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1 Utenti anonimi
autocensura |
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18/10/2007 15:59 Da Torino
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Prendo spunto da questa vecchia avventura di Pippo e Topolino per chiedervi cosa pensiate a proposito di un' eventuale autocensura. è un' eventualità che finora non mi ha toccato però talvolta mi capita di pensarci, magari vedendo situazioni o persone in particolare difficoltà o disagio in giro per la città; mi chiedo se i tanti reportage e inchieste che si vedono siano eticamente accettabili o siano pornografia del dolore. premetto che ammiro molti fotografi di reportage, McCullin in primis.
Inviato: 20/5 17:49
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Re: autocensura |
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26/8/2022 22:02 Da Correggio
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Huawei aveva affrontato lo stesso tema in questo bellissimo spot del 2018.
https://youtu.be/aWRqfO8EjTg?si=bDgpwyNsF7P_TX2_
Inviato: 20/5 18:05
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Riccardo | ||
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Re: autocensura |
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18/10/2007 15:59 Da Torino
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che incredibile coincidenza. mi fa ripensare a un'altra coincidenza di trame: un'avventura, sempre di Pippo e Topolino, terminava come un film con Sordi, Manfredi e Blier.
Inviato: 20/5 18:53
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Re: autocensura |
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26/8/2022 22:02 Da Correggio
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Sander, anch'io, per quanto riguarda la rappresentazione fotografica del dolore, condivido le tue stesse perplessità.
Molto interessante, sull'argomento, questa intervista di Frank Horvat a Don McCullin, scaricabile qui
Inviato: 21/5 11:18
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Riccardo | ||
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Re: autocensura |
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23/6/2022 9:20 Messaggi:
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Non sono molto d’accordo su questa cosa detta così (pornografia del dolore) e a spanne.
Oggi tutti hanno con sé un telefonino che fa foto, mi è capitato di vedere filmati fatti da molti che assistevano ad un evento con persone ferite, in pericolo, aggredite, e nessuno faceva qualcosa pur di non perdere un fotogramma di ciò che filmava, una volta davanti ad un filmato di un automobilista che stava bruciando vivo intrappolato in una macchina mi son detto ma come è possibile stare lì a filmare e poi pubblicare e ho interrotto. Questo è inaccettabile. Ci sono anche fotografi che fanno interi libri di foto in giro per il mondo raccogliendo ritratti di sfortunati, facce sporche, segnate dall’alcool o droga, dal riposo non goduto o dalla fame e malattie ecc. e poi li vendono, come fosse una bravura. Non è chiaro cosa intendi per persone in difficoltà o disagio in giro per la città. Certo se uno fotografa una persona con la gobba, in carrozzina, o che è per terra perché è inciampato, e la pubblica per riderci su, è semplicemente un cretino, è diverso se la persona in carrozzina è bloccata davanti a un marciapiedi, con la gente che gli passa accanto infischiandosene e un “fotografo” di strada coglie la scena (compresi i passanti). La valenza di quello scatto è completamente diversa, è il linguaggio della fotografia. Se si volesse tagliare la lingua che pronuncia quel linguaggio, specie in un sito che (si spera) si occupa di fotografia, saremmo messi malissimo, o benissimo per chi pensa che Fotografia sia solo rappresentare fiori, insetti, paesaggi, isole tropicali, belle ragazze in costume etnico (o anche da bagno), ritratti da sogno ecc. ecc. Per carità niente da dire su quei generi,(e qui vengono pubblicizzati un bellissimo libro di foto di montagna e uno penso altrettanto bello di paesaggi marini, anzi faccio le mie congratulazioni a Osvi) ma Fotografia non è solo quello. Nel caso ci fosse un riferimento ad una mia foto di poco tempo fa, come già detto, non l’ho messa in “commenti a fotografie” proprio perché non mi interessava un commento sullo scatto in sé, bensì caso mai sul titolo perché quella scena mi ha fatto pensare alla solitudine infinita di quella persona e di tante come quella, con un commento sul perché di quello scatto. In qualche Comune la soluzione è stata quella di togliere le panchine dai parchi altrimenti certa “brutta gente” ci va a dormire.
Inviato: 21/5 12:05
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Re: autocensura |
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26/8/2022 22:02 Da Correggio
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Le mie perplessità nascono da una considerazione molto personale: se mi trovassi in condizioni di estremo disagio, preferirei non sentirmi puntare addosso l'obiettivo di una fotocamera, indipendentemente dalle intenzioni del fotografo.
Proprio perché riprendere le persone non è la stessa cosa che fotografare un paesaggio, in linea generale penso che le persone ritratte dovrebbe essere consapevoli e consenzienti, specialmente quando si tratta di situazioni di disagio, altrimenti il rischio è sempre quello della prevaricazione da parte di chi si trova in una posizione di forza, come ben emerge dall'intervista a McCullin.
