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Il tema del postmoderno

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25/8/2005 8:38
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Ci sono stati alcuni thread ultimamente che hanno sollevato interessanti quesiti su dove la fotografia sta andando e sull'arte dell'immagine in generale. Voglio contribuire alla discussione con due pagine estratte da uno stupendo libro di Howard Gardner che e' usato nei suoi corsi ad Harvard. La traduzione e' tutta mia: questo (penso) dovrebbe mettere il forum al riparo da problemi di copyright. Il prezzo da pagare e' che la traduzione e' mia .

Il libro, prima di tutto. Lettura affascinante, dato che il sottotitolo legge: "Una anatomia della creativita' attraverso le vite di Freud, Einstein, Picasso, Stravinsky, Eliot, Graham e Gandhi". Se volete sapere per esempio se l'ecosistema in cui siete cresciuto/a appartiene ad uno di quelli che Gardner individua come condizione necessaria per la creazione del genio ... questo libro e' per voi. Immagino che esista una traduzione italiana, il libro e' molto famoso ed e' del 1993. Quello che ho in mano e':

Howard Gardner, Creating Minds, Basic Books, 1993. ISBN 0-465-01454-2

Ecco l'estratto preso alla fine del libro. Tutte le idee interessanti sono di Gardner, quelle sciocche sono causate dalla mia traduzione a braccio Ho trovato che una sua lettura attraverso un filtro fotografico fosse molto stimolante e ho pensato quindi di condividerla.

... concludo accennando al periodo al di là  dell'era moderna, spesso chiamato "postmoderno" e analizzando quanto si discosti da quel periodo che ho considerato in questo libro. La discussione si applica particolarmente alle arti; non sono in grado di fare considerazioni su eventi nelle scienze o in politica nel periodo dopo il 1950.

Dato che siamo molto più vicini al postmoderno (e non sappiamo identificare con precisione le sue date!), descriverlo in modo succinto e con confidenza è più difficile. Una caratterizzazione è che il postmodernismo sia semplicemente una amplificazione del modernismo; se il modernismo è ironico, il postmodernismo lo è ancora di più. Una seconda caratterizzazione è di vedere il postmodernismo come una reazione: se il modernismo rigetta la tradizione, il postmodernismo ci sguazza in essa. Ci sono anche caratterizzazioni del postmodernismo più positive — per esempio, come uno sforzo di ri-introdurre caratteristiche personali, culturali, storiche, soggettive e politiche nella creazione umana. Non c'è dubbio che l'analisi vari a seconda del dominio e attraverso i domini: il compositore John Cage differisce dal compositore John Adams; Italo Calvino è una figura letteraria alquanto diversa da quella di Joseph Brodsky; Andy Warhol, Robert Rauschenberg, Frank Stella, Anselm Kiefer, and Julian Schnabel abitano cinque universi grafici distinti.

Ma per me, la caratteristica definitiva dell'era cosiddetta postmoderna è la ricercata commistione dei generi; l'ignorare volutamente e provocatoriamente i precedenti storici con i suoi ordinamenti; una sfida a qualunque sforzo di voler essere mortalmente serio; una facile traslazione tra stili, superfici e identità ; un'abbandonare lo sforzo di trovare significati o strutture sotto la superficie del caos; e una licenza del tipo "proviamo di tutto" nel mondo della creazione ed interpretazione. Si è senza più ormeggi morali; e se The Waste Land (*) giunge a questa conclusione con dispiacere, il postmoderno la accetta come un dato di fatto, se non come una virtù vera e propria. In un certo modo, queste caratteristiche possono essere viste come una continuazione del modernismo, dato che il modernismo stesso sfidà molte convenzioni stabilite di forma e di pratica. Ma la sfida del modernismo avvenne all'interno di una comunità  in cui queste forme, pratiche e valori erano presi molto seriamente; e dove perciò qualunque reazione era vista come — e doveva essere vista come — un dialogo aperto e leale con la pratiche storiche precedenti.

