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I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
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In tempi recenti, ho letto con grandissimo interesse alcuni topic orientati alla “lettura” delle immagini postate dagli autori e, nel ritenere molto interessante questo approccio alle tematiche del forum, mi sono posto una serie di interrogativi. Domande in parte tratte dalla mia esperienza personale con la fotografia (nel doppio “ruolo” di autore e, assai più raramente, di “lettore” - e qui devo mettere sei/otto virgolette) e, in parte, provenienti dal mio background formativo.

Vediamo i quesiti, chiarendo fin d’ora che quello che mi piacerebbe emergesse dai contributi potesse essere tutto iscritto in una logica di METODO.

Quindi, se volete, considerate questo topic come una riflessione sul METODO e sugli STRUMENTI necessari per giudicare le immagini.

Vediamo i temi che, idealmente, scrivo su una grande lavagna bianca dove, ovviamente, c’è molto spazio disponibile per tutti:

1. come avviene, o come si raggiunge lo “status” di “lettore/critico” sui portfolio d’autore?.. E’ un fatto che qualcuno si auto-accredita (perché se lo sente suo per via filo-genetica o perché ha un consolidato patrimonio di esperienza fotografica o perché ha una specifica preparazione..) o esiste un percorso specifico per compiere, in maniera sensata (da “critico”), questo mestiere??.. E qui, necessariamente, devo mettermi in gioco citando la mia “esperienza”: diretta ed indiretta. Ho assistito alla lettura di numerosi portfolio da parte di “lettori” (qualificati (?).. poi chiariremo meglio questo aspetto) della cosiddetta pedana DAC (Dipartimento Attività  Culturali) della FIAF. Ho trovato persone molto intelligenti e preparate, spesso dotate di una peculiare sensibilità . Chi più mi ha colpito è stata la sensibilità  di una donna (ometto i riferimenti per ovvie ragioni..), ingegnere, per la sua capacità  di trovare bellissimi “fil-rouge” nei vari racconti fotografici. L’approccio era “empatico”, discorsivo, sempre molto bello, ancorché, in alcune circostanze, carente di una preparazione specifica a 360° sulla materia.. Ci sono poi testimonianze (indirette, ma affidabili) di amici professionisti che, facendo vedere il proprio portfolio ai “lettori” di alcune agenzie fotografiche, mi hanno riferito di “scartocciamenti” dei portfolio simili a quelli che si usavano, alle elementari, per scambiarsi le figurine Panini: “Ce l’ho, non ce l’ho… Mi manca…”… La sensazione, mi pare di aver colto, era quella (mediamente) di un certo sconforto da parte del fotografo… Un’esperienza vissuta come frustrante.
E qui, allora, il primo pensiero che mi giunge spontaneo è il seguente: è sempre il “target” a condizionare la “lettura” e l’interpretazione del proprio lavoro??.. Cioè a dire, il fine condiziona sempre e comunque “l’opera”??.. Se questa è la logica, sembrerebbe abbastanza semplice (“semplice” si fa per dire, ovviamente..) costruire dei portfolio tarati su misura per le diverse “committenze” incaricate dell’analisi, così come (mi pare di capire), qualche autore “confeziona” portfolio narrativi in funzione delle tendenze dei vari “critici” (quello più attento al reportage, al paesaggio, alla fotografia concettuale, ecc..)… Se invece assumiamo, forse un po’idealisticamente (ma perché privarsi di un’idea o di un sogno??..), che “l’opera” di un fotografo avvenga come atto creativo “interno” (auspicabilmente dotato anche di una componente razionale/progettuale e non solo di “Pathos”..) , allora è evidente che il target non puà essere condizionante in nessun modo per la propria vision.
E questa è la prima questione. Distinguere la propria produzione fotografica, in relazione alla “critica”, come atto “endogeno”, dalle richieste “esogene”, esplicite o latenti esse siano.
Potrebbe essere utile sapere se da questo ragionamento debba rimanere esclusa la fotografia professionistica, poiché, personalmente, ho motivo di ritenere (ma qui ci sono persone qualificate sull’argomento che potrebbero riferire le loro esperienze del rapporto fra committenza e autore) che chi paga, generalmente, pone delle richieste (più o meno esplicite) sull’output atteso da un certo lavoro..

2. Il tema delle competenze. In una società  sempre più specializzata e segmentata, anche quella del “critico” è un’attività  che richiede, ragionevolmente, delle competenze. Chi intraprende, consapevolmente, un’attività  di lettura delle immagini è indiscutibile che debba possedere, dal mio punto di vista (proprio per essere considerato un “critico” e non un “criticone”…), un consolidato bagaglio formativo e culturale. Si pensi, cito solo a titolo di esempio e anche in questo caso esperienza indiretta di un’amica, che a Genova, presso la Facoltà  di Lettere e Filosofia, si tiene un corso annuale di Storia della critica d’arte (è un insegnamento annuale) e che le materie trattate spaziano dalla storiografia artistica alla storia dell’arte come scienza..

Se, astrattamente, facessimo un questionario a 100 fotografi e chiedessimo loro quali sono le loro aspettative sulla competenza di chi giudica, quali variabili riusciremmo a collezionare??..