Inviato: 21/5 14:13
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Riccardo | ||
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Re: autocensura |
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18/10/2007 15:59 Da Torino
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la definizione pornografia del dolore la applico a certo ciarpame spacciato per reportage di cui protagonista assoluto è un noto fotografo, dal nome smile a una spezia, che reputo un predatore più che un artista. Persone, autori come McCullin o Eugene Smith (per citare due figure note e credo indiscutibili) sono capaci di riportare tramite la loro fotografia la realtà che riprendono. certo che allo "utente finale" spetta poi la fatica di comprendere e simpatizzare o meno co quanto rappresentato nel reportage proposto. Mi dispiace di poter essere stato frainteso ma non faccio alcun riferimento a quanto proposto da te tempo fa, forse il tuo non essere indifferente al dolore o disagio altrui (dimostrato anche nel testo che accompagna la tua fotografia) ha stimolato la tua suscettibilità.
Inviato: 21/5 16:56
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Re: autocensura |
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23/6/2022 9:20 Messaggi:
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Citazione:
Mi dispiace di poter essere stato frainteso ma non faccio alcun riferimento a quanto proposto da te tempo fa, forse il tuo non essere indifferente al dolore o disagio altrui (dimostrato anche nel testo che accompagna la tua fotografia) ha stimolato la tua suscettibilità. Ok Sander, scusa tu per l'ipotesi, fatalità c'è una coincidenza temporale di un mese, mi sembrava strano da parte tua, ma troppo spesso qui ho ricevuto critiche e contestazioni (non da te) che mi hanno reso suscettibile. Un saluto.
Inviato: 21/5 20:24
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Re: autocensura |
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29/5/2009 11:05 Da Bologna
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Personalmente non fotografo esseri umani a meno che non siano in scala microscopica all'interno dell'inquadratura ed evito a priori ogni situazione che abbia a che fare con la sofferenza. Fotografai le zone del terremoto il giorno delle forti scosse qui in Emilia nel 2012 (per chi vuole vedere qui c'è una sequenza https://oscarferrari.com/wp-admin/post.php?) fu il primo e unico lavoro in cui pur non fotografando persone ma documentando l'architettura, provai grande sofferenza nel vivere da vicino una situazione così drammatica. Non ho più fatto nè farò più cose del genere. Se la documentazione del dolore è fine a se stessa, pornografia appunto la condanno, ma al contrario, porto un grande rispetto per chi documenta situazioni di guerra perchè rischia e spesso perde la vita. (solo a Gaza ho letto di circa duecento reporter sono deceduti dal 7 ottobre 2023).
Inviato: 22/5 14:38
Modificato da archifoto su 22/5/2025 14:54:23
Modificato da archifoto su 22/5/2025 14:55:46 Modificato da archifoto su 22/5/2025 15:00:07 |
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Re: autocensura |
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23/6/2022 9:20 Messaggi:
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E pensare che sono 2000 anni che viene rappresentata ed esposta la figura realistica di qualcuno che è stato messo in croce, una persona vera, che è esistita di cui ci sono le fonti storiche (soprattutto dello storico Giuseppe Flavio nato a Gerusalemme sette anni dopo la morte di Gesù, per non parlare di Matteo e Giovanni). A prescindere dalla Fede che rappresentava, è esistita, è un fatto storico non solo di Fede, su quella croce c’era.
Non c’è nessuna obiezione su una persona che è stata torturata e inchiodata su una croce, rappresentata descrivendo dettagliatamente la sua sofferenza con i chiodi che trapassano i tendini, la difficoltà a respirare, l’agonia atroce che dura giorni e si legge in viso. Il fatto è che quella figura rappresentava qualcosa che andava ben oltre, quella stessa sofferenza rappresentava ben altro ed è per questo che è stata rappresentata nella sua cruda realtà. Ora se la fotografia di un essere umano colto nello stato di abbandono in cui si trova è la rappresentazione di ciò che non va nella nostra società non c’è nessuna pornografia, può esserci invece se serve a rafforzare il fastidio che qualcuno prova nel vedere in giro persone in quelle condizioni, se qualcuno dicesse: eccone un altro di quei barboni sudici che degradano le nostre strade, l’ho anche fotografato. Oppure: fra tutte le foto di barboni che ci sono in giro, la mia rappresenta la barbonaggine meglio di tutte perché sono bravo. Quindi per piacere cominciamo a non usare quel termine facendo di ogni erba un fascio, la discussione avrebbe un senso migliore (con Sander ci siamo già chiariti). E' impossibile documentare ciò che ci sta attorno, la vita delle persone di un quartiere, una attività artigianale ecc. ecc. chiedendo il permesso di fare una foto, perché da quel momento si fotografa gente che si è messa in posa, i gesti e le espressioni non sono più spontanei, il momento non è più lo stesso. QUI
Inviato: 22/5 19:51
Modificato da Pino su 22/5/2025 20:14:53
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Re: autocensura |
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29/5/2009 11:05 Da Bologna
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Sono d'accordo con Pino, dipende da come si utilizza la foto: se, come dice l'articolo l'immagine è in grado di smuovere sensibilità e creare attenzione verso un tema sociale ben venga! Io dico che non ne sono capace.
