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Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
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Grazie ad un articolo recente apparso su Galerie Photo, ottimo sito francese in cui la fotografia a grande formato riceve una attenzione "particolare" , mi sono accorto che qui su Fotoavventure non abbiamo mai parlato di Gregory Crewdson, uno dei fotografi più interessanti, ed in un certo senso innovativi, degli ultimi anni.

Io e Cristina abbiamo scoperto Crewdson circa un anno e mezzo fa, e ricordo che rimanemmo quasi folgorati dalle sue immagini più recenti, quelle delle serie Beneath the Roses, Dream House, Twilight, al di là  degli aspetti formali e tematici (di cui spero avremo modo di parlare ed approfondire in questo topic), ci ha subito colpito questa sua idea della fotografia che gravita attorno a riferimenti che sono prettamente fotografici, in cui le immagini sembrano degli still life, dei singoli fotogrammi, tratti da un film, in cui le riprese avvengono all'interno di set molto complessi, in cui le scene sono costruite e riscostruite con una cura maniacale dei minimi dettagli, in cui si utilizzano anche effetti speciali, appunto come avviene su un set cinematografico, ed infatti Crewdson utilizza una vera e propria troupe di tecnici ed assistenti per realizzare le sue immagini...btw, lavora con un bamco ottico 20x25cm, altra cosa che ha attratto me e Cristina...

Sui temi, gli aspetti concettuali e formali della sua fotografia, spero avremo modo di discutere ampiamente in questo topic, per il momento mi piace sottolineare che una delle cose che io e Cristina riteniamo più interessanti, è il fatto che le immagini più riuscite di Crewdson siano quelle in cui l'elemento narrativo, che è invece fondante nel cinema, è minimo o poco accennato, a testimoniare la complessità  della sua fotografia, ed anche la complessità  delle relazioni tra cinema e fotografia nelle immagini di Crewdson, che non è un semplice "scambio" di forme, ispirazioni, pulsioni e tecniche tra cinema e fotografia, se fosse così allora le sue immagini sarebbero uno sterile esercizio stilistico, ed invece con Crewdson spesso siamo di fronte a qualcosa di assolutamente innovativo, questo "scambio" di nutrimenti tra cinema e fotografia ci porta in territori inesplorati, là  dove i termini che definiscono entrambe le discipline si rivestono di inediti significati e funzioni...

Sotto certi punti di vista mi ricorda l'operazione che ha fatto Erwin Olaf, altro famosissimo "stage photographer", quando ha scandalosamente mescolato aspetti della fotografia di moda/glamour, con la fotografia concettuale...

Qui una serie di immagini, cmq basta fare una ricerca su Google e su Crewdson saltano fuori tantissimi link...







Inviato: 5/9/2007 11:13
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
Utente non più registrato
Il lavoro di Crewdson pone varie questioni.
L'uso di un set (stage photography) assimila l'atto fotografico a quello del cinema di finzione. In questo senso la sua operazione mi pare erede del lavoro di Cindy Sherman, antesignana di una fotografia ispirata alla mitologia cinematografica. Anche i riferimenti pittorici (es.: Edward Hopper) non sono secondari. Anzi, come gran parte della fotografia praticata oggi in ambito d'arte contemporanea si puà parlare di "New Pictorialism", così lo definirei, cioè di un ritorno vittorioso del Pittorialismo messo nella cantina della storia dal modernista Alfred Stieglitz. Il perché, a mio parere, è presto detto: la pittura è simbolica, si vende bene, è piacevole, arreda e non crea problemi. Penso che questa involuzione, così la vedo io, sia dovuta non tanto alla falsa rivoluzione digitale quanto alla necessità  per il sistema sociale, tutti noi cioè, di allontanare la fotografia dai fatti. Mettere in scena invece di essere lì dove le cose capitano è più "politicamente corretto". Si pensi a quanto sia progressivamente sempre più difficile non solo fotografare una persona, ma persino un luogo (diritto d'immagine esteso alla proprietà  privata).
Infine una nota sul formato (il 20x25...). Si tratta solo di una pura necessità  pittorialista. Lo dice bene anche Massimo Vitali che se potesse scatterebbe le sue foto di spiagge con una compattina, ma per fare i metri quadri necessari ai tableaux oggi di moda è obbligato ai disagi del 20x25.