- competenza tecnica. Quale competenza tecnica e/o metodologica ci aspettiamo possegga un valutatore di immagini??.. Ad esempio, un professionista, per il fatto di avere committenze, obbligo di risultati certi, vincoli temporali, obiettivi da raggiungere ecc.. è più “qualificato”, almeno sotto il profilo del metodo, di un “appassionato” oppure no??. Leggo sui forum interventi talvolta bellissimi dei primi e incoerenti dei secondi.. Vale anche il contrario, come in tutte le cose.. Penso anche a chi “agisce” entrambi i ruoli. Usa la fotografia per vivere, circoscrivendola a quelle che sono le logiche del mercato e sperimenta, con amore e serietà  ammirevoli, la fotografia come luogo di autorealizzazione artistica. Una competenza tecnica qualificata, in una accezione molto ampia, è necessaria??.. O possiamo prescindere da essa??..
- competenza storica. Qui il discorso è assai più complesso. Che cosa è necessario includere in questa categoria??.. In questo caso, ad esempio, noto talvolta una palese sovrapposizione di “ruoIi”: si confonde una competenza sulla storia della fotografia con una competenza critica… Avere un’ottima conoscenza della storia della fotografia è sufficiente??.. Traggo ancora dall’esperienza di “campo”… Mi è capitato di sentire delle letture “critiche”, fatte da ottimi storici, su alcuni fotografi le cui chiavi di lettura dovevano necessariamente essere puntate altrove e, purtroppo, assai lontane dagli scontati riferimenti bibliografici utilizzati per comprendere il lavoro.. Allora, se questo è vero, e se la conoscenza della storia della fotografia non basta, che cosa deve conoscere chi “giudica” le altrui fotografie??..
- competenza “linguistica”. Il nostro critico deve avere delle competenze di carattere semiologico?? (si assolutamente!, mi sentirei di rispondere con una modalità  stimolo/risposta immediata..). Deve avere delle competenze legate alle materie delle scienze umane quali la psicologia (probabilmente quella del profondo..), la sociologia, l’antropologia (meglio se visuale..), la storia dell’arte, quella della letteratura, della filosofia, dell’architettura, ecc…??.. O ci accontentiamo che qualcuno legga i nostri lavori solo perché, in virtù di una sorta di “auto-promozione”, uno si accredita ed è “riconosciuto”, secondo le regole proprie della “riconoscibilità  sociale”, come “esperto”?? (salvo poi verificare, all’atto pratico, che le referenze agibili non sono magari così “imbullonate” come potrebbero sembrare a prima vista..) Se dovessimo accontentarci solo di ciò, chiunque andrebbe bene per leggere le nostre fotografie e sappiamo già  che questo sicuramente accade, ma che non sempre è utile per farci crescere.
- Altra questione. L’approccio. Vorremmo che il nostro critico usasse la formativa arte maieutica o ci va bene confrontarci non tanto con quelli che sanno recuperare, anche empaticamente, la parte “buona” del nostro percorso, o piuttosto con coloro che, come “rasoi”, tagliano le nostre preziose immagini??... Anche in questo caso, traendo dall’esperienza di campo (nella mia esperienza professionale sono spesso impegnato in percorsi formativi), io credo che la figura del “critico” dovrebbe essere quella di una persona che, stabilendo utili canali comunicativi, senza piaggeria e senza sconti, ma in modo assertivo, riesca a cogliere, rinforzandole, le tracce più buone del nostro lavoro.. Penso spesso a bravi docenti universitari che, ottimamente preparati, non riescono comunque a trasmettere nulla ai propri allievi perché totalmente negati per un’attività  formativa e comunicativa. Parlando quindi di METODO, allora, la domanda è precisa: “Quale approccio è ragionevole attendersi da un lettore di immagini qualificato?..”
- Di nuovo, ancora, un’altra questione. Siamo disposti ad accettare che il nostro “critico” sia una persona totalmente digiuna, sotto il profilo della “produzione personale”, di immagini iscritte in un qualche percorso di ricerca??... Vorremmo avere un confronto con un “critico/fotografo” (che ha prodotto, pubblicato e rende disponibile al vasto pubblico la propria opera) o con un “critico” tout-court??... Se la lettura del nostro lavoro, astrattamente parlando, giungesse da chi non ha mai prodotto nulla (al di fuori di cose commerciali o di altra natura legate all’immagine) saremmo contenti?? O preferiremmo che a leggere i nostri lavori fosse qualcuno che, avendo costruito un proprio discorso per immagini, parlasse del nostro lavoro con una maggiore “cognizione di causa”??.. (Chiarimento: qui intendo la “percezione” di chi si sottopone ad un giudizio di lettura. Non credo sia dimostrabile, sic et simpliciter, che chi ha prodotto qualche tipo di ricerca sia più “qualificato” di chi non lo ha fatto. Mi riferisco quindi alla condizione psicologica di chi accetta di far giudicare i propri lavori da un’altra persona..)

Come si vede, cercando di ordinare delle variabili per renderle più chiare, l’operazione non è poi così banale. Cominciando a sviluppare le tematiche sotto il profilo del metodo e non dell’improvvisazione le cose da mettere in ordine sono più d’una…

Sempre per esperienza professionale, mi capita di redigere dei “Dizionari delle competenze” che, partendo da un’analisi dei processi (produttivi) cercano di dettagliare le attività  di alcuni ruoli per il raggiungimento di precisi obiettivi e output di risultato.
Mi sono posto, quindi, la seguente domanda: “Se dovessimo (noi, tutti insieme.. come community di Fotoavventure,..) costruire un dizionario delle competenze per chi esercita il ruolo di “critico fotografico” da dove dovremmo partire??..”…

Non so se questa indicazione vi sembra utile, ma se non liquidiamo tutto e subito, non credo che la faccenda sia tanto banale.

Una prova indiretta di ciò viene dal topic, provocatorio ma molto intelligente, di Mxa…
Se non ho colto male, il suo tentativo era quello di porre una questione sulla “lettura critica” di un’immagine, utilizzando la semplice riorganizzazione dei “contenuti” (attraverso una diversa inquadratura degli elementi compositivi) di un’icona del nostro tempo …
Come definire, quindi, il “valore” di un’immagine??..
Mi è parso di cogliere, nel caso di questo discussione, che le risposte si siano appuntate (anche con contributi molto apprezzabili), più sull’immagine in sé e per sé (l’icona e ciò che essa rappresenta per Ansel Adams ed i suoi estimatori) che non sul significato “dell’operazione” di Marco/Mxa. E questo, forse, rende indirettamente conto della delicatezza del tema e delle questioni, metodologiche e di competenza, necessarie per affrontare questa importante sfera della fotografia.