Alla luce del trionfo del modernismo stesso, però, la memoria delle epoche precedenti si è attenuata; ed ora un qualunque tentativo di sfidare la storia, la tradizione, e le forme canoniche consolidate puà permettersi una marcia senza contradditorio. Invece di una verità  che sfida un'altra, la nozione stessa di verità  è abbandonata; invece del contemporaneo che sfida il tradizionale, qualunque senso di storia viene ignorato; invece di un'arte di alto profilo che si mescola provocatoriamente con arte di più basso profilo, non esiste più il senso di arti, culture, tradizioni separate. C'è impazienza con l'idea di "cambiamento" o di una avanguardia artistica; tutto è già  stato provato; tutti siamo già  stati scioccati allo sfinimento; le novità  di oggi sono i prodotti impacchettati di domani. Tutta la autorità  è messa in forse; non esistono ormeggi affidabili; a dire il vero, una volta che una persona accoglie il concetto del critico deconstruzionista, ciascun oggetto o testo contiene il potenziale di distruggere o delegittimare se stesso.

àˆ evidente che i miei sentimenti sono più vicini a quelli dell'era moderna che a quelli dell'era postmoderna. Sebbene io abbia vissuto nell'era postmoderna, la mia sensibilità  è stata formata dal canone modernista, e sarà  improbabile per me abbracciare pienamente i contesti e lo spirito dell'era postmoderna. Forse perchè ho i miei dubbi che lo spirito postmoderno potrà  mai essere sostenibile in senso positivo. Una rivolta contro la tradizione ha senso quando il mondo è ancora governato dalla tradizione; un mettere in discussione i modi tradizionali di interpretazione ha senso se i modi tradizionali non sono stati adeguatamente analizzati o incalzati; ma una volta che la memoria di queste vecchie forme si attenua, una protesta continua contro di esse sembra poco comprensibile. Tutto diventa manierismo, spettacolo, effetti.

Chiaramente questa ciritica non si applica in egual misura a tutte le forme create con il passare dell'era moderna canonica: per esempio, quelle che si rifanno ad un tempo di ideali basilari, quelle che trovano ricchezza nella ripetizione di semplici formule, quelle che hanno a che fare con temi politici, o quelle che si caratterizzano per prendersi gioco in modo aperto di un pubblico cosciente del gioco. Queste "versioni" possono essere in tutta tranquillità  analizzate in termini delle pratiche e degli standard di ere precedenti, inclusa l'era moderna.

Si puà però guardare al postmodernismo con uno spirito molto più positivo di quanto abbia fatto io. Sotto un certo punto di vista, i modernisti sono ancora visti come parzialmente ostaggi della tradizione: sebbene critici del rapportarsi in modo progressista, materialista, razionalista o determinista, questi non conosco nient'altro e quindi in ultima analisi devono aderire a questi, anche se in contrasto con il loro stesso sentirsi. Solo il postmodernismo è stato in grado di sbarazzarsi alla grande di queste corazze e contemplare l'esperienza con occhio incontaminato. Sotto un altro punto di vista il postmodernismo puà essere visto come liberatorio. Forse per la prima volta nella storia dell'uomo, i vari pregiudizi e prevenzioni che hanno dettato il nostro conscio di rivelano per quello che sono; e si puà quindi implementare pratiche e coltivare delle sensibilità  nelle quali nessuna persona o opera è considerata più privilegiata di un'altra, o nelle quali ciascun punto di vista è percepito immediatamente sia per quello che mette in luce che per quello che cela.

Nella versione revisionista del filosofo Stephen Toulmin, una sensibilità  postmoderna si rifà  alla atmosfera umana e tollerante del primo Rinascimento; da questo punto di vista, la gran parte dell'era moderna è interpretata come gerarchica, elitaria, autoritaria e supinamente accondiscendente verso dualità  improbabili, come quella tra ragione ed emozione o quella tra natura ed umanità . A mio giudizio, però, la politica del postmodernismo rimana tutta da vedere: ad alcuni appare più liberale, democratica, e multiculturale; ad altri, semplicemente accoglie gli aspetti di tutte le idee e le opere; ad altri ancora sembra più orientata alla fidelizzazione e all'autoritaritarismo.

