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Padova: da Weston a Giacomelli
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9 aprile 2006 / 21 aprile 2006

"Prima Luce. Fotografie da Edward Weston a Mario Giacomelli"
Al Palazzo del Monte di Pietà  di Padova una mostra che raccoglie le opere di alcuni dei più grandi maestri della fotografia tra gli anni trenta e il duemila
Comunicato stampa pubblicato lunedì 3 aprile 2006

La rassegna, promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Spettacolo – Centro Nazionale di Fotografia, presenta una serie di splendidi originali reperiti in giro per il mondo nel corso di molti anni e realizzati da alcuni dei più grandi maestri tra gli anni trenta e il duemila. Nucleo centrale dell’esposizione è la luce come fenomeno estetico assoluto.
La luce e il suo contrario, l’oscurità , sono presentate come elementi fondatori, polarità  primarie da cui scaturisce il tutto; la mostra fornisce spunti ed analisi sull’arte, sulla scienza e sulla tecnica. Nel processo fotografico la luce si manifesta in tre modi: luce come sorgente, come veicolo e come mezzo plastico, ma essa si svela anche nell’ombra, in quella che consideriamo l’oscurità  più assoluta; tutto è gradazione luminosa.

Tra gli autori presenti alcuni sono entrati a pieno titolo nella storia di questo rivoluzionario mezzo di comunicazione di massa ma anche di rinnovata espressione artistica: Edward Weston, Minor White, Barbara Morgan, Luigi Veronesi, Giuseppe Cavalli, Paul Caponigro, Mario Giacomelli, Robert Doisneau, Edouard Boubat, Ralph Gibson, e molti altri. Tra i capolavori in mostra sono da menzionare, tra gli altri, i fotogrammi di Luigi Veronesi, il famoso “Mushroom” realizzato nel 1931 da Edward Weston; una rarissima immagine di Ferruccio Leiss della fine degli anni ’40; i fotomontaggi costruttivisti di Barbara Morgan; le ricerche sulla “luce” nella Valle della Morte di Mroczynski; e la prima stampa di “Rifabbricarmi il mio mondo, i ricordi di un bambino nato nel 1925” di Mario Giacomelli.

APRILE FOTOGRAFIA A PADOVA, PALAZZO DEL MONTE DI PIETA'

Buona visione, Candidus

Inviato: 9/4/2006 19:00
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Ciao, volevo proprio aprire un post su questa mostra da cui sono appena tornato.
Mi è parsa una mostra molto interessante per le opere esposte anche se non altrettanto curata nella realizzazione delle incorniciature che mi sono sembrate piuttosto sommarie e disomogenee.
Sono rimasto molto colpito da Mroczynski per cui vorrei chiedere lumi su questo autore.
Invece continuo a non capire Giacomelli (di cui c'era solo una fotografia tra l'altro), .

Inviato: 9/4/2006 19:41
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Citazione:

Ostrega ha scritto:
Sono rimasto molto colpito da Mroczynski per cui vorrei chiedere lumi su questo autore.



Scusa, intendi Claus Mroczynski che fa fotografia di paesaggio americano?



Citazione:

Invece continuo a non capire Giacomelli


Cosa ti lascia perplesso in Giacomelli?





Inviato: 11/4/2006 15:04
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Penso di sì... certo che sono dotto io! (mi viene in mente "de la dotta ignoranza" dato che praticando, anche se solo per hobby, la fotografia faccio qualcosa di "dotto" ma evidentemente con assoluta ignoranza dei suoi autori)
Mi sono piaciute molto le sue stampe, anche se in quella mostra ce n'erano di cose su cui concentrarsi...
Tra l'altro anche la foto simbolo della mostra mi è sembrata bellissima: Emmet Gowin "Edith and Isaac Newtown".
Ultimamente ho un po' di cose da seguire, qui alla unversità  sicché non ho fatto a tempo a fare un semplice cerca su Google, magari mi bastava poco per sapere qualcosa.