Scusate la lunghezza del topic, ma non sempre è possibile “confezionare” i ragionamenti per le logiche di “format” del forum, soprattutto quando riguardano argomenti di questa intensità .

Luca Chistè

Inviato: 23/7/2008 19:17
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..

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ciao Luca,
metti molta carne la fuoco e non é facile tenere sotto controllo il tutto...qualche risposta però mi é venuta spontanea nel leggerti.
1) non credo che si possa costruire portfoli creativi sulla base del critico che li leggerà . Per carità  il mondo é bello perchè é vario, ma un fotografo che scatta per ricerca ha una propria visione e non lo vedo fare una volta il portfolio concettuale, poi quello da reportage ecc, ecc,
2) diversa é la questione del fotografo che lavora nel settore commerciale - e qui parlo da cliente - che puà variare la sua produzione sulla base di un campo di clienti. Ma anche qui non vedo un fotografo passare dal reportage alla moda, al food, mantenendo la stessa qualità  ( e non mi si porti come esempi i due o tre che ci riescono...). Come cliente mi rivolgo al fotografo che conosco e so capace in quel particolare genere.
Altro discorso, sempre nel campo commerciale, accenanto in un altro 3ad, é quello relativo al fotografo che partecipa ad un progetto e che costruisce il progetto con il cliente, partendo anche dalla sua cifra stilistica (pensa alle commesse di un Basilico, alla Datar, per dirne una), ma sempre sulla base di una committenza, per quanto illuminata sia. Qui c'è più dialogo e confronto e il risultato ne é una testimonianza.
Ma qui siamo nell'ambito del fotografo e non del critico.

3) se passiamo alla dimensione del critico sono fortemente convinto che la fotografia in quanto oggetto a più dimensioni richiede anche approcci a più dimensioni. La lettura la puà fare un fotografo, un critico d'arte, un reporter, un artista, un critico fotografico, un editor, un giornalista, un docente universitario, uno psicologo, un antropologo, ecc, ecc. Anche all'interno dello stesso genere troviamo approcci assolutamente diversi. Penso al reportage e alle sue diverse espressioni: se il portofolio me lo legge uno come Zizola o Pellegrin, diranno cose diverse da alcuni studiosi di reportage (penso al De Paz, non mi piace, ma ha le sue idee).
4) di conseguenza le competenze sono assolutamente diverse a seconda dal punto di partenza e credo che siano tutte legittime. La questione é semmai quanto una certa lettura riesce a produrre comprensione della fotografia. Personalmente credo che la competenza semiotica sia una di quelle più potenti, ma di quale semiotica stiamo parlando?. In questo paese purtroppo la rincorsa alla ricerca dell'ontologia della fotografia ha fatto perdere di vista un sacco di altre cose e ha vinto una vecchia semiotica, anche mal usata. Un altra semiotica si sta faticosamente affacciando agli studi di fotografia e credo che il suo contributo, ad esempio quello della semiotica plastica, sia assolutamente indispensabile nel bagaglio di un buon critico/lettore di immagini, ma chiedi in giro quanti la conoscono.
Dico che una certa semiotica é importante in quanto sa comprendere all'interno del suo approccio anche la dimensione estetico-artistica, socio-antropologica e dialogare con altre discipline. Pur nella loro diversità  pensa a Greimas (oltre al suo fondamentale lavoro, considera quel piccolo gioiello di lettura estetica che é "dell'imperfezione") a Floch, a Fontanille o, per altri versi, a Lotman.
Allo stesso tempo una lettura sensibile dell'immagine, che puà essere fatta da persone anche prive di conoscenze teoriche, ma piene di attenzione, puà produrre affascinanti percorsi, un pò come le capacità  di quella donna che citavi, ma fa parte di personali doti legate al vedere oltre, al cogliere il sensibile, doti che fanno parte, appunto, di aspetti personali, esattamente come certe doti fotografiche.

5)l'approccio. A certe persone che stroncano romperei il muso. Non ho mai capito come si permettono. Si puà dire ad una persona che la fotografia non fa per lui, ma rispettando la persona. Diversi lettori di portfoli non riesocno a farlo, allora si meritano un naso rotto. Gestisco diversi laboratori di fotografia e penso, come scrivi bene anche tu, che la strada é far capire alle persone dove stanno, quale posizione occupano rispetto all'oggetto in questione. (per noi é la fotografia)

Il topic di Mxa l'ho visto ma purtroppo non sono riuscito a seguirlo.

queste sono alcune riflessioni/risposte. Ce ne sarebbe ancora...
bs
marco

Inviato: 24/7/2008 0:07
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
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Post complesso e impegnativo il tuo... A me l'unico critico che piace è quello che è in grado di studiare l'opera attraverso altre opere della stessa disicplina o di discipline che possano accostarvisi. Mi piace chi legge le fotografie per mezzo di altre fotografie, molto meno chi mi parla della fotografia come "linguaggio", "comunicazione", "semiotica" e così via. Ma forse è solo perchè sono stato condizionato dalla melassa semiotica-linguistica con cui alcuni miei vecchi docenti credevano di spiegarmi l'architettura...
ciao
c

Inviato: 24/7/2008 9:12
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..

