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Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?
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Riapro qui la discussione iniziata nella sezione "Fotoavventori"...

Marco/Mxa, non credo che l'"arte e la critica d'arte vadano ognuna per proprio conto". Penso invece che proprio il lavoro paziente e amoroso di critici e filologi (spesso dietro le quinte) permette a molte opere di venire ala luce in tutta la loro bellezza e profondità . Se penso ad un'opera come la Divina Commedia che ancora oggi presenta delle cruces filologiche, nonostante il lavoro instancabile di 800 anni di studi filologici!!!!

Ma questo vale per tutte le arti, in generale... Secondo me, ciò che caratterizza la critica fotografica è solo la...giovane età  dell' "arte fotografica"!! La fotografia ha "solamente" poco più di 150 anni....è un'arte molto, molto giovane rispetto alla musica, alla pittura, alla poesia....

Vi propongo due esempi interessanti che, quasi per contrasto, ci indicano la potenza della critica come controcato indispensabile di qualsiasi opera d'arte.
Il primo è G. Verga, fotografo-scrittore. Verga amava la fotografia e compone una serie di ritratti (parenti, amici, gente del popolo, contadini) che sono la folla umana multiforme ed appassionata che popola i suoi racconti (fotografie di fine '800, ritrovate nel 1966!).
Il secondo è Pasolini (amico, tra l'altro, del grande fotografo Avedon). Nel 1959 egli viaggia attraversando l'Italia borghese e spenserata delle spiagge e delle vacanze di massa e ci regala un documento-reportage di questo viaggio: "La lunga strada di sabbia". Nel 2001 Séclier ripercorre le tracce di Pasolini con un reportage fotografico che ne scopre valenze simboliche e significati.

Lo sguardo critico non è solo "trattato ciritico", analsisi filologica o estetica. Puà esprimersi anche attraverso un'altra forma d'arte, che funge da "controcanto critico"....come la fotografia che, pur nell'autonomia della creazione artistica, puà diventare essa stessa "atto critico profondo".

Per spiegarmi meglio: quale strumento critico migliore avrebbe potuto trovare G. Verga, se non la fotografia, per spiegare la propria teoria estetica dell'"impersonalità  del narratore"?

La critica è, secondo me, l'arte che riflette su sè stessa e che si interroga sulla propria valenza, sui propri simboli, miti, significati...è un atto fondamentale, dal quale l'arte non puà prescindere e dal quale trae forza, nutrimento, la vita stessa...

Che ne pensate?

ciao!
Ale

Inviato: 30/4/2007 12:40
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?

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25/8/2005 8:38
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Diciamo allora che "l'artista" ed "il critico d'arte" vivono in mondi paralleli e molto poco comunicanti.

Io sono un fotografo piccino piccino. Ho letto con dedizione i classici (da Sontag a Barthes, e poi Thompson, Jussim, Travis e Adams, Zannier, tanto Marra etc etc). Li ho trovati estremamente interessanti, intellettualmente stimolanti, e di nessun impatto sullo sviluppo della mia modesta ricerca estetica fotografica.

Che invece e' stata ed e' tremendamente influenzata (a) dalla vita che ho vissuto, (b) dall'incontro e frequentazione di tanti anni con tre o quattro persone di culture molto diverse dalla mia (confucianesimo e scintoismo), (c) dalla musica che ho sentito e sento (il mio primo amore), (d) dalle opere di altri fotografi, (e) dalla visione di quadri ed altre rappresentazioni visive.

Ma barerei con me stesso se affermassi che un qualunque lavoro di critica fotografica che ho letto ha avuto una influenza percettibile sul mio sviluppo estetico. Con l'unica eccezione, come dicevo altrove, del libro di Adams, che guarda caso e' un fotografo.

Ma magari tutto questo e' perche' sono --- appunto --- un fotografo piccino piccino.


Inviato: 30/4/2007 13:31
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?