................

(*) Poema di T.S. Eliot.

Inviato: 1/1/2010 20:15
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Re: Il tema del postmoderno
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Grazie mille.

Marco

Inviato: 1/1/2010 21:29
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Re: Il tema del postmoderno
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Moderno, postmoderno..........
come definire l'uno e l'altro? Dove inizia uno e dove lascia il posto all'altro?
Post moderno significa "dopo il moderno". Vuol forse dire che il potmoderno viene dopo e ha superato assimilandolo tutto ciò che il moderno ha apportato ed espresso?
Nel brano che Mxa ha gentilmente riportato e tradotto si ipotizza che il post moderno sia tutto l'inverso di quanto ha espresso il moderno. Oppure una sua amplificazione, o ancora una sua semplificazione, un rifiutare generi e semplificazioni e tradizioni o uno sguzzare in essi esaltandoli.
Mi piace citare l'ultima frase che chiude il brano: "A mio giudizio, però, la politica del postmodernismo rimana tutta da vedere: ad alcuni appare più liberale, democratica, e multiculturale; ad altri, semplicemente accoglie gli aspetti di tutte le idee e le opere; ad altri ancora sembra più orientata alla fidelizzazione e all'autoritaritarismo".
Quale è la verità ? Come al solito non sono capace di rispondere.........forza allora, ognuno dica la sua senza timori; non esiste risposta giusta o risposta sbagliata.

Marco

Inviato: 2/1/2010 0:15
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Re: Il tema del postmoderno
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Posso dire di essermi formato, da un punto di vista filosofico, su autori che vengono spesso collegati al postmoderno, Focault, Derrida, ma soprattutto Deleuze, è dal pensiero anche di questi filosofi che partono molte delle pulsioni postmoderniste.

Famosa poi la definizione di Lyotard, che definisce il postmoderno come incredulità  nelle metanarrazioni, come a dire incredulità  verso i grandi sistemi strutturati di pensiero che cercano di tutto spiegare, di tutto capire, di tutto ricondurre a principi primi...

Certo è che anche nel pensiero di Deleuze, Derrida e Focault emerge più l'attenzione al frammento, alla piega, piuttosto che al pensiero lineare e omnicomprensivo, emerge una critica al pensiero occidentale (ma non l'aveva già  tentato Rimbaud, o Nietzsche?) ed alle sue manifestazioni sociali, politiche, "logiche" nel senso più strettamente filosofico, anche se in questi autori il confronto con il passato, a differenza di quanto dice Gardner, il ricordo della tradizione passata (modernista e non), è invece molto vivo, ed attivo, ed anzi fondante della loro speculazione filosofica, basti pensare agli stupendi testi che Deleuze ha dedicato ad alcuni grandi pensatori del passato, Spinoza su tutti...

Faccio molta fatica a giudicare il postmoderno, forse perchè ne siamo intrisi, lo stiamo ancora vivendo, però so che così come non è possibile ridurre solo al postmoderno il pensiero, complessissimo e vastissimo dei filosofi sopra citati, è altrettanto vero che loro si sono sicuramente "nutriti" di un sentire comune, di forme di vita, sociale e reale e simboliche, che li circondavano, quindi non solo hanno forse presagito alcuni temi del postmodernismo, ma ne sono stati a loro volta affetti...

Mi viene in mente uno dei passaggi di "Millepiani - Capitalismo e Schizofrenia", in cui Deleuze non definisce l'arte, ma le attribuisce una funzione, cioè l'arte deve trascinarci verso l'a-significante e l'a-soggettivo, beh questo rifiuto del pensiero sistematico a favore di una forma di vita, di un "utilizzo" che lascia però apertissimi le terminazioni "nervose" dei due estremi, aprendosi ad una serie di concatenamenti infiniti, è molto postmoderno ...poi è vero che in ambito artistico questo "sentire" ha dato spazio a tante degenerazioni (ma anche a tanti esperimenti interessanti), ma questo io lo metto anche in relazione al fatto che c'è sempre una involuzione delle forme innovative, c'è sempre un momento fecondo che poi si trasforma in rindondanza e decorativismo, e questo è accaduto anche al postmoderno...