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Cristiano, credo proprio di si, perchè parte del metodo semiotico è il lavoro intertestuale, cioè prendere in esame immagini diverse per lavorare su un immagine singola...come detto sopra, c'è stata una pessima scuola semiotica in giro!!
bs
marco

Inviato: 24/7/2008 9:16
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
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Boh Luca...
ho letto il tuo topic più volte e mi dà  un po’ l’idea del “solito” argomentare di taluni autori, espresso in maniera forbitissima, del chi si permette di giudicare, del criterio con cui giudicare e sopratutto sulla base di che presunte “preparazioni” uno si "permette" di giudicare l’altrui lavoro.
Il altri forum spesso si leggono affermazioni tipo fammi cosa fai tu prima di giudicare me, personalmente trovo la cosa spassosissima.

In modo semplice e a profilo di incontro tra “amici” mi permetto di esprimere qualche mia banale impressione peraltro vicina al pensiero di Marco/Smauel.

Innanzitutto ancor prima di parlare di metodi e di strumenti sarebbe necessario vedere e rendersi conto che il fare fotografia e l’essere fotografo non è cosa universale ma un macrocosmo estremamente variegato e differenziato. Diciamo che un’unica cosa accomuna tutti i fotografi ed è il comunicare. Comunicare inteso semplicemente come l’esprimere ad altri un qualche cosa attraverso lo strumento della macchina fotografica, così come il regista usa la macchina da presa, lo scrittore il computer e il pittore i colori e vari supporti.

Un fotografo professionista, inteso come colui che scatta su committenza, deve assolutamente conoscere le regole del comunicare e le esigenze del cliente. Io ad esempio sono un ritrattista e faccio fashion e conosco perfettamente (dopo 20 anni di lavoro) il linguaggio della moda e della ritrattistica, sono quindi in grado di sapere se un mio lavoro è svolto in modo corretto o meno e sono anche in grado [volendo ma per principio non lo faccio mai] di giudicare il lavoro di altri fotografi che si occupano di ritratti e moda, è un linguaggio preciso e facilmente assimilabile dopo anni di esperienza. Chi puà giudicare il mio lavoro (in realtà  chiunque non ho alcun tipo di prouderie esistenziale) di sicuro altri professionisti, booker di agenzia, stilisti, agenti di fotografi, redattori moda, pic. Editors….che hanno dalla loro l’esperienza di sapere se il “linguaggio” da te usato funziona o meno.
Per analogie i reporter, i fotografi sportivi, i fotografi di architettura, etc. etc.

Poi ci sono “gli autori” coloro che si dedicano ad un genere di fotografia “d’arte”, svincolata da committenze in senso lato. Direi che è la stragrande maggioranza di coloro che sono presenti in questo sito tra cui anche te Luca. Questo è a mio avviso veramente un macrocosmo dove ogni autore ha un approccio del tutto particolare e soprattutto proprio, ci sono coloro che hanno un approccio concettuale alla fotografia, altri che sono più interessati all’aspetto di pura estetica, altri ancora hanno il piacere di un fare artigianato….chi puà giudicare costori? Con che metodo? Con che strumento? In realtà  ti renderai conto che la risposta unica buona per tutti non c’è, ognuno è un caso a parte. In realtà  nessuno dovrebbe giudicare ma al tempo stesso tutti possono giudicare.

Un esempio banale Luca, tu sei sociologo e quindi molto interessato a specifici interessi, prendiamo la tua mostra sui muri...io da architetto cerco delle chiavi di lettura (in realtà  svariate) ma non ne trovo a questo punto le opzioni possibili sono solo due: o attraverso un mio dialogo con l’autore cerco delle chiavi di lettura possibili (a te quindi darmi una metodologia di lettura e i possibili strumenti) oppure vorrebbe dire che le tue opere a me sono precluse (cosa peraltro possibile) ma allora vorrei capire a chi sono destinate….e quindi il discorso è che l’autore in questo caso ha necessità  di un critico con una specifica metodologia e strumenti idonei, diventa quindi una specie di circuito chiuso in cui l’autore ha necessità  di uno specifico critico che a questo punto è di fatto un curatore.

Andando avanti poi ci sarebbero molte altre tipologie di fotografi …[etc. etc.].

Marco invece io dissento sull’approccio. A volte una stroncatura o un buttare sul grugno dei lavori mal fatti fa meglio di velati accenni pseudo rispettosi, trovo maggior rispetto verso una persona che non mi illude e mi palesa chiaramente come stanno le cose piuttosto che la marea di schifosissimi “le farà sapere”, “ripassi più avanti”, “non fa per noi al momento ma continui e si faccia rivedere”….certo che fa male sentirsi dire che il tuo lavoro non và  bene e che non ci siamo proprio, stà  poi alla nostra intelligenza chiedere lumi, farsene una ragione e provare a migliorare…e se proprio non ci si riesce pazienza, in fondo la fotografia è un hobby bellissimo.

Inviato: 24/7/2008 16:42
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
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Roberto, non sono sicuro di averti seguito appieno.

Nella parte centrale dell'intervento dici (e per inciso la penso così anch'io):

Citazione:

Poi ci sono “gli autori” coloro che si dedicano ad un genere di fotografia “d’arte”, svincolata da committenze in senso lato. Direi che è la stragrande maggioranza di coloro che sono presenti in questo sito tra cui anche te Luca. Questo è a mio avviso veramente un macrocosmo dove ogni autore ha un approccio del tutto particolare e soprattutto proprio, ci sono coloro che hanno un approccio concettuale alla fotografia, altri che sono più interessati all’aspetto di pura estetica, altri ancora hanno il piacere di un fare artigianato….chi puà giudicare costori? Con che metodo? Con che strumento? In realtà  ti renderai conto che la risposta unica buona per tutti non c’è, ognuno è un caso a parte. In realtà  nessuno dovrebbe giudicare ma al tempo stesso tutti possono giudicare.


