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NUS NOUS.
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NUS–NOà›S “Nus”, come nudi,”Nous” come mente: si tratta di due parole lontane sia come idioma ( l’una francese, l’altra greca), che come significato, unite insieme per denominare la mostra in un gioco di assonanza e di richiamo avendo come riferimento l’opera fotografica più recente di Giuseppe Persia, frutto di un percorso artistico iniziato a metà  degli anni ’70. Tale percorso si distingue per l’originalità  dell’ideazione e degli esiti che hanno portato l’artista a realizzare in fotografia ciò che più facilmente si ottiene in pittura o in scultura naturalmente usando materiali di altro tipo. Persia, invece, utilizzando per le sue composizioni un vecchio, glorioso, cimelio in ottone dell’800, ovvero un ottica francese e una macchina 10x12, ha operato a breve distanza dai soggetti prescelti puntando l’obiettivo su taluni particolari che, ingranditi a dismisura, si presentano come delle “entità  eidetiche” che prescindono dalla realtà  e dall’esperienza sensibile pur evocandola in varie guise. Queste forme seducenti, misteriose e, a volte, inquietanti, sembrano partire da un centro espandendosi dall’interno all’esterno per poi fermarsi sulla soglia di un audace equilibrismo. Ogni composizione presenta una sorta di imboccatura che scompare all’interno del singolo soggetto lasciando che a dominare lo spazio rimangano delle ikone segrete, capaci di rendere visibili le immagini interiori dell’Artista, nate dalla scelta di eliminare ogni dettaglio decorativo al fine di esaltare delle forme pure e risonanti, pronte ad evocare infiniti significati con il loro proteiforme manifestarsi. In questa ricerca artistica di tipo concettuale Persia fa prevalere la dimensione speculativa, volta ad indagare il mondo surreale dell’inconscio, un inconscio germinante da cui affiorano sia delle entità  verosimili che delle entità  misteriose eppure emotivamente coinvolgenti. E’ infatti verosimile che dei nudi femminili dalla metamorfica flessuosità  di volta in volta sembrino accarezzati da un soffio d’acqua, che li avvolge e li trascina a sé dolcemente, oppure ripiegati su sé stessi in solipsistica rassegnazione. Un corpo di donna dalla pelle ambrata è ripreso di spalle nella postura degli adoratori del sole in lidi e mari lontani; altrove la pelle appare diafana quasi alabastrina senza perdere una sua pregnante carnalità , la stessa che contraddistingue intrecci, incastri e lotte disperate dove altri corpi in sommovimento ora si liberano dalla materia solcando lo spazio, ora si immedesimano totalmente in essa rimanendo inestricabilmente congiunti mentre la luce guizza e traluce, crea recessi e curvature scivolando impertinente da un particolare all’altro. Le forme antropomorfe, ricavate dall’uso sapiente dei mezzi tecnici e dalla capacità  creativa di Giuseppe Persia, per la loro elegante politezza si possono degnamente accostare alle sculture di Arp e Moore ma, nel Nostro, le sorprese non mancano quando decide di mostrare le superfici deteriorate e corrose di quei corpi prima gaudiosi. Infatti divenendo lo specchio di un’umana condizione di sofferenza e di decadimento quella misteriosa epidermide si altera, presenta le ”taches” di rivoltanti bubboni, trasuda e gocciola mentre senza rémore l’obiettivo di Persia testimonia la metafora della vita, che è anche Male. In talune composizioni, oltre all’epidermide, anche le membra assumono delle variazioni espressive presentando dei contorcimenti, spinti fino alla deformità  più impudica… ma basta far ruotare la foto, o meglio il capo dello spettatore, che le masse, prima neoplastiche, si volgano in un placido abbandono mentre dal fondo niellato sembra aprirsi un grande fiore esotico, in guisa di un’orchidacea, la cui innocente carnalità  rimanda ancora all’urna della vita, al rassicurante grembo materno in cui l’individuo vorrebbe tornare per dimenticare le ambasce di una non facile quotidianità . Si tratta però di un’illusione che solo l’arte puà offrire, in questo caso l’arte di Giuseppe Persia, la cui fotografia è in grado alternativamente di trascinarci nel buio o di irradiare luce, di interrogarci o di dare risposte, di invitarci al sorriso oppure alla meditazione, di farci indispettire o anche tranquillizzare; di farci persino divertire quando veniamo a sapere che i protagonisti delle sue foto sono degli onesti peperoni, le cui macchie sono dovute ad una paziente attesa all’interno del frigo domestico che li ha lungamente custoditi. L’umiltà  e l’ordinarietà  del tema non fanno altro che confermare la straordinarietà  degli esiti raggiunti e la nobilitazione dei soggetti, le gigantesche bacche di cui sopra, una nobilitazione resa possibile grazie all’intervento dell’Artista che stravedendo ha visto, in profondità . Giovanna Calvo Di Ronco.