Un caro saluto a te e a tutti.

Fulvio

Inviato: 5/9/2007 11:42
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
Utente non più registrato
Grazie Fulvio,
Oltre ad aver avuto il piacere di conoscerti e di vedere le tue foto (dal vivo) ora ho anche il piacere di leggere le tue parole (interessante in particolar modo il discorso sui diritti del fotografo).

Credo, come te, che questo Pittorialismo sia una fuga dalla realtà . E' una costante del nostro tempo in cui i mezzi di comunicazione di massa distraggono continuamente l'attenzione delle masse. In cui il politically correct viene usato a sproposito per non pensare piuttosto che per evitare di offendere.

Crewdson per me è asettico e finto, costruito. E' un genere molto apprezzato ultimamente (mi ricordo la premiazione di Erwin Olaf agli International Color Awards).

Un saluto,
Alessandro

Inviato: 5/9/2007 12:15
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
Utente non più registrato
Grazie della segnalazione, Marco. E' un autore che non conoscevo, e quindi non ho potuto che sfogliare alcune sue foto sul web. Non sono molto affascinato dalla stage photography, devo dire, se non per un interesse puramente tecnico. Comincio tra l'altro a sentire odore di "maniera" nel genere.

Interessantissime le considerazioni di Fulvio.
Cito parzialmente:

"Penso che questa involuzione, così la vedo io, sia dovuta non tanto alla falsa rivoluzione digitale quanto alla necessità  per il sistema sociale, tutti noi cioè, di allontanare la fotografia dai fatti. Mettere in scena invece di essere lì dove le cose capitano è più "politicamente corretto". Si pensi a quanto sia progressivamente sempre più difficile non solo fotografare una persona, ma persino un luogo (diritto d'immagine esteso alla proprietà  privata)."

Sono totalmente e tragicamente d'accordo con te. Su Vitali poi si potrebbe aprire un topic a parte...


Alberto

Inviato: 5/9/2007 12:41
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.

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Una volta di piu' sono convinto, al di la' delle spigazioni e commenti che leggo, che bisognerebbe avere di fronte le opere stampate e montate. Cosi' come le vedo via web non riesco neppure a distinguerle da dei veri e propri disegni, o, al massimo, fotografie ridipinte a mano.

Mi sembrano pertinenti gli accostamenti che vengono fatti con Jeff Wall e con Hopper per certi versi, ma non arrivo comunque a stabilire un contatto di prima mano, insomma a farmene un'idea personale.

Inviato: 5/9/2007 14:06
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
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Grazie a te Alessandro per l'apprezzamento che mi esprimi.
Nell'occasione ho scoperto e, a mia volta, apprezzato il tuo sito. Ora è linkato al mio.

Ciao e alla prossima

Fulvio

Inviato: 5/9/2007 14:41
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
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Citazione:

Sono totalmente e tragicamente d'accordo con te.




Grazie e ciao Alberto.

Fulvio

Inviato: 5/9/2007 14:43
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
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borful ha scritto:
cioè di un ritorno vittorioso del Pittorialismo messo nella cantina della storia dal modernista Alfred Stieglitz. Il perché, a mio parere, è presto detto: la pittura è simbolica, si vende bene, è piacevole, arreda e non crea problemi. Penso che questa involuzione, così la vedo io, sia dovuta non tanto alla falsa rivoluzione digitale quanto alla necessità  per il sistema sociale, tutti noi cioè, di allontanare la fotografia dai fatti. Mettere in scena invece di essere lì dove le cose capitano è più "politicamente corretto".