Poi però aggiungi (parlando della lettura dei portfoli), e qui non mi ci ritrovo più in rapporto a quando detto prima:

Citazione:
certo che fa male sentirsi dire che il tuo lavoro non và  bene e che non ci siamo proprio, stà  poi alla nostra intelligenza chiedere lumi, farsene una ragione e provare a migliorare…e se proprio non ci si riesce pazienza


Ma se prima abbiamo detto che, sostanzialmente, nessuno puà autorevolmente giudicare il lavoro di un fotografo/autore (perché ognuno è un caso a sé, ha una sua ricerca etc.etc.), allora a maggior ragione: come puà un lettore di portfoli esprimere una stroncatura?

Fer

Inviato: 24/7/2008 17:20
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
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se io sono un autore e voglio essere rappresentato da una galleria oppure trovare un editore interessato a pubblicare è ovvio e palese che mi trovi a dover esibire il mio portfolio. In questo caso l'autore ha una precisa volontà  di confrontarsi con un mercato e quindi con delle precise regole....io posso fotografare fiori di banano ma se sul mercato non vanno e io voglio entrare è utile sapere che devo necessariamente cambiare genere.
Diverso discorso se io autore me ne frego e sono svincolato da qualsiasi mercato e non mi interessa rapportarmici.
Nel mio caso io volevo fare della fotografia una professione e quindi a me le stroncature sono servite....

....P.S. forse non ci trovi perchè io specificavo che ci sono vari tipi di fotografi e vari modi di fare fotografia e la lettura dei portfolio non è specifica per tipologia ma generica.

Inviato: 24/7/2008 17:49
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..

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i critici sono tutti cattivi...

Inviato: 24/7/2008 17:51
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
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Citazione:
se io sono un autore e voglio essere rappresentato da una galleria oppure trovare un editore interessato a pubblicare è ovvio e palese che mi trovi a dover esibire il mio portfolio. In questo caso l'autore ha una precisa volontà  di confrontarsi con un mercato e quindi con delle precise regole....io posso fotografare fiori di banano ma se sul mercato non vanno e io voglio entrare è utile sapere che devo necessariamente cambiare genere.
Diverso discorso se io autore me ne frego e sono svincolato da qualsiasi mercato e non mi interessa rapportarmici.


Tutto chiaro, grazie: il discorso fila.
(Pensavo ti riferissi alla lettura dei portfoli ambito FIAF / DAC di cui parlava Luca, invece parlavi di gallerie).

Fer

Inviato: 24/7/2008 17:57
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..

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sulla stroncatura, una precisazione dovuta. Capita talvolta che nello stroncare le foto di un fotografo, si stronca anche la persona. Sarà  la mia formazione sistemica, ma distinguo le due cose in modo netto. Mi si puà dire che le mie foto non valgono nulla e lo si puà fare facendomelo capire, anche in modo chiaro e netto, ma non si invade il campo del personale. L'ho visto fare alcune volte e far passare la persona come un imbecille, con frasi del tipo " lei è un illuso", oppure "ma crede di saper fotografare?" Queste come altre frasi, non hanno nulla a che fare con le fotografie, ma hanno a che fare con un commento sulla persona. Direi che andrebbe evitato.
E poi chi l'ha detto che di fronte ad alcune foto che non sono un granchè, non ci sia lo spazio di un miglioramento?
Ma bisogna saper veder anche quello e non solo le foto...
spero di essermi chiarito
bs
marco

aggiungo che concordo, come dici, sul fatto che é meglio la chiarezza critica sul proprio lavoro, sempre.

Inviato: 24/7/2008 17:57
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..

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Ciao,
Mi sembra che Luca abbia posto delle domande e si sia molto spesso risposto da solo anche se poi alla fine mette il punto interrogativo.
A intuito mi ero dato anch'io delle risposte che ho trovato piu' elaborate in Marco e Roberto.
In effetti trovavo difficile mettere sullo stesso piano la fotografia destinata alla editoria da quella puramente estetica e concettuale tendenzialmente destinata ad finalita' espositiva.
Sono due mondi diversi e spesso incomunicanti. Chi guarda sulle riviste le foto di moda puo' non essere interessato ad una mostra di Basilico e viceversa.
Quindi anche i relativi critici hanno aspettative diverse.
Si puo' portare ad esempio proprio il post di Mxa in cui veniva chiesto la eventuale diversa valenza di una immagine di AA variamente tagliata e reinquadrata e il parere espresso da professionisti riguardo alla sequenza di immagini sulla attivita' di un valente artigiano.
Nel primo caso si discute sull'anima di una fotografia, nel secondo sulla migliore interpretazione da dare ad un discorso per essere omogeneo anche in vista di una eventuale pubblicazione.
Per giudicare la prima e' necessario o perlomeno largamente preferibile il bagaglio culturare a cui accennava Luca, nel secondo avere anche costantemente in mano il polso dell'editoria proprio per non vedersi scartare bruscamente molte immagini.
Cosi' le foto d'architettura avranno intenditori ben delineati, come quelle di animali o di reportage.
Di una variabile pero' ci dimentichiamo, e' la gente, la massa della gente che ha gusti propri variabili nel tempo e diverso livello culturale e che bene o male e' la finale destinataria.
Chi e' che ha reso famose certe fotografie tipo la ragazza afgana se non l'acclamazione della gente? Si possono fare tutte le critiche che si vogliono a quella foto, ma e' stata uiversalmente beatificata e' rimarra' nella storia, TUTTI la conoscono. In quanti conoscono invece i "famosi" peperoni di Weston? E se venissero realizzati oggi avrebbero maggior successo?
Ciao,
Renzo

Inviato: 24/7/2008 18:01
.........

......
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
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OK Marco...ora ho capito e sono perfettamente in armonia con il tuo pensiero.

Sorry non avevo capito.

Inviato: 24/7/2008 18:08
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..