Anche perchè, non dimentichiamolo mai, e questo Gardner non lo dice (potrei però anche sbagliare, non ho letto tutto di lui), lo dice però Deleuze, che una "linea di fuga molecolare" (come la chiama Deleuze), cioè la spinta sociale innovativa, il pensiero rivoluzionario, i fattori che determineranno un cambiamento reale e significativo, prima o poi diventa inevitabilmente una "linea molare", cioè si consolida in una struttura di senso condiviso, diventa una struttura di "potere", diventa cioè il simulacro di quello che voleva "combattere", e questa è la morte della frammentazione (e rivoluzione) della "molecolarità "...strano paradosso, nel germoglio del postmodernismo si prefigura già  la sua morte ma (forse) anche la rinascita dalle sue ceneri sotto altre forme, in un eterno ritorno dell'identico...

Oppure chissà , forse adesso siamo sulla soglia di nuovi territori da esplorare, magari l'eterno ritorno si trasformerà  in un ritorno dell'eterno, si tornerà  a dare forma all'informe...

Ciao!!

Marco


Inviato: 5/1/2010 9:46
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Re: Il tema del postmoderno

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Citazione:

Marco ha scritto:
....
Anche perchè, non dimentichiamolo mai, e questo Gardner non lo dice (potrei però anche sbagliare, non ho letto tutto di lui), lo dice però Deleuze, che una "linea di fuga molecolare" (come la chiama Deleuze), cioè la spinta sociale innovativa, il pensiero rivoluzionari ....



Grazie del commento interessantissimo. No, Gardner non lo dice (neppure io ho letto tanto di lui, ma mi fido di mia moglie, che e' stata una sua alllieva). Gardner e' un esponente della cultura anglosassone, ben diversa da quella mitteleuropea a cui tu fai riferimento. Senza entrare in discussioni (interessantissime!) ma che ci porterebbero immediatamente OT e senza fare una classifica di merito dell'una verso l'altra (sarebbe a dir poco superficiale), il suo atteggiamento verso il postmoderno non ha una solo una forte coloritura anglosassone, ma riflette anche l'intellighenzia del nord-est americano. Anche queste sono semplici osservazioni, pericolosamente stereotipate forse, ma certamente non critiche.

Postmoderno oltretutto ha una declinazione estetica, certamente non temporale. Definire infatti la musica di Glass e quella di Cage - solo per citare nomi noti - postmoderna in quanto inquadrata piu' o meno nello stesso periodo storico e' chiaramente una sciocchezza. Ma se si accetta uno dei qualificanti del postmodernismo, cioe' il "anything goes" (lo fa Gardner e io condivido), allora uscire da un estetica nichilista e potenzialmente autodistruttiva (di nuovo Gardner) lo si fa con ... come? E sempre che si voglia uscire da essa, beninteso: uno puo' trovarcisi creativamente in sintonia.

Chiudo qui perche' il tema e' di poco interesse nel forum; personalmente e' per me centrale in questo periodo sia personalmente che creativamente. Personalmente perche' nel mio vivere schizofrenico tra l'americanismo e la cultura mitteleuropea il postmodernismo rende le terminazioni nervose di cui tu parli estramemente sensibili; creativamente perche' anche nella mia fotografia c'e' schizofrenia, tra il forzare una ricerca del postmodernismo (con il rischio di un futurismo riscaldato) e l'accettare lo status quo (rispetto del contenuto, del formale, della presenza di un significante) come un valore (e quindi costruirci sopra una progettualita') e non come un segnale che la fotografia non riuscira' mai a smettere di essere solidamente conservatrice. Perche' il suo esserlo e' in realta' un valore costruttivo e propulsivo, e non limitante come lo sento io nei momenti bui.