Di giacomelli non riesco a capire perché siano così truccate le sue stampe... Sono evidenti i lavori di camera oscura, almeno le cose più grosse! Nella fotografia presente alla mostra c'era uno scorcio tra rami innevato tra i quali si distingueva uno stendibiancheria mentre al centro, che la neve rendeva completamente bianco, era stato posto un lupo e poco più a sinistra un uccello non meglio identificato (ricordava una immagine fiabesca).
Gli animali erano come tratti da un collage con i bordi tagliati con la forbice, inoltre non rispettavano la reale forma del soggetto.
Non sono proprio così sciocco da contraddire tutti i critici che hanno posto Giacomelli tra i grandi della fotografia ma non riesco a capire che cosa devo cogliere dalle sue opere che ad un mero giudizio estetico non mi piacciono.


Inviato: 11/4/2006 16:26
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Guarda, è impossibile sintetizzare in poche righe su un forum il mio pensiero, e quello della critica, sulla fotografia di Giacomelli, tanto più che tra i grandi "maestri" è il fotografo italiano che personalmente amo di più, e quindi la tendenza potrebbe essere quella di riempire il mio intervento con emozioni, ricordi ed impressioni personali che hanno più a che fare con il mio rapporto con i suoi lavori che con la sua fotografia in quanto tale...

Però possiamo dire un paio di cose che possono aiutarti a trovare una chiave di lettura, sia estetica che concettuale...intanto il fatto che nella fotografia di Giacomelli, soprattutto da un certo periodo in poi, l'aspetto onirico, inteso soprattutto come manifestazione del subconsio, e quindi anche la necessità  di mettere ed esorcizzare attraverso la fotografia tutte le proprie paure e le proprie angosce, infantili e non, sia un elemento fondamentale delle immagini di Giacomelli, se non si capisce questa cosa c'è il rischio di "perdere" il senso dei suoi lavori o di alcuni suoi esperimenti in camera oscura...pochi autori sono così intrinsecamente "soggettivi" e "presenti" nei propri lavori come Giacomelli, tanto che questi non hanno altra funzione che rappresentare il pensiero intimo, l'io, dell'autore, senza nessun riferimento di "verità ", le sue immagini sono vere e proprie proiezioni interiori, sogni, finestre sull'io del fotografo, spazi visivi in cui sfogare le proprie paure, i propri incubi, le proprie angosce, una "necessità " del fotografare prima di tutto per esorcizzare paure e ricordi, e poi, forse, per documentare la realtà  che, in quanto tale, per Giacomelli non esiste al di fuori di sè e quindi non esiste nenanche come parametro di "verità "...ecco perchè la "forma" in Giacomelli puà apparire spiazzante, puà anche indurre repulsione, perchè ha un ruolo completamente sganciato dalla realtà  e dalle sue leggi, le immagini di Giacomelli non hanno niente a che fare con la realtà , con la documentazione della realtà  e con la verità  della forma e della narrazione, ed invece la forma in Giacomelli tende necessariamente al "deforme", perchè appunto il reale è "deformato" sempre attraverso la lente, di nuovo "deformante", del suo io...esemplare in questo senso la frase di Giacomelli, riferita ad uno dei suoi lavori più famosi e che lui ha più amato, "Verrà  la motre ed avrà  i tuoi occhi" realizzato all'interno di un ospizio di Senigallia: "Più che quello che avevo davanti agli occhi volevo rendere quello che avevo dentro di me"...a questo aggiungici l'amore di Giacomelli per la pittura astratta e per la poesia (forse tra i pochi fotografi ad aver realizzato dei lavori straordinari ispirandosi ai versi di alcuni poeti) e questo ti da una idea della complessità  del mondo visuale ed espressivo di questo fotografo, e di quante cose dovremmo dire ed analizzare per avvicinraci solo ad un barlume di intuizione del suo mondo e della sua fotografia...