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Butto li una cosa. Il caso Stieglitz. Alcuni lo considerano un maestro, ad esempio La Paz, altri lo declassano, ad esempio Gilardi che lo considera un mediocre fotografo sebbene geniale promotore dell'arte fotografica (che é altra cosa dal saper fotografare).
Sempre Gilardi nel suo "Storia sociale della fotografia" riporta un pezzo critico di Peter Pollak del 1959. Lo riporto perchè lo trovo divertente. (parla delle foto di Stieglitz)
"...sono gemme di poesia, immagini stupende, opere che conservano intatto il loro valore nel campo delle arti figurative e, per quanto le si osservi e analizzi, la loro potenza estetica non si attenua...fotografie indimenticabili".
Personalmente tendo all'ipotesi Gilardi. Se le foto di Stieglitz sono indimenticabili, quelle di Atget cosa sono?
Detto questo mi rendo conto anche che la prova del nove sarebbe prendere almeno cinque o sei foto dello S. e provare a farne una lettura critica, come se fosse un giovanotto che nei primi del 900 si presenta (il casino é tornare a quei tempi...). Già  mettere in campo Atget diventa una lettura comparativa o quantomeno intertestuale...quasi quasi.
bs
marco

Inviato: 24/7/2008 18:23
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
Utente non più registrato
Grazie per i contributi sin qui espressi al topic.

Trovo anch’io, d’accordo con Vacis, molto puntuale la riflessione di Samuel sugli interrogativi posti nel primo topic di risposta. Trovo utili i riferimenti da lui proposti, ed in particolare il delicato passaggio fra competenze (specialistiche) utili per la lettura delle immagini e, invece, più in generale, il supporto alla comprensione. Qui Samuel mi pare affermi la centralità  della lettura semiotica che condivido, con particolare simpatia per Julien Greimas, che conosco ed ho avuto modo di apprezzare in alcune tesi.
Un contributo interessante è anche quello di Cristiano: Citazione:
“Mi piace chi legge le fotografie per mezzo di altre fotografie”
che introduce un elemento metodologico, di analisi alle immagini, tutt’altro che banale…

OT:
aggiungo qui, nella “dimensione operativa” e come “traccia di lavoro” proposta dal 3d, che l’evidente competenza di Samuel potrebbe dare un contributo interessante all’intera community.. Sarebbe bello avere, con la sua disponibilità  a farlo, per esempio, un piccolo e agevole “paper” Chiedo scusa a Samuel, ma penso spesso alla “patrimonializzazione” dei saperi e, in quest’ottica, un articolo semplice, forse utile per tante persone del Forum, potrebbe aumentare quel patrimonio di conoscenza sin qui capitalizzato da Fotoavventure..
Anche un lavoro di equipe su questo tema sarebbe assai bello..
Sorry..
Fine OT…

Dell’intervento di Vacis, al solito, apprezzo la schiettezza, anche se, senza polemica, non capisco perché, direttamente o indirettamente, quando qualcuno cerca di porre delle questioni che possono essere delle opportunità  per ragionare (soprattutto se riferite al metodo e non alle persone!..) debbano essere subito snobbate o, peggio ancora, classificate in modo negativo. Sarebbe bello, affidandomi alle certa onestà  intellettuale di chi interviene, che si distinguessero le opinioni dalle “percezioni” sulle persone…
Sulla rassegna “Muri” ci siamo già  sentiti in PM, mi pare…
Ritorno ad un’ipotesi di lavoro concreta sul topic (la cosa che mi interessa di più) con l’intervento di Vacis. Mi pare che alla fine si arrivi alla conclusione, quasi scontata, del tipo: la fotografia è comunicazione e poiché è connotata dal fatto di essere un’esperienza mutidisciplinare, ognuno vi partecipa con il proprio bagaglio di conoscenza (specifica) e di competenza acquisita… Che la fotografia sia “comunicazione” è evidente.. (direi quasi tautologico..), ma è sufficiente per “liquidare” (in senso buono..) la questione sugli strumenti ed i metodi di lettura di un’immagine??...
Io ho motivo di ritenere che le cose siano leggermente più complesse…

Io credo che, su questo argomento, ci sia ancora molto da dire…
E, mi viene da proporre, lasciamo che questa strana “lavagna bianca” possa ancora essere disegnata da altri contributi…

Altra precisazione, che non riguarda gli interventi posti nei topic di risposta..