Ciao Fulvio, ben "tornato",
interessante la tua osservazione. Un punto di vista che ha un suo perchè ed ottime motivazioni. Non entro nel merito di un giudizio ditretto del lavoro dell'autore presentato da Marco (grazie per la segnalazione ) perchè non mi convince pienamente, ma vorrei offrire un'interpretazione "opposta" alla tua (non perchè è la "mia" visione delle cose ma solo per offrire un altro punto di vista, diciamo così "antitetico"). Questa realizzazione di "realtà  irreali" costruite a tavolino non potrebbe avere come scopo quello di presentare aspetti della realtà  nascosti piuttosto che allontanare la fotografia dai fatti? Insomma una costruzione di realtà  che permetta di sviscerare e rendere percepibili aspetti della "realtà  dei fatti" che per varie ragioni vengono nascosti all'osservazione quotidiana a causa (ipotizzo..) di tutta una serie di condizionamenti culturali e sociali ai quali siamo talmente avvezzi da non renderci conto che ci impediscono di cogliere dettagli a loro modo importanti delle cose. Queste rappresentazioni a loro modo teatrali della realtà  allora potrebbero voler non nascondere la "realtà  dei fatti" ma farcela vedere da un'altra angolazione.

Marco

Inviato: 6/9/2007 21:12
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"I'm not a photographer the moment I pick up the camera.
When I pick one up, the hard work's already been done"

“To photograph reality is to photograph nothing.”

Duane Michals


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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
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Ciao Marco,
grazie del ben tornato!
Sono di partenza e tornerà a connettermi con Fotoavventure non prima di martedì. Nel frattempo masticherà con calma lo spunto che proponi. Così a caldo mi suona "revisionista". Da qualche anno si tende a pareggiare gli estremi per fare di "tutta l'erba un fascio" )
Sarebbe forse comodo e pacificante, ma io mi ostino a pensare che non sia così. Sarà  perché mi sono formato nel '77?
Cmq, secondo me, la fotografia ha un suo potere peculiare che è quello di permettere la conoscenza, ripeto CONOSCENZA, degli aspetti esperibili con la vista dell'esperienza umana. Certo li stravolge, li interpreta, ecc. ecc., ma il dato rimane. Penso quindi che invece di inseguire pittura e cinema, dovrebbe fare quello che fa meglio: conoscere. Se le costruzioni che si vedono nelle fotografie dei coniugi Becher fossero modellini come quelli delle foto di Thomas Demand, per me non sarebbe la stessa cosa. Di "Second life" ce n'è già  fin troppa.

Un caro saluto e a presto.
Fulvio

Inviato: 7/9/2007 8:40
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.

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Ciao Marco, e grazie della segnalazione.
Se vogliamo concepire la fotografia come Arte, bisogna accettare anche che non debba per forza rappresentare la "vera" realta' ma anche quella dei nostri sogni, una realta' che fino all'avvento della fotografia si era potuto rappresentare con la pittura. Nelle foto dell'autore che hai presentato il cinema ce lo vedo solo per l'uso delle luci.
Io qualche tempo fa proposi l'uso della luce artificiale come elemento creativo se non addirittura come soggetto di una foto.
Non fui molto seguito e anzi ebbi parecchi pareri contrari che sostenevano grosso modo che in fotografia si deve sfruttare la luce naturale.
Crewdson non fa della fotografia, usa la fotografia, sfrutta il mezzo ma non fa della fotografia. La sua e' pittura, creazione, invenzione, estrinsecazione di una realta' non reale, sognata. D'altronde anche la presenza umana assume un aspetto artificiale, non sembra vivere, e' in sintonia con lo scenario. Forse e' piu' "arte" della rappresentazione fotografica del reale.
Ciao,
Renzo

E un bentornato anche a Fulvio

Inviato: 7/9/2007 10:08
.........

......
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
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Non darei una grande importanza, nei lavori di Crewdson, ad una eventuale rapporto con il cinema. Sono convinto che non stia lì l'interesse che puà suscitare tale opera. Non è nemmeno il pittorialismo, in parte presente nella citazione evidente di un passato che esteticamente si fa sentire, e nemmeno quel manierismo che un po' c'è, ma che soccombe di fronte a quello che, a mio giudizio, è il nodo cruciale di queste opere, che trovo sia quanto stanno facendo le figure umane rappresentate.