Forse è meglio fare parlare direttamente lui...qui c'è una straordinaria intervista che ti invito a leggere, poi mi piacerebbe commentarla insieme a tutti gli amici del forum, soprattutto i primo passaggi in cui Giacomelli manifesta tutto il suo totale disinteresse per l'aspetto "tecnico" della fotografia a favore del rapporto emozionale ed empatico con i propri strumenti di lavoro, che per lui sono stati per tutta la vita una sola macchina fotografica autocostruita e tenuta insieme con lo scotch, penso che in tempi in cui gli stampatori (digitali, io per primo!) si interessano sempre più a faccende che sono più di competenza dei tipografi, e tutti quanti ci sentiamo spesso "costretti" a correre dietro a tutte le nuove uscite a livello di attrezzatura, pur con la consapevolezza che di Giacomelli c'è ne è stato solo uno e il suo percorso non puà essere anche il nostro, però penso che le sue parole ci potrebbero aiutare a riappropiarci proprio della fotografia principalmente intesa come forma d'arte:

http://www.horvatland.com/pages/entrevues/03-giacomelli-it_fr.htm

Questo invece è un sito carino in cui i lavori di Giacomelli sono affiancati dalle sue parole:

http://digilander.libero.it/marcphoto/giacomelli/



Inviato: 12/4/2006 13:07
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli

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9/12/2004 21:10
Da Toscana
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Ciao,
ho guardato le foto di Giacomelli, solo le foto, del quale alcune le conoscevo gia' perche' sono famosissime come quelle dei pretini.
Non so voi, ma a me si e' accapponata la pelle e mi sono commosso....
Ciao,
Renzo

Ho anche letto tutto il resto: non so quanto mi ci vorra' a riprendermi....

Inviato: 12/4/2006 13:15
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli

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27/3/2004 10:06
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Un grazie a Marco per i link su Giacomelli ... fanno riflettere.

alessio

Inviato: 12/4/2006 13:23
Skype: Disperso69

Tessera C.F.A.O. n°2

"il 35 mm urla, il grande formato è ... silenzio!"
......
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Ciao,
Grazie della "spiegazione". Sotto questa nuova luce "psicologica" Giacomelli acquista tutto un altro aspetto.
Nella fotografia alla mostra questo concetto era più evidente che nei suoi paesaggi, infatti forse avevo cominciato ad intuire questa sua tendenza dall'aspetto un po' fiabesco di quella stampa (come ho detto sopra).
A questo punto Giacomelli non mi sento di definirlo "fotografo" in senso stretto perché lui si avvicinava molto anche alla pittura, o meglio ad una composizione grafica.
Da qui credo possa nascere una discussione lunghissima su definizioni e concetti che non riuscirei mai a sopportare attraverso un forum, per certe cose ci vuole una faccia a faccia, che potrebbe essere un po' sofista.
La intervista l'ho stampata (non in camera oscura ) e la leggerà questa sera spero.
Ora bisogna che mi riguardi il libro Paesaggi: Fontana/Giacomelli.
Noto tra l'altro l'immediata apparizione della tua nuova firma .
Dato il mondo di oggi hai forse dimenticato una parte importante: "...Ho smontato un'altra macchina di un mio amico togliendo tutte le cose inutili."


Inviato: 12/4/2006 14:56
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Interessante l'intervista, e alcune delle cose che dice Giacomelli sono così profonde, così toccanti, che non mi riesce facile commentarle.
Il tempo che passa, e le cose che succedono e nessuno le guarda, e i momenti che non tornano più, il senso unico ma anche la sorpresa e il dubbio di esserci ancora domani, o tra un'ora o tra un anno, eppure comportarsi come se si vivesse per sempre noi e tutti gli altri, i nostri cari.
Sono temi universali ed eterni, sempre trattati, sempre cantati, eppure non è facile, non sono mai scontati.

Mi è piaciuta tantissimo la descrizione di come dipingeva, nel senso che iniziava un quadro la sera e poi voleva finirlo nel giorno stesso prima di addormentarsi, perché l'indomani sarebbe stato una persona diversa, con occhi diversi e una tensione diversa.