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8/10/2006 17:44
Da Torino
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Ale ci indica quella che puà essere la funzione della critica, "La critica è, secondo me, l'arte che riflette su sè stessa e che si interroga sulla propria valenza, sui propri simboli, miti, significati...è un atto fondamentale, dal quale l'arte non puà prescindere e dal quale trae forza, nutrimento, la vita stessa...".
Così detta la questione richiede anche una frequentazione tra gli attori in gioco, e credo che la sola lettura di libri, anche straordinari sia chiaro, possa non bastare se si vuole discutere del rapporto critico/fotografo. (diverso é la lettura di un testo rispetto alla propria poetica...Marco su questo ha detto diverse cose a proposito del suo lavoro in riferimento ad esempio a Deleuze). Ma nel rapporto con un critico la frequentazione é elemento importante. Recentemente ho avuto modo di incontrare due persone, entrambe critiche e curatrici di eventi fotografici e guardando insieme un mio lavoro recente i loro commenti mi hanno aperto a modi di guardare alle mie foto certamente più ricchi. Anch'io sono un piccolo fotografo, ma quell'incontro é stato più che utile. Certo il critico deve essere serio e bravo...insomma il critico non é solo quello che scrive su qualche rivista, ma é uno che se fa bene il suo lavoro incontra i fotografi, gli autori, gli artisti.
Poi Mxa, come abbiamo detto in altre occasioni, la parte creativa é talmente legata alle prassi soggettive che non é per nulla strutturabile a priori. Ogni fotografo incontra i propri riferimenti, stabilisce le proprie relazioni e azioni e per questo é corretto, mi sembra, poter dire che in molti atti creativi il critico non c'entra, ma c'entrano altre cose, ma qui allora si torna a quello che dice Ale e alla funzione possibile della critica. Di fare un controcanto.
bs
marco

Inviato: 30/4/2007 14:20
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

www.mbphoto.it
www.flickr.com/photos/marcofluens

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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?
Moderatore
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8/1/2005 22:33
Da Varese
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A mio modo di vedere occorre scindere il ruolo della critica in due.
Da un lato concordo con Mxa/Marco quando sostiene che difficilmente ha trovato spunti di ispirazione per quanto riguarda la sua produzione fotografica dal lavoro della critica e da testi di critica fotografica. Anche io, ed in questo a lui mi sento particolarmente vicino, ho tratto piຠstimoli da altre fonti; vuoi la pittura, vuoi la letteratura, vuoi la musica……e chi ne ha piຠne metta. Comunque tutti ambiti che non trattano specificatamente di fotografia. Semmai una “fonte” puೠessere costituita dalla visione di lavori di altri fotografi. Difficilmente da trattati di critica.
Quindi il ruolo di “ispirazione” fotografica io per la critica non ce lo vedo.
Diverso è il discorso dell’utilità  della critica per farci scoprire o chiarire o approfondire alcuni aspetti legati al lavoro altrui (oppure al nostro). E allora ha ragione anche Marco/Samuel quando dice che in questi casi si ha la possibilità  di cogliere aspetti magari trascurati e di aprire gli occhi su modi di guardare nuovi.
Non penso sia possibile chiedere alla critica di “darci” qualcosa che non è nei suoi ambiti e nelle sue possibilità . La cosa migliore sarebbe avere ben presente quali sono i suoi compiti e cosa è in grado di apportare alla nostra “cultura” fotografica (e artistica in generale), senza pretendere da essa qualcosa di diverso. Almeno, questa è la mia convinzione.

Marco

Inviato: 30/4/2007 15:11
Il mio sito

"I'm not a photographer the moment I pick up the camera.
When I pick one up, the hard work's already been done"

“To photograph reality is to photograph nothing.”

Duane Michals


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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?

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9/12/2004 21:10
Da Toscana
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Ciao,
si parla di critica e non di "critici"...infatti bisognerebbe parlare di critici. Ce ne sono di validi e di meno validi, di preparati e di interessati, di chi rivela elementi veramente interessanti e chi piscia fuor del vaso ( magari coscientemente). Pero' dalla somma delle critiche, da quelle serie e anche dalle altre ci si puo' arricchire non tanto per prendere qualcosa di utile ( ma puo' accadere ) quanto per conoscere meglio un autore. Se uno si deve mettere da solo ( e ammesso che abbia la cultura necessaria ) ad analizzare tutti gli aspetti dell'opera di un artista penso si farebbe poca strada. Cosi, valutando e vagliando secondo il proprio discernimento si puo' arrivare a capire. In questo la critica penso che abbia moltissimo valore. Per quanto riguarda poi il servirsene per indirizzare le propria opera io sono del parere che e' bene conoscere tutte le correnti artistiche ma pero' bisognerebbe cercare una via personale senza incorrere nel copiare spudoratamente questo o quell'autore. Perlomeno si puo' prendere uno spunto ma poi metterci quel tanto di inventiva, tecnica e creativita' da rendere subito identificabile la propria produzione .
Ciao,
Renzo

Inviato: 30/4/2007 16:50
.........