Nelle loro azioni, posizioni, espressioni è evidente una posizione critica rispetto a stili, simboli ed estetica di una america che non è forse tanto contemporanea, ma un poco ripresa da altri, dal passato: è forse questo il limite più grande di questi lavori.


Andrea

Inviato: 7/9/2007 16:38
sono moderno, non contemporaneo
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
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Riprendo il concetto acutamente espesso da Fulvio:
mi pare incontestabile che gli spazi di libertà  e di manovra di chi intende catturare immagini di "conoscenza" - ma forse di potrebbe dire anche solo di "informazione" - si sono ridotti. Mi chiedo spesso se i grandi reportagisti del passato potrebbero rifare al giorno d’oggi ciò che gli era stato possibile 30 o 40 anni fa. Forse no.
Dove non sono cresciuti a dismisura i rischi (come la pratica impossibilità  di documentare le azioni militari in teatri di guerra come l'Irak o l' Afganistan o tanti altri), sono cresciuti i divieti - reali o anche solo impliciti - nella ripresa di persone e perfino, come giustamente notato, di cose. Una certa pigrizia, fisica e mentale, indotta da questo stato di cose, fa il resto…
In questa prospettiva, non si puà che concordare: c'è una qualche involuzione. Abbiamo oggi mezzi di ripresa sofisticatissimi e meravigliosi, che i nostri predecessori non si sarebbero neppure sognati. Ma i soggetti e le situazioni in cui possiamo usarli sembrano diminuire (fa un pò specie dire questo dopo Vallettopoli, in cui sembra che i fotografi detengano uno strapotere sulle immagini di chiunque, ma tant'è...a ben vedere in effetti son finiti sotto inchiesta, a torto o a ragione, si vedrà ).

D'altra parte non mi pare corretto, alla luce di questa chiave critica, valutare negativamente le produzioni di Autori che, come appunto Gregory Crewdon, evidentemente non si propongono di offrirci una documentazione della "realtà  delle cose" (ammesso che queste parole abbiano un senso oggettivo), ma piuttosto di mostrarci i loro fantasmi, le loro visioni, le loro atmosfere interiori. Utilizzando a tal fine artifici e messe in scena, chiamiamoli pure pittorialismi, anche molto espliciti ed evidenti.

Le osservazioni di cui si diceva all’inizio sono incontestabili. Un pò meno incontestabile è il giudizio negativo su quanto non risponde a certi criteri di "realismo" (mi verrebbe da dire "socialista", perchè ci sento un pochino di ideologismo o almeno di posizione politica: anche questa, a sua volta, molto, ma molto soggetta al "politically correct" a dimostrare che le cose son sempre un pochino più complicate di come sembrano )

Così come nella Pittura ci son state e ci sono tuttora correnti che si richiamano al realismo piuttosto che all'astrattismo, al surrealismo o al concettuale o a quant'altro. E come in altre arti pure esistono di consimili ramificazioni espressive, mi sembrerebbe riduttivo affermare che invece la Fotografia, o è una certa cosa e risponde a certi criteri, oppure non è.

Per quanto riguarda Gregory Crewdon, ovviamente la prima considerazione è che, non avendo visto le opere dal vero, il mio giudizio è un non giudizio, che vale davvero poco. Giusto un'impressione.

Per quel che si puà vedere nelle riproduzioni, Gregory Crewdon non mi fa impazzire. Non dico che non abbia un suo valore e significato, ma non mi coinvolge emotivamente in maniera profonda. E questo a dispetto della incredibile larghezza di mezzi che puà permettersi e della indubbia capacità  tecnica di padroneggiare luce e materia.
Credo che il motivo principale derivi dall'avermi le sue immagini, fin dal primo istante, richiamato le opere di Edward Hopper (che infatti è stato largamente citato, tra i suoi riferimenti iconici). Ma proprio al confronto con Hopper saltano agli occhi la diversa qualità  di vita e di valenza spicologica.
Laddove le opere di Hopper ci fanno sentire, pur in ambienti e situazioni urbane modeste e degradate, il soffio della vita e ci fanno intuire la psicologia e la commedia e il dramma delle quotidiane esistenze, le immagini di Crewdon restano fredde e senza vita: manichini e messe in scena senza anima. nè storie da raccontarci. Superfluo allora dire quali preferisco esempio1
esempio 2 esempio 3 esempio 4