Credo, come in ogni discussione “onesta” ed orientata ad un fine, che si possa cercare di offrire, all’interno del dibattito, affinché i ragionamenti divengano “patrimonio”, degli STRUMENTI.
Strumenti che possono essere variegati e molteplici.
L’esperienza, in primis (possibilmente supportata da qualche tipo di evidenza oggettiva… Non so, diciamo una decina di immagini, un portfolio, anche un semplice link che possa portarci a “leggere”, attraverso qualche tipo di “lavoro”, basato su immagini o riflessioni, come un fotografo è giunto a delle conclusioni.. Qualcosa che possa testimoniare, sotto il profilo squisitamente intellettuale, il senso di un’esperienza.. Un paper, un contributo metodologicamente strutturato, un file che uno si possa scaricare sapendo di trovare dei riferimenti: bibliografia, indicazioni, STRUMENTI insomma… Qualcosa che, anche nella più banale delle community [scientifiche o meno esse siano], si sia disposti ad accettare come “evidenza”…).
Gli strumenti possono essere delle indicazioni, anch’esse costruite con un METODO.
In questo, parlando della “lettura” di immagini, per esempio, come verrebbe operata la lettura di un portfolio da parte di uno di noi??...
Con il metodo deduttivo (dal generale per giungere al particolare e al tessuto narrativo) o con il metodo induttivo (estrarre, quasi per “simpatia” e “contagio/sopraffazione”, una sola foto e, attraverso di essa, ricostruire il percorso narrativo del fotografo)??...
“Metodo”, è anche la relazione con cui un “lettore” approccia il suo uditore..
E qui, per fortuna, abbiamo visto che esistono opinioni diverse.
C’è chi chiede un approccio di rispetto tout-court (che personalmente condivido) e che, implicitamente, attribuisce alla componente “distruttiva” (facile da realizzare) un peso ben specifico a salvaguardia di quella “costruttiva” (lato autore e, oggettivamente, per un certo progetto, molto faticosa da realizzare e portare a compimento).
C’è chi preferisce sempre e comunque che si parli chiaro, senza perifrasi (e questo, ancorché da me meno condivisibile, è forse funzionale alla logica, molto stringente e “cruda”, delle committenze che interessano la fotografia commerciale – di cui, personalmente, conosco nulla).
Cito anche la mia opinione, segnalando che l’approccio per me utile è quello che definisco, forse un po’esageratamente, “maieutico” (derivato dal mio forte interesse per la formazione). Un metodo che cerca di porre “l’altro” in una condizione di parità  dialogica tale per cui, da solo, possa trovare delle “tracce”, anche labili, nel suo lavoro che lo aiutino per continuare ad impegnarsi e migliorare..
Infine, utilissima per discutere, l’osservazione di Renzo.
Con il suo topic, il focus viene drasticamente spostato dalla “lettura” critica dell’immagine alla sulla fruizione… L’immagine, quindi, sembra diventare patrimonio sociale condiviso e poco conta, in questa prospettiva, il valore ad essa assegnato dalla critica (e ancor meno, forse, dall’autore)
Come si vede le questioni sono molte…
Se utile, continuiamo a discutere…
Ciao e grazie…
Luca

Inviato: 24/7/2008 20:55
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
Utente non più registrato
Cistè macchè snobbare il tuo intervento o classificarlo in modo negativo, basta che tu vai a leggere un pò negli altri forum e vedi che i quesiti da te posti sono onnipresenti....espressi in modo meno introspettivo e forbito ma alla fine tutti si domandano la stessa cosa.

Circa le metodologie e gli strumenti per me è un discorso improbo nel momento che non viene dichiarata alla fonte di che tipo di fotografia si parla e sulla "natura" del fotografo. Certo che l'approccio semiologico è fondamentale per taluni, ma non per tutti evidentemente, quindi l'approccio metodologico e gli strumenti buoni per uno non lo sono per gli altri IMHO.

Circa la rassegna dei muri NON era per dirti null'altro se non che la mia preparazione culturale è diversa dalla tua e quindi la mia metodolgia critica e gli strumenti a mia disposizione sono diversi da tuoi ....ma non per questo io non guardo e non tento un confronto.

A volte quando si scrive in maniera semplice chissà  perchè si dà  adito a pensieri strani in altrui persone...se ti ho risposto è perchè mi faceva paicere dare il mio modesto, semplice, banale contributo....null'altro di più.


Inviato: 24/7/2008 21:42
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
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Luca l'argomento è davvero vasto, e secondo me ogni tanto bisognerebbe chiedersi se la fotografia sia sempre "comunicazione" o se in certi casi piuttosto non faccia parte di forme visuali che con il vero e proprio linguaggio hanno poco a che fare. Queste parole che scrivo sono linguaggio, una foto di Basilico o di Cartier-Bresson a volte mi pare semplicemente un oggetto da contemplare (nel senso della contemplazione dell'arte da parte di chi arte vuole fare, di chi vuole scoprire la "tecnica" di quell'opera per farla egli stesso). Insomma, forse la logica della comunicazione servirà  per descrivere il rapporto fotografo-fruitore della fotografia, o spettatore, ma secondo me non va bene per me tapino che voglio scoprire la sceneggiatura, il montaggio, andare insomma dietro la macchina da presa e scoprire perchè ho visto quello che ho visto... spodestando il regista e rubandogli il mestiere...
Da questo versante, il critico sinceramente non mi aiuta: lui in genere non "produce" e non "compone", è uno spettatore e per di più intellettuale, quindi personaggio pericolosissimo
ciao
c

Inviato: 24/7/2008 22:01
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..

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Cristiano scusa, ma leggo nel tuo post alcune cose che andrebbero chiarite.
1) Cosa intendi con linguaggio vero e proprio, quello della scrittura? se così fosse é da vent'anni che gli studi sul segno visivo, sul figurativo e sul plastico non intendono minimente assimilare tali segni a quelli della scrittura, abbiamo superato da mo questa questione.
Se invece così non é a cosa ti riferisci con linguaggi vero e proprio?
2) a parte Basilico e HCB, ma tutta la fotografia usata nei media che agisono nei sistemi di comunicazione di massa, che é la maggior parte della fotografia, cos'è, da contemplare? non é comunicazione?
3) nelle domande fatte da Luca ci sta l'universo fotografico e per questa si parla anche della comuncazione della fotografia, semplicemente perchè il discorso che si sta facendo si colloca al livello del sistema, se invece si vuole parlarne sul piano personale, che é un altro pezzo della fotografia, va benissimo, ma non puoi "negarmi" l'esistenza di un livello perchè non ti interessa.
4) se vuoi smontare il giocattolo per capire come funziona trovo strano che non parli di linguaggio (e non mi riferisco a quello scritto/verbale) visto che la fotografia é fatta di un livello figurativo e di uno plastico che sono cose che si articolano secondo specifici elementi. Diversamente, di cosa parli uquando vuoi smontare il giocattolo?
5) Luca si é interrogato sul metodo e sugli strumenti della critica. Che tu sia interessato, come del resto molti di noi, al funzionamento dell'apparato fotografico, benissimo, ma é cosa per alcuni aspetti diversa da quello che chiede Luca. La lettura di un portfolio puà non avere a che fare nulla con lo svelamento del funzionamento dell'apparato. Che poi un critico per leggere un immagine utilizzi anche in modo opaco al fotografo, alcune competenze relative alla lettura dell'apparato, mi sembra chiaro. Se é bravo non te le dice, mentre ti legge la tua immagine.
6) se ti interessa come si fotografa, beh, in questo 3ad non si sta discutendo di questo. La composizione e la produzione sono un altra questione.