......
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?

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14/9/2004 23:43
Da acqua aria terra
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probabilmente , come dice samuel, il rapporto diretto tra il critico (serio e bravo) e l'autore, potrebbe sfociare in un qualcosa che tende a far si che l'autore stesso possa scoprire nuovi modi di vedere i suoi lavori.

azz ma piccoli fotografi come noi dove lo trovano un critico disposto a criticare e poi ci servirebbe veramente?

Come dicono mxa e pamar5 , la critica fotografica in generale e, per quanto mi riguarda, anche la critica dedicata a lavori altrui, anche a me, non hanno mai apportato particolari spunti interpretativi.

Questi spunti provengono da altre profonde "locations mentali", ognuno di noi conosce le proprie!

a presto,ric
www.grandespirito.it


Inviato: 30/4/2007 16:54
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?

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8/10/2006 17:44
Da Torino
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ciao pamar, concordo nel differenziare gli apporti, ed anche gli altri stanno più o meno nello stesso solco.
Se prendete l'intervista a Koudelka che in questi giorni girava nel sito, é palese quanto un grande fotografo percorra strade personalissime nel suo lavoro fotografico, talora opposte a quelle di un altro fotografo.
Per questo che nella fase strettamente creativa vedo il fotografo molto centrato sulla propria idea e forse proprio per questo poco o per nulla propenso ad accogliere altri punti di vista. Ma è dopo quando il lavoro ha preso forma che qualcosa si puà fare.
Poi ci sono, come dice falco, i critici...e qui la varietà  è vasta!!
Rictro guarda che si potrebbe fare. Si organizza una giornata di lettura portfolio, con un fotografo, con un critico (serio e bravo), la si fa da qualche parte e via.
Ci si puà pensare.
bs
marco

Inviato: 30/4/2007 17:35
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?
Utente non più registrato
Anche a me capita spesso di farmi la stessa domanda che si fa Ric: come fare per avere un parere da un critico?
Sul fatto dell'utilità  sono certo che una lettura delle immagini schietta ed onesta sia sempre utile, poi, al limite, sta un pò anche a noi stessi pesare l'importanza del parere altrui.
Ultimamente sto attraversando un periodo di "isolamento", nel senso che le immagini che sto producendo vengono viste dal sottoscritto e pochi,troppo pochi, altri.
Quindi mi capita di trovarmi sempre nella situazione di fare autocritica, che trovo uno degli esercizi mentali più difficili!! Il rischio che mi pare di correre è quello di essere troppo severo, anche se da una parte puà essere pure un bene.
Insomma...sarebbe proprio bello ed utile poter organizzare una lettura, come accennava Marco(Samuel).
Un saluto.

Giorgio

Inviato: 30/4/2007 19:46
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?
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19/9/2006 14:17
Da rho - milano
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Credo che il rapporto critico/artista sia fondamentale (in certi contesti)per la crescita di entrambi.
L'artista sta in acqua in mezzo al fiume e nuota per cercare di raggiungere la riva. Il critico è sul ponte e osserva, perchè non sa nuotare, però puà dare indicazioni sulla via migliore per raggiungere la riva.
Spesso quando si è presi dall'impeto creativo è facile essere travolti dalle emozioni e perdere la via, oppure rischiare di esprimere un concetto in modo non del tutto appropriato...ecco forse è un po' come il rapporto fra atleta/trainer...

Scusate la banale similitudine...è abbastanza tardi ..i bambini hanno la tosse ed io devo andare
buonanotte.

Inviato: 1/5/2007 0:43
http://www.carlocorradi.it
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?

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9/12/2004 21:10
Da Toscana
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Citazione:

Xerces ha scritto:
...Il critico è sul ponte e osserva, perchè non sa nuotare, però puà dare indicazioni sulla via migliore per raggiungere la riva...



Ciao,
mi piace la similitudine. In effetti un occhio esterno e per di piu' abituato ad osservare potrebbe essere utile indipendentemente dalla volonta' di raggiungere vette artistiche.
Ciao,
Renzo

Inviato: 1/5/2007 9:08
.........