Ma questa mia opinione deriva da una valutazione e da un mio gusto personale.
Altra cosa è contestare a Crewdon di non scendere in strada, perchè solo lì ci sarebbe la conoscenza: per me questo non è necessariamente vero. Magari dal balcone si vede meglio, la realtà .
O addirittura dal tinello, o dalla camera da letto...dal cesso poi non parliamone neppure.





Inviato: 8/9/2007 6:22
Tessera C.F.A.O n. 3

"Tempo fa ero indeciso, ma ora non ne sono più così sicuro" Boscoe Pertwee

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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
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Grazie del bentornato Renzo!
In realtà  sono "di passaggio", come le mie "scene". In questo periodo sono più sul campo che in postproduzione e quindi rimango lontano dal PC e da Internet.
Solo una precisazione: il tono "assertivo" del mio ragionare, che un po' mi viene di carattere e un po' per necessità  di sintesi, non vorrei che traesse in inganno. Per me non esiste un solo e canonico "modo" di fare e usare la fotografia. Ne esistono migliaia e ne esisteranno, spero, altre migliaia ancora, sennà dove sarebbe il divertimento?
Facevo solo una considerazione politica, in senso lato, su quale sia la fotografia più interessante da praticare oggi. IMHO ovviamente.

Un caro saluto

Fulvio

Inviato: 12/9/2007 13:18
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
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Citazione:

luciano ha scritto:
Le osservazioni di cui si diceva all’inizio sono incontestabili. Un pò meno incontestabile è il giudizio negativo su quanto non risponde a certi criteri di "realismo" (mi verrebbe da dire "socialista", perchè ci sento un pochino di ideologismo o almeno di posizione politica: anche questa, a sua volta, molto, ma molto soggetta al "politically correct" a dimostrare che le cose son sempre un pochino più complicate di come sembrano )


Ciao Luciano,
leggendo il tuo passo in quota ho avvertito il timore di non essermi spiegato bene. Il mio parere su Crewdson, ché "giudizio" mi sembra sempre un termine troppo ultimativo, non è negativo. Ho visto al Castello di Rivoli qualche anno fa le sue opere dal vivo e mi hanno impressionato molto favorevolmente. L'autore è capace di mettere in scena con grande efficacia le sue visioni. Così come d'altronde gli autori storici del Pittorialismo erano dei virtuosi della camera oscura e producevano opere di tutto rispetto.
Il problema è un altro ed è certamente politico, in senso culturale sia chiaro (giusto per evitare le ormai insopportabili etichettine faziose che vanno tanto di moda in Italia da troppi anni). L'azione di un autore non si svolge in paradiso, ma nella realtà  storica. Vi sono quindi opere che sono più o meno "gradevoli" per il sistema sociale a seconda del periodo. Stieglitz, che fu dapprima un bravissimo pittorialista, ed inizialmente si adoperò per sviluppare al massimo quell'ambito di ricerca, comprese che solo portando l'attenzione sui luoghi "nuovi" (come lo era la New York del primo Novecento), con un metodo di ripresa e stampa ripulito da ogni orpello, si poteva davvero dire qualcosa di interessante, e per questo magari un filino scomodo, sui suoi tempi. I tempi però corrono. Nel giro di uno o due decenni quella lezione divenne prima accademia e poi dogma, che ancora oggi viene stancamente celebrato dagli epigoni di Ansel Adams.
In questo preciso senso, mi pare, che adesso l'accademia siano i Neopittorialisti, come Crewdson, mentre ritengo sia più importante usare la fotografia per "conoscere" (che non significa né "documentare", né "informare"). Conoscere nel senso di Garry Winogrand (per vedere come sembrano le cose in fotografia). Quindi con uno sguardo rivolto al tanto da vedere e non visto che ci circonda ogni giorno a due centimetri dal nostro naso.