Inviato: 8/1/2010 10:23
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Re: Il tema del postmoderno
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Reputo tema e discussione estremamente interessanti e mi riservo di contribuirvi non appena avrà un po' di tempo libero.

Andrea

Inviato: 8/1/2010 17:22
sono moderno, non contemporaneo
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Re: Il tema del postmoderno
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Ciao Marco,
anzitutto grazie per i contributi sempre interessantissimi.
Ultimamente ti seguo con particolare attenzione, anche se non sono in grado di contribuire.

Citazione:

e non come un segnale che la fotografia non riuscira' mai a smettere di essere solidamente conservatrice. Perche' il suo esserlo e' in realta' un valore costruttivo e propulsivo, e non limitante come lo sento io nei momenti bui.


Penso che dipenda moltissimo da cosa intendi esattamente per "fotografia", e credo sia importante chiarirlo, per evitare fraintendimenti nella discussione che sta nascendo.
Ormai mi pare assodato che circolino varie interpretazioni , dall'ultraortodossa all'ultraliberale, tutte con un proprio merito: qual'è la tua?
Ad esempio, in certi lavori che hai linkato mi pare non manchino esempi di un progressismo che mal si sposa con l'aggettivo "solidamente conservatrice".

Fer

Inviato: 8/1/2010 19:07
Tessera C.F.A.O. n°14
Gallery (pBase)

** Si ricorda di leggere bene il REGOLAMENTO ** ....
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Re: Il tema del postmoderno

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Ciao Fer,

grazie per le belle parole. Mi costringi ad una risposta alquanto lunga, e con elementi molto personali; spero che nessuno nel forum me ne voglia.

La domanda che poni e' chiaramente tra le piu' difficili da rispondere, cioe' "cosa e' la fotografia?". Gia' il fatto pero' che ce la si debba fare dice qualcosa di questa nostra passione: non mi pare ci sia molta gente che si faccia la stessa domanda nella scultura, pittura, musica etc. Forse perche' sono molto piu' mature? Io ne dubito, penso invece potenzialmente ad un eccezionalismo della fotografia, senza che questo termine abbia alcuna connotazione negativa o positiva. E' solo una ipotesi, ci vorrebbe qualcuno piu' colto di me per articolarla in positivo o confutarla.

Il mio portfolio (l'unico che conta e' quello su www.resonanlink.com) e' lui stesso schizofrenico, come infatti hai notato tu stesso. Sono sicuro che fra dodici mesi sara' completamente diverso, considerato i miei attuali piani e dove voglio andare.

Qual'e' la mia definizione di fotografia? Dopo aver letto, studiato, e sopratutto penato molto ho deciso di rinunciare ad averne una. A questo punto mi considero come qualcuno che opera all'interno delle "arti visive". Se 90 volte su cento produrro' delle stampe su carta chimica da negativi dentro ad un ingranditore (pochi metterebbero in discussione il fatto che queste siano "fotografie") continuero' a considerarmi come qualcuno che opera nel campo delle "arti visive" e non come un "fotografo". Perche' non so a questo punto cosa voglia dire essere fotografo nell'arte (so cosa vuol dire nel giornalismo o nel commercio, sono attivita' professionali ben precise) e ho deciso che non sarei mai arrivato a darne una definizione completa al punto da darmi un vettore chiaro: tanto vale smettere di cercarla.

Ti propongo un esempio che spero possa chiarire quello che sto cercando di dire. Ho sviluppato tempo fa un progetto che si chiama Neurological Fantasyland, sono risonanze magnetiche del sistema nervoso centrale sovrapposte ad immagini di nanetti, ne avevo parlato su Fotoavventure tempo addietro. Le risonanze sono state scansionate e ritoccate digitalmente (per esempio facendole originare da laboratori medici di Los Angeles, dando una eta' nella risonanza al nanetto consistente con quella di ben piu' famosi nanetti, etc etc) e avrei potute stamparle cosi' come erano. Erano quelle delle fotografie? Se ti dico che e' la sovrapposizione della scansione di un negativo 14x17 con una foto digitale di un nanetto, cioe' una cosa che tecnicamente si poteva benissimo fare in camera oscura trenta o cinquanta anni fa, non saresti d'accordo che quella e' una fotografia?