......
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?
Utente non più registrato
Trovo che tutte le vostre risposte siano molto interessanti, perchè affrontano, da diversi punti di vista, il rapporto, spesso problematico, dell'autore con la propria opera d'arte e con il pubblico.
Potremmo dire che è proprio il pubblico IL CRITICO per antonomasia, perchè viene, in ogni caso, provocato dall'opera che chiede comunque una risposta, sia essa scritta, verbale, emotiva, cerebrale, annoiata, partecipata.... Una risposta che l'autore, coscientemente o meno, ricerca, desidera, osteggia, teme, sollecita....
Una risposta, una relazione comunque indispensabile.

Si potrebbe dire che, la vera vita dell'opera, comincia dopo che essa esce dalle "mani" dell'artista....e si trasforma nelle centinaia e migliaia e milioni di opere create dallo sguardo di chi la osserva, se ne appropria e, in qualche modo la trasforma secondo la propria sensibilità , esperienza, cultura...

Vi invito, se vi va, a leggere questa interessantissima intervista a Leonardo Boscani, un giovane artista multiforme ed eclettico:

http://www.giornalediconfine.net/n_3/art_12.htm

In alcune sue opere recupera e utilizza vecchie fotografie d'epoca, che poi rielabora.
Un'opera in particolare mi ha attratta, per la consonanza con l'argomento di cui stiamo trattando e cioè "Elfer der volks polizei". Come dice Boscani nell'intervista, l'immagine della scrofa è anche metafora dell'opera d'arte che riflette su sè stessa e sul suo rapporto con il critico/pubblico....

Interessante poi il "maiale arrosto con patate" offerto agli "avventori" della mostra....immagine simbolica potente a raffigurare l'atteggiamento del pubblico che si appropria dell'opera, fin quasi a fagocitarla, distruggerla, smembrarla nel desiderio di appropriarsene, di farla propria (non solo con l'atto di "acquisto"), di renderla simile a sè, in un atto ch è insieme di amore e di distruzione....

ciao,
Ale

P.s. Giorgio, se ti va, perchè non posti qualche tuo lavoro? A me interesserebbe e, se non mi sbaglio, non trovo niente dei tuoi lavori nel forum....o mi sbaglio? Grazie, ciao...








Inviato: 1/5/2007 17:19
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?
Utente non più registrato
Ciao Alessandra, interessante intervista.
Leggendo le tue parole riguardo l'inizio della vita di un'opera mi vien subito da pensare al concetto di autore.
Fino ache punto ha importanza conoscere l'autore di qualcosa?
Io non riesco a trovare una risposta, sono sempre perplesso di fronte a questo aspetto. Mi capita di trovarmi nella situazione di apprezzare sia l'autore che l'opera, ma il fine ultimo non dovrebbe essere l'opera in sè?
Io non sono ancora riuscito a farmi un'idea, e voi?
Ciao.

Giorgio

Inviato: 2/5/2007 10:11
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?

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25/2/2004 15:54
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Citazione:

Roots ha scritto:


Si potrebbe dire che, la vera vita dell'opera, comincia dopo che essa esce dalle "mani" dell'artista....e si trasforma nelle centinaia e migliaia e milioni di opere create dallo sguardo di chi la osserva, se ne appropria e, in qualche modo la trasforma secondo la propria sensibilità , esperienza, cultura...



Se non ricordo male, e' un po' il concetto di "opera aperta" esposto nello storico testo di Umberto Eco. L'opera d'arte non e' definita in modo univoco, ma costituisce un campo di possibilita' con cui interagire, che fornisce esperienze diverse a seconda della lettura.

Un concetto mutuato dalla meccanica quantistica, secondo la quale le grandezze fisiche in generale non hanno un valore a priori, tale valore essendo sempre il risultato di una interazione (misura). Concetto avversato da chi ritiene la realta' fisica univoca e determinata a prescindere, eventualmente opera di un Creatore (vedi Einstein)

Nell'opera d'Arte c'e' chi tende a privilegiare la visione e le intenzioni dell'Autore (l'analogo del Creatore nel caso dell'universo fisico), chi piuttosto l'atto della fruizione (la misura nell'analogia).

