che ne definisce la poetica. Cioè quell'autore affronta in quel modo il suo lavoro. Ma ve ne sono altri, esattamente quante sono le poetiche. E non è relativismo questo, è semplicemnte riconoscere che l'espressione non è solo formale/estetica, cioè di messa in forma fotografica (nel nostro caso), ma comprende tutte le fasi dell'agire fotografico. Anche il modo con cui si progetta , così ome lo statement, quando lo si scrive e come lo si scrive. E che il tutto si manifsta in modi assolutamente diversi.
Personalmente progetto quasi sempre i miei lavori, ma onestamente, proprio perchè sono racconti di persone, faccio fatica a progettare prima qualcosa che non conosco ancora e di cui non so scrivere, perchè non so cosa mi troverà di fronte. So cosa vorrei fare (anche se talvolta la realtà  mi ha cambiato i piani), so come vorrei dirlo, ma anche qui, talvolta ho cambiato idea perchè é nell'incontro con le persone che fotografo che scopro cosa voglio fare. Per me la fotografia è anche scoperta del mondo. E dunque lo statement lo scrivo dopo, perchè prima, per me, sono solo intenzioni. E' ovvio che altri lo scrivono prima, ma credo che sarebbe interessante allora esplicitare i propri presupposti con i quali si fotografa. Da qui discende tutto, anche lo statement.
bs
marco

Inviato: 28/4/2010 19:32
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

www.mbphoto.it
www.flickr.com/photos/marcofluens

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