Bene, il problema e' che, se lasciamo perdere il come e ci inoltriamo nel perche', il lavoro era ancora incompleto, avevo bisogno di aggiungere di fianco al sandwich risonanza/nanetto una scritta, fatta con una calligrafia tipica di una persona che si risveglia da una anestesia. Cosi' ho fatto, e questa e' la versione che si vede nel sito. E' ancora una fotografia?

Ma non ho finito. In ultima analisi il lavoro non mi convinceva, mancava la "matericita'" della sensazione. L'attuale --- e definitiva --- versione del lavoro e' un diafanoscopio medico attaccato al muro con appese due risonanze/nanetto, una dell'encefalo e una del midollo (non e' la versione che c'e' sul sito, che contiene ancora delle scritte). Niente scritte, solo due pellicole a colori 14x17 una accanto all'altra viste in trasparenza (diafanoscopio acceso). E' una fotografia?

La mia risposta e' "non lo so, non sono in grado di rispondere, e a questo punto non mi interessa rispondere". Il lavoro cosi' e' completo, sono in pace con me stesso, tutte le domande ai perche' sono andate al loro posto.

Il prossimo progetto potrebbe essere - per modo di dire - quello di fare della stampa a contatto totalmente chimica in grandissimo formato, quindi sicuramente nell'alveo della fotografia tradizionale (questo e' il come). OK, ma io voglio sentirmi libero comunque di incollare sopra alle stampe dei francobolli usati se serve a rispondere ai miei perche'. Questa azione espellerebbe il lavoro dall'alveo fotografico? Immagino di si.

Sai meglio di me (vedi il CES in corso) che nel futuro non tanto remoto si entrera' in una galleria con appesi al muro decine di schermi ad altissima risoluzione che mostrano immagini in tre dimensioni a visitatori dotati di occhialini. Le vogliamo chiamare fotografie? E perche' no, la fotografia stereoscopica e' vecchia quasi come Daguerre. O neppure quella era "fotografia" perche' mancava della caratteristica di essere fruita in gruppo? Che fatica ... e perdita di tempo ...

Per concludere, io parlerei solo di arti visive, all'interno delle quali c'e' chi usa un pennello, chi usa le mani nude, chi una seghetta da traforo, chi usa materiali vari incollandoli insieme, chi usa una scatoletta che cattura la luce, e chi usa un po' di tutte queste ad altre tecniche insieme. Senza innalzare steccati o lanciarsi in cacce agli eretici.

Ciao!



P.S. Quanto sopra non considera il potere del mercato. Se il mercato dell'arte decide che e' nel suo interesse definire come "fotografia" una immagine su carta, e che nessuna deviazione da questa definizione, per quanto piccola, sia ammessa pena la non commercializzazione ... ha sicuramente la forza per farlo. Ho preferito sopra ignorare questo gorilla da 300 chili presente nella discussione perche' ero interessato a farne un ragionamento di principi e culturale e tralasciare la componente mercantile, che comunque io piccoletto non sono in grado di influenzare. Anche se questo da solo sarebbe un nuovo lunghissimo (e interessantissimo) thread

Inviato: 9/1/2010 10:40
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Re: Il tema del postmoderno
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Grazie Marco per la tua bella spiegazione...

Tra l'altro la tua posizione è molto vicina a quella di un caro amico e fotografo che ammiro molto (come ben sai), Chris Jordan, che qualche tempo fa si poneva le tue stesse esatte domande in occasione della sua "svolta" legata allo stitching ed all'utilizzo di software che lo hanno aiutato a creare dei "mosaici" con lo stitching, ed alla fine è arrivato alle tue stesse conclusioni, da qualche tempo il suo sito riporta Chris Jordan - photographic art, definizione che riporta decisamente la sua fotografia più nel campo delle arti visive che della fotografia "pura" (ammesso che esista)...