Inviato: 3/5/2007 0:46
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?
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Nel mio piccolo, non credo esista una risposta definitiva alla domanda di Giorgio.
Non esistono due concetti uguali di arte, o di opera d'arte; né due modi uguali di intenderla.
Ognuno si accosterà  ad un'opera con le proprie convinzione, il proprio modo di viverla e di farla propria... perché vuole arrivare a comprendere dall'opera quello che era lo spunto dell'autore, o perché vuole rifletterci se stesso.

Personalmente mi piacerebbe che quando propongo qualcosa, chi si dà  la pena di osservare questo qualcosa cerchi di capire il mio spunto prima che vederci cose proprie. Ma è solo il mio personale punto di vista.

Fer

Inviato: 3/5/2007 1:10
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** Si ricorda di leggere bene il REGOLAMENTO ** ....
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?
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A proposito di Umberto Eco, oltre al concetto di Opera aperta, che risale al 1962, in un dialogo con Richard Rorty ("Interpretazione e sovrainterpretazione", saggio del 1995) Eco sostiene che un testo (ma vale ovviamente per qualsiasi forma d'arte!) non è un luogo astratto dove l'autore porta le parole e il lettore il significato: " assumere che l'unica decisione spetti all'interprete ha, nella storia del pensiero, un nome: idealismo magico". Il critico non è un artista che reinterpreta liberamente quanto analizza. Spostare l'attenzione dall'opera all'interpretazione, mortifica il testo e trasformano l'attività  critica in una forma di riscrittura pseudocreativa che puà anche arrivare a nascondere il messaggio originale e "naturale" dell'opera.
E poi afferma che: "anche la sovrainterpretazione è feconda, sono d'accordo anche con l'idea del sospetto ermeneutico...".

E poi ancora, Fer, si affianca a te nel cercare di rimanere fedele al testo/pittura/fotografia: " ... sono convinto che il fatto che i tre porcellini siano tre e non due o quattro sia di qualche sostanza."

L'autore semina nell'opera, indizi imprescindibili.....

Ma è davvero così?

ciao,
Ale

Inviato: 5/5/2007 14:54
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?
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Molto bella questa citazione di Eco.

Mi chiedo però fino a che punto lui, essendo anche apprezzato autore di letteratura, sia assolutamente obiettivo in questa sua difesa (che peraltro mi trova completamente d'accordo) del ruolo dell'autore nella collocazione del significato dell'opera.

Ora però il discorso si fa delicato... c'è fotografia e fotografia, nel senso del significato che l'autore dà  al proprio operare.
C'è oggi chi persegue una poetica che fa dell'opera un mezzo di diffusione del proprio pensiero, volendo quindi veicolare un messaggio, un'idea, una denuncia, attraverso l'opera.
Per rimanere su Fotoavventure mi viene subito in mente il progetto "Working Class" di Cristina e Marco, anche se in quel caso non c'è una propaganda militante ma più, credo, l'assecondare una propria necessità  di catturare una certa realtà  in cui sono immersi.

In questo caso, secondo me, è davvero necessario che il messaggio, la pulsione alla base di una certa ricerca e quindi di una certa opera, sia raccolto dall'utente dell'opera stessa. Altrimenti si perde l'idea che c'è alla base, che alla fine è anche più importante dell'opera stessa ( adesso arriva Renzo con i pomodori...). Questo puà richiedere all'utente di studiare l'intero progetto (e non la singola fotografia), documentarsi sulla ricerca effettuata, vedere le opere precedenti, magari anche studiare la biografia dell'autore e le eventuali note di accompagno.
Altra citazione locale: Renzo e i suoi paesi medievali, con la precisa ricerca storiografica e architettonica, con la volontà  di preservare la memoria e anzi rinvigorirla offrendola alla vista.

Però in altri casi l'autore volutamente si nasconde, offre un'opera aperta e se ne sta alla finestra a vedere cosa succede. Magari sfrutta anche la confusione che si crea, le eventuali contrapposizioni interpretative, l'entropia. Non vuole "dire" niente esplicitamente, ha assecondato una sua necessità  espressiva e poi la dà  al mondo che puà farci quello che vuole, non c'è il significato "giusto" o "sbagliato". Ad esempio i ritratti di Deborah...

Qui ho difficoltà  perché non mi è mai capitato di lavorare così: in linea di massima personalmente ho un'idea dietro e mi piace che arrivi.
Dico però che difficilmente si puà trovare una "regola totale", specie poi oggi nell'arte contemporanea.