Ho visto tante mostre di Giacomelli eppure questa intervista mi ha molto aiutato a capire un po' di più tante sue foto.

Fer

Inviato: 12/4/2006 15:44
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli

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Sono d’accordo con voi, è riduttivo definire Giacomelli un fotografo e giudicarlo secondo i criteri dello “specifico fotografico”. Giacomelli è un artista, un poeta, che usa strumenti fotografici. Un tempo si accusava il cinema di essere teatrale, il teatro di essere letterario o cinematografico, la pittura di essere fotografica e la fotografia di essere pittorica. Questa teoria della specificità  dei linguaggi ha acquisito risultati importanti, senza dubbio, ma si è fortunatamente un po’ perduta ed ora la distinzione e la commistione delle tecniche non preoccupano più e si guarda al risultato, inquadrandolo in categorie storico/espressive piuttosto che tecnico/linguistiche. Questo non significa, tuttavia, che la tecnica non abbia importanza. A ma è piace molto, ad esempio, l’ambiente di Pietrasanta, sotto le Alpi Apuane, dove convivono scultori da biennali, da chiese e da cimiteri, che discutono non di poetiche, ma di vene, di tagli, di arnesi, di chiaroscuri e di tante altre cose che io fatico a mettere in rapporto con il marmo, ma che per loro sono lampanti. Del resto anche in questi forum noi discutiamo di tecnicalia, per poi sperimentare nel nostro operare le cognizioni acquisite. Sono discorsi concreti, sperimentalmente verificabili. Poi uno farà  cartoline, un altro praticherà  l’avanguardia più spericolata. L’importante è che alla base di queste scelte ci sia una solida formazione tecnica. I grandi dell’informale erano, come si sa, dei maghi nell’uso dei colori e dei materiali. Vorrei aggiungere che anche la riflessione estetico filosofica è importante, ma cadrei in un cerchiobottismo esagerato. Non lo faccio.
Umberto

Inviato: 12/4/2006 17:01
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Spero di non abbassare troppo il livello della discussione, con questa piccola riflessione: mi rendo sempre più conto di un dualismo nel mio modo di vivere la fotografia.
Me ne sono reso conto bene da quando ho preso confidenza con la 5D, una macchina che mi dà  una qualità  d'immagine, una versatilità  e un controllo da vero "strumento che abilita senza mettersi in mezzo", permettendomi di concentrarmi, volendo, solo sulle immagini. Appunto, ora potrei "finalmente" concentrarmi solo sulle immagini e invece mi riscopro a passare un pomeriggio dietro una vetusta Horseman degli anni '70, a giocare spesso con una stenopeica più o meno autocostruita, a godere dello scatto dell'otturatore Pentax della mia 645, a spostare avanti e indietro il cursore dei diaframmi del vecchio Symmar, a trarre piacere dagli oggetti quando dovrei star fuori a fotografare.

Allora ho capito che in me convive l'appassionato di meccanica e ottica che gode nell'usare e riguardare questi vecchi, affascinanti strumenti, a sentirne il profumo di lubrificante e vernice, ad ascoltare il suono metallico di un meccanismo che opera; *e*, slegato, schizoide, l'uomo che si guarda intorno, verso un'immagine che chiama e vuole essere catturata in modo diretto, che sente di voler terminare certi racconti, che ha delle fotografie dentro che vogliono uscire.
Due diverse, diversissime facce che solo casualmente si incontrano nella fotografia, ma che in realtà  hanno poco o niente a che spartire. Una potrebbe appagarsi di un vecchio motore da lucidare e sentir rombare, l'altra di una tela su cui dipingere o di un foglio bianco su cui scrivere cose, ma guarda un po', la fotografia con i suoi strumenti le mette di fronte allo stesso tavolo. Ad azzuffarsi per contendersi tempo e altre risorse.