Mi riservo di tornare sul tuo intervento ancora precedente e sul tema del nichilismo, è una risposta complessa, devo trovare una mezz'oretta con la mente sgombra ...


Ciao!!

Marco

Inviato: 12/1/2010 20:00
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Re: Il tema del postmoderno

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ciao Mxa,
una risposta, parziale, sicuramente. Parto da questa tua affermazione "continuero' a considerarmi come qualcuno che opera nel campo delle "arti visive" e non come un "fotografo". Perche' non so a questo punto cosa voglia dire essere fotografo nell'arte". E' quel essere fotografo nell'arte che mi interessa. Con il Frigerio ne abbiamo discusso alcune volte. A me dell'arte interessa poco, come fotografo intendo anche perchè la frequento da molti anni come fruitore, e dunque non mi pongo il problema. Sollevo la questione da questo punto di vista perchè la domanda iniziale era "cos'è la fotografia" e tu rispondi però, anche se giustamente, dal di dentro dell'arte che rappresenta solo una parte della fotografia. Il bello é che concordo. Dentro l'arte di fa dell'arte e se si maneggia materiale visivo e non note musicali, o ferro battuto, giusto per dire, si fa forse dell'arte visiva. Sebbene anche qui i tuoi stessi nanetti, se ricordi, li consideravo più vicini ad un installazione. Insomma il connubio tra un 3d palpabile e non virtuale e la matericità  per me fa un po la differenza. Per cui non fai solo arte visiva (poi apriamo un 3ad per dire cos'è arte visiva). Ma torno alla fotografia. Per me é quel fenomeno che tocca in modo irrimediabile credo tutte le sfere del vivere sociale e tra queste anche l'arte. E per dare una definizione di fotografia bisogna uscire da una di queste sfere e guardarla dal di fuori. Avremmo bisogno di un giretto sullo shuttle per farlo, ma ci possiamo accontentare con l'immaginazione. Insomma se si sta dentro una di queste sfere si rischia di rimettere in campo quel fenomeno per cui si guarda ad un elemento del sistema credendo di rappresentare il sistema (o classe). Però sino all'avvento del digitale mi bastava tutto ciò, ingenuamente. Il supporto chimico, la bidimensionalità , la riproducibilità , mi davano una quasi certezza di avere tra le mani non un pezzo di carta, ma una fotografia. E con il digitale? boh! c'è un interessante filmato tra le tante cose simili, presentato su Jumper qualche giorno fa - http://vimeo.com/7809605 - . Il filmato é realizzato tutto in digitale, così dicono. Le foto si fanno già  così e si faranno sempre più così...still life, foto di cataloghi, di moda, di macchine, ecc, ecc. Poi il giorno dopo vedo un immagine di un muso di una balena che esce dall'acqua, molto bella nel suo genere. Non ci ho creduto, mi sono detto, l'hanno rifatta e mi viene in mente che nella mia giovane esperienza di fotografo almeno l'airone morto e impagliato, fotografato e pubblicato (é vero!!!) l'abbiamo portato alle 5 del mattino nel canneto dove c'erano quelli veri, sino due giorni prima.
Non si faranno più fotografie nemmeno nel giornalismo, nel commercio e allora ha ragione Mirzoeff, la fotografia é definitivamente morta. (e non mi piace nemmeno Mirzoeff).
Detto questo, frutto più della posizione di curoso dei fatti di fotografia, in cuor mio fotografo, pellicola, 35mm, 6x6, piccola digitale, iphone, ecc. Lo continuo a fare perchè mi piace raccontare e occasionalmente ho incontrato la fotografia tanti anni fa.
Un ultima cosa. Ho appena letto "l'infinito istante" di Dryer. Me-ra-vi-gli-o-so. Alla fin fine parla del senso della fotografia. Da leggere.
a presto,
marco