Fer

Inviato: 5/5/2007 15:14
Tessera C.F.A.O. n°14
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** Si ricorda di leggere bene il REGOLAMENTO ** ....
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?

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Beh, visto che tutto sommato mi sembra che si possa discutere un po' a "ruota libera" sul tema senza essere , provo a dire la mia.

Credo che l'autore non possa svolgere fino in fondo il ruolo di Creatore Onnisciente, di progettista delle proprie opere. Penso che sia comunque in parte anche "lettore" di se stesso, e che in qualche modo sia inevitabile che la sua creazione si animi di vita propria, che arrivi in certi casi a sorprenderlo. Fenomeno che viene solitamente indicato con il termine "ispirazione". Piuttosto che creatore, l'autore si fa strumento di una creazione.

Il ricorso all'aleatorieta' nei processi creativi (pratica soprattutto contemporanea, ma anche Mozart tirava i dadi..) e' forse un modo esplicito di mettere in pratica questo concetto.
Ma quando si scava nel profondo del proprio essere (= inconscio ?), possono aprirsi orizzonti inconcepiti fino a quel momento.

Tutto questo giro di parole per dire che e' giusto cercare di comprendere "cosa ha voluto dire l'autore" ma che magari in certi casi o almeno in parte "non lo sa neanche lui", ed e' bene che sia cosi'..

Inviato: 5/5/2007 21:27
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?

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Ciao,
vedo che Fernando mi ha tirato in ballo...
E' un pensiero che ha attraversato la mia mente piu' volte.
Il diverso intento mio nel fotografare i paesi, di fotografare il medioevo, e di altri autori anche qui sul forum. Ci sono varie sfaccetature dalla fotografia, vari intenti, vari modi di intenderla.
C'e' chi produce immagini di felci, alberi, fiumi, con l'intento sia poetico di immortalare aspetti della natura ma anche di sfida tecnica basata sul sistema zonale per ottenere una foto con tutte le tonalita' possibili. Quindi soggetto e tecnica.
Chi invece riprende un paesaggio martoriato, abbandonato, stravolto per per lanciare denuncie sociali.
C'e' chi realizza ritratti per imprigionarci la personalita' del soggeto ritratto e chi si serve della figura umana come di una marionetta per muoverla secondo una propria scenografia.
Chi fotografa certe condizioni di vita per suscitare riflessioni.
Chi vuole soltanto documentare.
Tutti piu' o meno ricercano una creativita' ma il messaggio e' diverso. Io sono arrivato alla conclusione che la fotografia in tutti i casi precedenti diventa un tramite artistico quando si fa pittura, quando l'autore trascende dal mezzo che ha a disposizione e "disegna" un mondo che non e' solo riproduzione del reale ma una estroflessione della propria sensibilita'. Si puo' arrivare a questo effetto anche con l'esaltazione estrema della definizione dei particolari, con l'alterare l'illuminazioni o il colore ambientale.
Il messaggio puo' essere piu' o meno facile da decifrare perche' a volte ricco di aspetti simbolici che necessitano di una preparazione specifica per poter essere rivelati e in questo caso la Critica puo' essere utile in quanto puo' evidenziare varie interpretazioni tra le quali l'osservatore puo' scegliere quella a lui piu' consona.
Si, perche' e' inevitabile che anche l'osservatore ci metta del suo nella interpretazione di un'opera a volte fino a vederne una diversa dalle intenzioni dell'autore e non so se e' giusto.
Buonanotte,
Renzo


Inviato: 6/5/2007 1:51
.........

......
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?
Utente non più registrato
L’argomento è di quelli che vanno a toccare le corde profonde dell’uomo e in questo Forum ogni tanto ricompare sempre più ricco di nuovi apporti. Sono andato a rivedermi i miei interventi da quando sono iscritto a Fotoavventure e ho voluto confrontarli con questo. Ne è uscito questa specie di decalogo al quale personalmente mi attengo senza crearmi scuse facili, senza tirarmi indietro alle pagine difficili, senza rinunciare a capire o a farmi impressionare dalle difficoltà . L’unica cosa che temo veramente e l’ignoranza, la saccenteria, il birignao esibizionista.