Poi, francamente, la smetterei anche di tirar fuori sempre questa questione dell'intellettualismo. A me ha rotto un po le palle. Sembra che non si possa fotografare e riflettere sulla fotografia, nello stesso tempo, come se fosse proibito...citi Basilico, e leggiti cosa scrive, cosa ha scritto Mulas, e tanti altri.

Luca, forse qualcosa simile ad un paper potrebbe uscirne fuori, ma in autunno.
grazie
bs
marco

Inviato: 24/7/2008 23:38
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
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Marco, mi dispiace averti "rotto le palle". Spero di poterti risarcire con queste mie precisazioni, anche se non sono sicuro di riuscirci e sono certo di annoiare un pò tutti gli altri.
1) Io "personalmente di persona" non intendo proprio nulla con la parola "linguaggio", non ho cioè una teoria che spieghi il termine; nè in ambito fotografico o artistico mi sembra interessante occuparmene, perchè ritengo molto più significativi altri piani di riflessione.
In questo caso con "linguaggio" intendevo banalmente il linguaggio scritto e parlato dagli uomini.
2) Non saprei valutare la fotografia a cui ti riferisci, nè in questo momento ho interesse a farlo dal punto di vista che sembra suggerire la tua domanda.
3) E' vero, mi riferivo ad un livello personale; rimango però in attesa di capire cosa vorrebbe dire "comunicazione della fotografia".
4) Si anche qui ho introdotto un mio "problema" personale, e cioè l'indifferenza o quasi verso l'analisi e la preferenza "produttiva" verso la sintesi. I livelli di cui parli tu io non li vedo, vedo una sintesi che voglio capire per poterla riprodurre un'altra volta. Ma la scomposizione, l'analisi logica, la classificazione, lo smontaggio dell'opera sono strumenti del critico, non miei, non li possiedo, non ci arrivo insomma. E forse non mi interessano, o almeno non quanto quelli abbastanza diversi che mi consentono di produrre l'opera, di dargli forma.
5) Se intendi per "apparato" le fotocamere e gli obiettivi mi sono spiegato male; mi riferivo semplicemente al fatto che a me preme maggiormente stare dall'altra parte rispetto al critico, e quindi in effetti non mi sforzo di capirne i procedimenti intellettuali di analisi.
6) Si io mi interesso di come si fotografa, il perchè, come dicevo prima, ha un interesse inferiore ai miei occhi. Suppongo però che il come debba interessare anche un critico, almeno credo.

Spero di aver chiarito qualche aspetto delle frettolose righe che avevo scritto. Sull'ultima tua frase non saprei davvero cosa rispondere. Però ammetto che il tuo stile da intellettuale si riconosce lontano un miglio
ciao
c


Inviato: 25/7/2008 0:27
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..

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Tranquillo Cristiano, ci si riconosce lontano un miglio tutti quanti, te compreso, e sono felice di essere riconosciuto come un intellettuale, benchè credo che tu continui a confondere alcune cose. Anche perchè in questo 3ad non ho ancora capito cosa cerchi, in altri si, ma in questo no.
Poi sai cos'è che mi dispiace di questa "ossessione" dell'intellettualismo? che rischia di chiudere la comprensione e che si continua a mettere nell'angolo chi semplicemente cerca di capire alcune cose.
Anch'io mi interesso di come si fotografa, perchè fotografo e perchè uso le fotografie degli altri per lavoro, ma questo sembra non essere preso in considerazione, (almeno facessi del concettuale, ma faccio reportage...vedi tu, e lo faccio con i carcerati, con i musicisti, con i disabili, ti assicuro, roba poco intelletuale) ma ciò non mi esclude guardare anche altro...e si venisse rispettati almeno in questo, che sino a prova contraria non é niente di male, ma invece no e si ricorre a questo termine, "intellettuale", usato in modo quasi dispregiativo (scusami ma se c'è una facciotta che ride dopo mi sembra solo una presa per i fondelli). In altri momenti della storia ha portato male.

Finisco con dire che se la discussione non interessa si puà evitare di parteciparvi anche perchè lo spirito, piaccia o meno, con il quale Luca ha iniziato e con il quale abbiamo risposto é il confronto, su un oggetto abbastanza preciso, seppur dai contorni da definire, ma certamente non così aperti da rispondere su quello che si vuole.

L'ultima frase é riferita ad una cosa che ha detto Luca.

bs
marco

Inviato: 25/7/2008 0:59
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Re: I “critici”.. Riflessioni utili per una possibile declinazione del ruolo??..
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Marco, se davvero insisti sulla questione dell'intellettuale con questo tono serioso, che io avevo evitato usando il superlativo di "pericoloso" e la solita faccina sogghignante, cioè se questi piccoli stratagemmi forumistici non bastano per far capire che è solo una battutaccia, tra l'altro ripetuti da me anche nell'ultima risposta, beh non so che dire. Mi scuso con tutti e buona giornata!
ciao
c

ps: la tua ultima frase rivolta a me era questa:
----Poi, francamente, la smetterei anche di tirar fuori sempre questa questione dell'intellettualismo. A me ha rotto un po le palle. Sembra che non si possa fotografare e riflettere sulla fotografia, nello stesso tempo, come se fosse proibito...citi Basilico, e leggiti cosa scrive, cosa ha scritto Mulas, e tanti altri.----

E se devo fare anch'io il serioso ti dico che mi è piaciuta molto poco.

Inviato: 25/7/2008 8:57
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