Inviato: 12/1/2010 22:59
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

www.mbphoto.it
www.flickr.com/photos/marcofluens

..................
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Re: Il tema del postmoderno
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Avete tirato in ballo un bel vespaio. Cosa è definibile come fotografia? Per alcuni nemmeno quella digitale è una vera fotografia.............fra 25 anni sarà  come oggi? La fotografia attuale rientra nel più ampio novero delle arti visive? E poi: fotografia è arte? Se si quale fotografia? Un cane che si morde la coda.
Penso che rispondere sia molto complicato, soprattutto rispondere senza lasciarsi coinvolgere dalle proprie convinzioni, dai propri gusti. Ma esiste poi un solo "tipo" di fotografia? Esiste una definizione univoca e sempre valida?

Marco

Inviato: 12/1/2010 23:27
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Re: Il tema del postmoderno

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Citazione:

samuel ha scritto:
.....
Un ultima cosa. Ho appena letto "l'infinito istante" di Dryer. Me-ra-vi-gli-o-so. Alla fin fine parla del senso della fotografia. Da leggere.
....


Poi ti rispondo su tutto il resto. Confermami solo per cortesia che si tratta di "The Ongoing Moment" di Geoff Dyer, che lo compro subito: un "meraviglioso" detto da te non si puo' trascurare ...



P.S. Se fosse questo il libro la traduzione del titolo in italiano e' veramente terribile, ma lasciamo perdere ...

Inviato: 13/1/2010 11:35
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Re: Il tema del postmoderno

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Esattamente, é lui. Ho sbagliato a scrivere l'autore, é ovviamente Dyer. Sulla traduzione prendo atto, mi spiegherai bene. L'ho letto parallelamente a quello di McCullin (ne ho già  scritto) e a quello di Lugon sulla fotografia documentaria (altro libro veramente bello). Mi è piaciuto il libro di Dyer perchè affronta la fotografia attraverso una stratificazione di senso molto, ma molto interessante e coinvolgente. Fa parlare fotografie tra loro anche distanti nel tempo, racconta i fotografi che le hanno fatte sia contemporenei che non, penetrando il loro approccio e la loro filosofia di pensiero e di lavoro. E parla tra le righe, e non, di cosa puà essere il paesaggio e il paese nel suo insieme. Penso che lo rileggerà tra un po di tempo. Mi ha affascinato come percorso intellettuale e soprattutto rispetto a cosa si puà fare parlando di fotografia. Non è il primo che ha fatto questo percorso, ad esempio Greimas con "Dell'imperfezione" mette in campo un operazione di rilettura dei testi che scopri e riscopri ogni volta che lo leggi.
Se lo leggi mi dirai, e non escludo che possa darti cose molto diverse, anche non piacerti, proprio perchè é un libro che lavora con grande capacità  sulle diverse dimensioni di senso.
alla prossima,
bs
marco

Inviato: 13/1/2010 15:47
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
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Re: Il tema del postmoderno

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Citazione:

samuel ha scritto:
Sulla traduzione prendo atto, mi spiegherai bene.


Una traduzione che catturi con rigore il significato completo di "ongoing" avrebbe richiesto una perifrasi, cosa che in un titolo di libro sarebbe stata effettivamente improponibile.

Sia l'uso del sostantivo "istante" (che e' diverso da "moment", che e' molto piu' vicino all'italiano "momento") che sopratutto dell'aggettivo "infinito" (che con "ongoing" non ci azzecca proprio) rendono la traduzione criticabile.

Sempre comunque impreciso, ma pero' piu' fedele al significato originale del titolo sarebbe stato "Il Momento in Divenire".


Inviato: 13/1/2010 17:40
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Re: Il tema del postmoderno
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Io avrei scelto un sintetico "Il momento mobile".
Ora cerco il libro... grazie di queste segnalazioni.

Inviato: 13/1/2010 19:40
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Re: Il tema del postmoderno
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"Il Momento nel suo farsi" ??

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