Fer

Inviato: 12/4/2006 17:20
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Fer ti capisco .
Anche a me paicciono molto le cose e le cosette fotografiche, mi salva il fatto che sono uno studente squattrinato .
In maniera un po' indiretta anche io ho fatto della introspettiva ed ho visto che sono piuttosto incline a seguire alcuni periodi di "passione" per certi soggetti (gli uccelli, il paesaggio, la macro, il minimalismo, le fonti di luce curate ecc. ed ora con Giacomelli chissà  che cosa mi balenerà  per la testa) ma dopo poco ritorno sempre ad un mio "stile", a certi miei stereotipi ed al mio modo di fare, pur applicati ad ambiti diversi... Che tristezza: mi sembra di non aver trovato ancora la mia strada espressiva (e mi viene il dubbio di non averla).


Inviato: 12/4/2006 18:31
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
Utente non più registrato
Ho scritto più in grande io o qualcosa non ha funzionato come al solito?

Inviato: 12/4/2006 18:34
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Ostrega ha scritto:
Noto tra l'altro l'immediata apparizione della tua nuova firma .
Dato il mondo di oggi hai forse dimenticato una parte importante: "...Ho smontato un'altra macchina di un mio amico togliendo tutte le cose inutili."



Eeeeehhh, mi ero completamente dimenticato di questa intervista che ho "rispolverato" dai miei archivi, quando ho letto la frase ho sentito la stessa scossa elettrica di quando l'avevo letta la prima volta, non potevo non metterla come firma...hai ragione, quel "togliendo tutte le cose inutili" è assolutamente straordinario!!, solo che non ci sta nella firma ...



Inviato: 13/4/2006 13:52
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli

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Pero...non prendiamo troppo sul serio il disinteresse pauperistico di Giacomelli verso la tecnologia. Ho sempre letto e sentito dire che la sua leggendera macchina era una Kobell di Boniforti, prodotto sì artigianale, ma di alto livello: era una 6x9 a telemetro con Xenar 1:3,5 su Compur. Maggiori informazioni qui:
www.topgabacho.com/Perseo.htm
oppure qui:
www.storia900bivc.it/archiviobaita/villa.html
Il secondo sito è meno tecnico, ma ha il vantaggio di non essere scritto in giapponese.
Gli artisti si concedono dei momenti di civetteria: vi ricordate le interviste di Fellini? Ai giornalisti che gli chiedevano cosa significasse questo o quello rispondeva che non sapeva, che gli era venuta così per caso (mesi di lavoro, liardi di lire e migliaia di persone impegnate).



Inviato: 13/4/2006 15:32
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli

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Trovo anche questo brano di forum da PHOTO.NET che mi sembra molto interessanre:
http://www.photo.net/bboard/q-and-a-fetch-msg?msg_id=00BZ38

Inviato: 13/4/2006 16:04
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Però la Kobell da te linkata non ha il tempo "2" (verosimilmente 1/2") di cui parla Giacomelli nell'intervista: al di sotto di 1/20" ha direttamente la posa "B", quindi almeno l'otturatore non puà essere lo stesso (anche perché Giacomelli dice che invece quando c'è luce usa 1/25, e anche questo tempo non ce l'ha la Kobell).

Fer

Inviato: 13/4/2006 16:04
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli

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Scusami Fer, mi pare che i Compur avessero i tempi 1 2 5 10 25 50 100 e poi da 200 a 500 secondo il diametro. Forse anche i primi Syncro Compur avevano la stessa progressione . Credo che la successione "moderna" 1 2 4 8 15 30 60 125 250 500 sia subentrata contemporaneamente all'introduzione dei valori di luminosità . La macchina fotografata in mano a Giacomelli sul saggio di Marcello Volpi, richiamato qualche intervento sopra, è molto simile
a quella illustrata nel link giapponese; l'unica differenza che si nota è il mirino galileiano, piazzato in mezzo al telemetro. La cosa non deve stupire - direbbe il ricercatore - se si tiene presente che si trattava di un prodotto di fattura artigianale, al quale Giacomelli fece a sua volta mettere le mani (difficile però inserire a posteriori un mirino ottico). Da un aneddoto riferito sempre da Volpi (op.cit.) apprendiamo anche che la macchina era dotata di autoscatto; non credo quindi che avesse i tempi lunghi che si fermavano al 25°. Che bello, stiamo facendo della filologia! Spero di non aver detto sciocchezze. Umberto