- Il dualismo operatore – critico è freudiano, romantico e poco praticabile per vari complessi di inferiorità  e superiorità  che vi sono naturalmente insiti.
- Contro la subalternità  culturale l’operatore oppone la (supposta) creatività  (concetto romantico del buon selvaggio, che molti danni ha fatto illudendo schiere di persone convinte di aver trovato una scorciatoia alla propria carenza culturale).
- Il vero critico è positivo, discute, propone, fornisce chiavi lettura, vie possibili da seguire; il
finto critico assume il potere del “dotto” del “sapiente”, assoggettando l’operatore. Poi ci sono collezionisti (un tempo si chiamavano mecenati e grazie a loro abbiamo la maggioranza delle opere d’arte esistenti fino alla prima metà  dell’Ottocento), galleristi e mercanti (queste figure spesso si assumano in una persona, ma bisogna starci attenti…).
- Mettendosi nei panni dell’operatore con complessi di inferiorità : verifica severa del proprio bagaglio culturale che non deve essere necessariamente solo fotografico (se uno si abbevera ad una sola fonte va a finire che vede con gli occhi degli altri e sempre di seconda mano); apertura secondo, le proprie “affinità  elettive”, all’approfondimento di un tema vicino alle proprie caratteristiche personali: leggere, studiare, adoperare ogni momento del proprio tempo per crearsi un proprio bagaglio originale (imperativo: no scorrere Internet credendo di trovare qualche notizia); specializzarsi non è riduttivo, fa perdere meno tempo, finalizza e organizza il proprio agire (se poi vogliamo fare passeggiate con la macchina fotografica al guinzaglio non lamentiamoci se non siamo soddisfatti).
- Lo scopo del fare: per sé (si corre il rischio dell’autoreferenzialismo), per mostrare (si corre il rischio di fare operazioni “medie”, “piacevoli” per un pubblico che non si emoziona che è distratto: il pubblico non è un buon critico, è pieno di luoghi comuni). Non confondere la ricerca del successo con la ricerca intima.
- Come uscirne? Con un’apparente arroganza luciferina, col tentare di assommare in se l’aspetto creativo, culturale e tecnico, soprattutto se si è privi di quel misterioso dono che è la genialità  che fa catalizzare nelle proprie opere, con “naturalezza”, le tre cose citate prima, sapendole poi spiegare, descrivere al critico, allo storico della critica, preferisco, perché quest’ultimo assomma oltre la conoscenze dell’attuale anche i possibili puntelli del passato, le cosiddette radici.
- Conclusione: abbiamo un po’ tutti ragione; i libri che sono stati citati fanno parte delle nostre biblioteche; gli scambi stimolanti con persone di grande preparazione devono essere positivi: bisogna solo partire come hanno fatto tanti bei nomi dell’arte (e la fotografia), della critica (non solo fotografica), della letteratura, del cinema, …

Andando a fare foto vi capiterà  vi “vederle” belle e pronte, solo il tempo di scattare e ve le ritroverete in una bellissima stampa: in quel momento vi eravate dimenticati di essere artisti…
Buon lavoro a tutti, Candidus

Inviato: 6/5/2007 12:11
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Re: Séclier e "La lunga strada di sabbia": critica fotografica o fotografia critica?

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8/10/2006 17:44
Da Torino
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ancora sul rapporto fotografo/fotografia...la fotografia ha una sua natura bifronte. C'è l'autore che lascia le sue tracce, talvolta deboli, talvolta energiche; la maggior parte dei grandi fotografi lascia tracce energiche e dichiara la propria presenza. In fondo la fotografia é un testo e come tale rimanda alla cultura che lo ha prodotto, rimanda anche all'autore. C'è poi la fotografia che incontra altri testi (altre fotografie, ma anche il cinema, la letteratura, l'arte) e con loro dialoga attraverso la mediazione di qualcuno che non é più l'autore, ma é lo spettatore, il critico o il visitatore di una mostra, o il lettore di un libro. Vive così un'altra vita.
Ma per me, l'anello di congiunzione di queste due facce, é la fotografia, sempre come testo, all'interno del quale si costruisce il significato. Per quanto possa il ricevente produrre un proprio percorso interpretativo - tanto più il testo é aperto - lo fa a partire da un testo, dalla fotografia. Greimas ci ricorda che "fuor dal testo non c'è salvezza" e per quanto si possa ridiscutere, il concetto mi sembra ancora pieno di senso.
bs
marco

Inviato: 6/5/2007 14:59
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

www.mbphoto.it
www.flickr.com/photos/marcofluens

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