Tutto questo detto molto malamente

Ti saluto

Fulvio


Inviato: 12/9/2007 13:40
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Re: Gregory Crewdson e le strane commistioni tra fotografia e cinema.
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Prima di tutto un ringraziamento per gli interventi che ho letto, veramente, i punti di vista espressi da ognuno di voi sono articolati, appassionati, mi hanno fatto riflettere e anche parecchio...come avrete capito dal mio "cappello" introduttivo non amo tutte ed indiscriminatamente le immagini di Crewdson, personalmente ho delle perplessità  quando l'aspetto narrativo in alcune immagini diventa veramente rindondante, riferisce ed afferisce solo a se stesso, ad una struttura rigida di significanti a loro volta rindondanti con il senso comunente accettato, e da lì non si esce, non ci sono linee di fuga, non ci sono scoperte, ed alla fine tutto implode...così come mi ha fatto piacere che sia uscito il tema del Pittorialismo, che è evidente in Crewdson, così come sono d'accordo con Fulvio quando dice che la fotografia non deve imitare la pittura, o il cinema, però aggiungo subito che guai però se non assorbisse e non fosse continuamente attraversate da influenze che provengono dalla pittura, dalla musica, dalla poesia, cioè se non facesse sue le suggestioni che arrivamno da altri linguaggi e non le utilizzasse poi nel proprio modo/mondo, "traducendole" nel proprio linguaggio precipuo, e tradurre non significa imitare ma far diventare queste influenze qualcosa di completamente diverso di quello che erano nelle loro discipline/linguaggi di provenienza, trasformandole e plasmandole a suo piacimento, penso sia in questo processo che nascano tante linee di fuga, di scoperta di nuovi orizzonti all'interno di una disciplina artistica, ma questo appunto penso valga non solo per la fotografia ma anche per tutte le altre discipline artistiche...mmmhhhhh, non so se è chiaro ...

Comunque, tornando a Crewdson, per far meglio capire cosa mi interessa di alcune delle sue immagini, eccone una in cui c'è molto di quello che personalmente cerco, e parlo solo di aspetti concettuali, niente che attenga al formale:


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In questa immagine c'è tutto.
Una linea molare, rigida, il muro bianco granitico ed asfissiante del significato, la casa/famiglia, madre-bimbo, una situazione terribilmente edipica.
Poi delle linee molecolari che, pur afferendo al muro bianco del significato, creano crepe, piccoli cedimenti strutturali, devianze, madre e figlio che dormono, ma una completamente disinteressata di tutto ciò che le sta intorno, l'altro in modo innaturale sul pavimento, potrebbe essere svenuto, o morto.
E poi una vera e propria linea di fuga, che trapassa e trafora il muro bianco del significante, una deteritorrializzazione che ci porta nel vuoto, ci toglie qualsiasi riferimento di senso, per ricominciare a respirare bisogna riterritorializzare ed in fretta, siamo in apnea, anche il buco nero del soggetto viene triturato, cosa è quella figura alla finestra?, quel padre non padre assassino ectoplasma viandante psicopatico antenato, cosa ci fa li?, figura fluida e nomade, qui Crewdson traccia una linea di fuga reale, una linea di vita, di deterritorializzazione concreta, verso un mondo altro, un senso altro...

Ripeto, questo nelle immagini di Crewdson non capita spesso, anzi capita molto raramente, il più delle volte c'è solo rindondanza narrativa (ma anche di senso), pittorialismo nel senso e nei modi espressi da Fulvio, ed anche in una immagine come quella che ho commentato si rischia fortemente solo rindondanza (pensiamo solo alla situazione fortemente edipica della scena) e pittorialismo, ma poi c'è quella linea di fuga che si nutre della linea rigida/molare, e delle linee devianti/molecolari, che a loro volta si nutrono della linea di fuga, ed allora tutto cambia, per me c'è solo scoperta...







Inviato: 12/9/2007 15:21
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