Inviato: 13/4/2006 19:37
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli
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Non mi sono spiegato: nelle foto della Kobell che tu hai linkato, i tempi impostabili sull'otturatore si vedono, e sono B-20-etc., mentre Giacomelli parla di 1/2 e 1/25. Quindi o la sua Kobell montava un otturatore diverso da quella che hai linkato (ma quante ne hanno prodotte?), o era una macchina un po' "pasticciata" come lui sembra suggerire (che significa tra l'altro che il formato era stato "ridotto a sei per otto e mezzo"? Il formato "6x9" nativo di queste macchine è in realtà  sempre stato 55x84).

Peraltro sono d'accordissimo con te quando parli dell'atteggiamento di molti artisti che "snobbano apposta" la tecnica: anche nell'intervista, si vede bene che quando l'intervistatore va a scavare con domande di un certo tipo Giacomelli sa benissimo che macchina ha e come la usa tecnicamente.

Idem per molti artisti o professionisti che a parole non danno nessuna importanza alla loro attrezzatura, poi scopri che hanno 1 corredo per ogni tipo di situazione fotografica (più che giustamente, aggiungo io).

Fer

Inviato: 13/4/2006 20:15
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Re: Padova: da Weston a Giacomelli

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Guardando bene il link giapponese, noto una ghiera dei tempi
che prima non avevo visto, senza i tempi lunghi ma con il 1000°. E' quella cui tu fai riferimento, vero? Vedo anche una foto della macchina con obiettivo staccato e con bocchettone con passo a vite. Quella del link è quindi una macchina ad ottica intercambiabile. Ha anche un'altra caratteristica: il dorso con vetro smerigliato e slitta per l'utilizzo di lastre. Bene. L'obiettivo che, come dice chiaramente il testo giapponese, è uno Schneider Xenar 105 mm 1:3,5, pare dotato di un suo otturature, centrale (leggerei Compur). Dunque la macchina del link sembra avere due otturatori: uno centrale, in blocco con l'obiettivo ed asportabile con questo, ed uno a tendina, per arrivare a tempi più rapidi e per l'uso con obiettivi senza otturatore. Questa la macchina del link.
Quella di Giacomelli, vediamo dalla foto, è diversa perchè ha il mirino ottico, mentre quella del link ne è priva (contava probabilmente su un mirino aggiuntivo, forse multifocale; negli anni 50 i nostri artigiani facevano delle cose incredibili, a partire dalla Rectaflex). Sappiamo che Giacomelli (ce lo dice lui nell'intervista di Horvat)sparava il flash sui suoi vecchietti. Dunque aveva un otturatore sincronizzato. Niente ci fa pensare che la sua macchina fosse ad ottica intercambiabile; mi pare anzi di aver letto di "un solo obiettivo". Se era ad ottica fissa e sicronizzata per il flash doveva avere con tutta probabilità  un otturatore centrale, un Syncro Compur, appunto, del tipo più vecchio, quelli con i tempi 1 2 5 10 25 ecc. Se l'ottica non era intercambiabile, il mirino ottico ci stava a proposito. Cosa ne dici, Fer, di questo teorema? Mi viene voglia di caricare i caratteri giapponesi e passare il testo nel traduttore automatico giapponese/inglese di Google. Una volta l'ho fatto e ne sono venuti fuori dei risultati abbastanza folli. Il traduttore allora era in versione beta, chissà  adesso...
Umberto

Inviato: 13/4/2006 22:56
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