http://www.flickr.com/photos/linhof/

Inviato: 14/7/2007 9:04
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Re: NUS NOUS.
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8/1/2005 22:33
Da Varese
Messaggi: 4735
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Un lavoro senza dubbio affascinante ed intrigante, capace di liberare e ingannare la fantasia di chi vede quste opere. Un esempio ancora di come la fotografia non sia solo rappresentazione della realtà  ma possieda la caratteristica di reinterpretarla in maniera diversa da come i nostri occhi la percepiscono quotidianamente. ci sarebbe moltissimo da dire e da capire da un progetto fotografico del genere, sia dal punto di vista unicamente estetico/visivo che concettuale. A mio modo di vedere una segnalazione molto molto interessante. Grazie.

Marco

Inviato: 15/7/2007 23:56
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"I'm not a photographer the moment I pick up the camera.
When I pick one up, the hard work's already been done"

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Duane Michals


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Re: NUS NOUS.

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9/12/2004 21:10
Da Toscana
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Ciao,
interessanti le foto sono interessanti, anche se rimandano a Weston, e sono anche molto inquietanti perche' i corpi che si intravedono come per metamorfosi sono deformi.
Ve lo mettereste un bell'ingrandimento in casa? Io no, non lo potrei guardare. In un mondo che sta idolatrando la perfezione del corpo umano fino a correggerlo con plastiche aberranti e che volenti o nolenti ci condiziona, dei simulacri che sembrano immortalare il gobbo di Notre Dame non mi sembrano molto attraenti. E forse e' il loro punto di forza, ma come dicevo sono troppo inquietanti...
Ciao, grazie della segnalazione
Renzo

Inviato: 16/7/2007 0:43
.........

......
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Re: NUS NOUS.
Utente non più registrato
Io credo che un fotografo ma anche un pittore o uno scultore, quando eseguono un lavoro questo debba avere un'impronta personale, chi lo guarda deve risalire all'autore, non è così, le foto di corpi giovani sono tutte uguali, non si capisce chi le fa, potrebbe essere un grande fotografo di moda o un fotografo della domenica, sono tutte uguali, forse sarebbe più logico riconoscere un premio a photoshop.Citazione:

Falcopardo ha scritto:
Ciao,
interessanti le foto sono interessanti, anche se rimandano a Weston, e sono anche molto inquietanti perche' i corpi che si intravedono come per metamorfosi sono deformi.
Ve lo mettereste un bell'ingrandimento in casa? Io no, non lo potrei guardare. In un mondo che sta idolatrando la perfezione del corpo umano fino a correggerlo con plastiche aberranti e che volenti o nolenti ci condiziona, dei simulacri che sembrano immortalare il gobbo di Notre Dame non mi sembrano molto attraenti. E forse e' il loro punto di forza, ma come dicevo sono troppo inquietanti...
Ciao, grazie della segnalazione
Renzo

Inviato: 28/7/2007 7:24
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Re: NUS NOUS.
Moderatore
Iscritto il:
8/2/2005 19:08
Messaggi: 5349
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Citazione:

dr-linhof ha scritto:

Io credo che un fotografo ma anche un pittore o uno scultore, quando eseguono un lavoro questo debba avere un'impronta personale, chi lo guarda deve risalire all'autore, non è così, le foto di corpi giovani sono tutte uguali, non si capisce chi le fa, potrebbe essere un grande fotografo di moda o un fotografo della domenica, sono tutte uguali, forse sarebbe più logico riconoscere un premio a photoshop.



Gli strumenti sono sempre e solo strumenti: permettono di fare delle cose ed hanno dei limiti.

Per quel che mi riguarda, Photoshop è uno strumento così come è uno strumento un ingranditore o un Dagor. Quello che fa la differenza, e la farà  sempre, qualunque strumento e tecnica si usi, è la mente del fotografo e la sua capacità  di usare strumenti e tecniche per rendere visibili ad altri le sue visioni.

Non vedo poi, in tutta sincerità , tutta questa omogeneità  nella fotografia di 'corpi giovani', non, per lo meno, all'interno della ricerca artistica: forse c'è una maggior omogeneità  -ma non ne sono del tutto convinto- all'interno della fotografia commerciale, ma allora è necessario operare dei distinguo, altrimenti si rischiano generalizzazioni fuorvianti.


Andrea

Inviato: 28/7/2007 13:58
sono moderno, non contemporaneo
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