Inviato: 23/5 8:59
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Re: autocensura |
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26/8/2022 22:02 Da Correggio
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Avevo visto quest'immagine solo una volta, più di quarant'anni fa, in un museo di Trento, ma mi era rimasta talmente impressa da essermi tornata in mente, come tante altre volte, anche in quest'occasione e così l'ho cercata in rete.
È un’immagine molto tranquilla, priva di dettagli raccapriccianti, ma scatena tutto il suo potenziale di orrore quando leggiamo che si riferisce agli esperimenti che facevano i nazisti sui prigionieri per testare la resistenza al congelamento. Ha tutte le caratteristiche per essere considerata una “buona” immagine di documentazione e penso anzi che sia un bene che questa immagine esista, perché riassume, proprio nel contrasto tra l’atmosfera tranquilla e la drammaticità che possiamo intuire nello sguardo della vittima, tutta l’atrocità della prevaricazione dell’uomo sull’uomo. Allo stesso tempo però non posso fare a meno di pensare che lo scatto di questa fotografia sia stata un’ulteriore violenza sulla povera vittima, un gesto che ha calpestato ulteriormente la sua dignità. Questo solo per dire che il tema della rappresentazione del dolore e della violenza in fotografia (e mi riferisco alla specificità del mezzo fotografico, non paragonabile a mio avviso ad altre forme espressive, come la pittura, la letteratura o il cinema) è una questione complessa e delicata. Quando parlo di consensualità da parte del soggetto, non mi riferisco al consenso specifico per ogni singolo scatto, ma piuttosto a contesti generali in cui la figura del fotografo sia accettata e non subita, contesti quindi in cui è possibile fotografare liberamente e apertamente, senza che questo voglia necessariamente dire mettere in posa e senza che il soggetto avverta l’essere ripreso come un’ingerenza indebita. Direi che non sia possibile stabilire una regola generale su questo tema e per questo ho trovato particolarmente azzeccato il titolo di questa discussione.
Inviato: 23/5 14:40
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Riccardo | ||
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Re: autocensura |
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Quando la necessità di un'immagine è così forte e importante per la testimonianza che si è disposti a rischiare la vita. ..."Strappare un'immagine a questo inferno? Sembrava un'impresa doppiamente impossibile [...] .Dal canto loro, nel 1944, i capi della resistenza polacca chiesero delle foto.E fu così che, secondo una testimonianza raccolta da Langbein, un operaio civile riuscì a far avere di nascosto una macchina fotografica ai membri del Sonderkommando. Nella macchina, probabilmente, restava solo un pezzo di pellicola vergine.
Per scattare le foto ci fu bisogno di tutto un dispositivo di vigilanza collettiva.Il tetto del crematorio V fu intenzionalmente danneggiato, facendo in modo che alcuni menbri della squadra speciale fossero inviati dalle SS a ripararlo. Da lassù David Szmulewski poteva osservare e controllare coloro che avevano per l'appunto il compito di osservare e controllare il lavoro del Sonderkommando. Nascosto in fondo a un secchio, l'apparecchio fotografico finì nelle mani di un ebreo greco di nome Alex -ancora oggi si ignora il suo cognome- posto a un livello inferiore, davanti alla fossa di incinerazione, dove avrebbe dovuto lavorare come tutti gli altri.Terribile paradosso di questa camera oscura: per riuscire a estrarre la macchina dal secchio, a sistemare il visore, ad avvicinarla al viso e a scattare un serie di foto il fotografo ha dovuto nascondersi nella camera a gas appena svuotata-e forse non completamente -dei suoi cadaveri. L'uomo resta al riparo, nell'ombra.L'oscutità e la posizione angolata lo porteggono. Poi si fa coraggio, cambi aasse e avanza: la seconda inquadratura è più frontale, e leggermente più ravvicinata.Più arrischiata quindi.Ma anche, paradossalmente, più posata: più netta.Come se la paura fosse sparita per un istante dinanzi alla necessità di questo compito- strappare un'immagine". tratto da Georges Didi Huberman, Immagini malgrado tutto ed.Raffaello Cortina, 2005. il libro riporta le 4 fotografie descritte.
Inviato: 23/5 18:55
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