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Re: Ian Cameron, un paesaggista coi fiocchi!

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8/10/2006 17:44
Da Torino
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Infatti se guardo questa foto non mi viene da chiedere che ottica hai usato o che filtro hai applicato, ma guardo quello che hai fotografato, la natura. Non c'è l'artificio retorico dell'inquadratura del filtro, sfacciatamente mostrati. Poi, ovviamente, si puà discutere sulle caratteristiche della fotografia in quanto tale. Ci mancherebbe.
Adams comunque rimane solo un esempio, non ho un riferimento solo. Per me la fotografia é differenza. Per questo mi piace molto anche Ghirri, figurati.
bs
marco

in Sardegna ho fotografato una roccia fatta a forma di trono; un trono, perfetto. Così come rocce fatte a forma di testa di animale. Questa é molto bella, anche per le dimensioni.

Inviato: 6/12/2009 14:31
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

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Re: Ian Cameron, un paesaggista coi fiocchi!

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8/10/2006 17:44
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ciao Osvi,
il tuo discorso é molto chiaro. Ed é uno dei modi di concepire il paesaggio. Il bello é che all'interno di questo approccio allora ritorno ad Ansel Adams che trovo straordinario come invenzione del paesaggio. Quando stampa le sue foto con le montagne quasi nere, che ovviamente non esistono, ma é in grado di restituirci la grandezza di quella montagna, é unico. Quando dico invenzione intendo che in ogni caso l'immagine creata, la fotografia che riusciamo a fare é un invenzione rispetto a quello che ci troviamo davanti. Se così non fosse basterebbe fotografare un bel tramonto ed ottenre un risultato comparabil all'esperienze che abbiamo in quel momento. Ma come tu sai non é così. Bisogna fotografarlo. Ci sono persone non fotografi che fanno delle terribili foto di tramonti, perchè usano una brutte pellicola, un brutto obiettivo, ecc, ecc. Eppure il tramonto era bello. Allora dov'è la natura che naturalmente dovrebbe apparire così com'è su un qualunque supporto, digitale o chimico? Lo sappiamo, non c'è.
Ma c'è la fotografia della natura. E allora preferisco quelle foto che non dichiarano in modo sfacciato la loro fotograficità , ma che provano a restituirci un'idea della natura sperimentabile anche personalmente, almeno un po, e che producono "effetti di senso" di vera natura. Effetti, sia chiaro, perchè di più non si puà. Ma talvolta l'effetto è fatto così bene che sembra natura. Molte di quelle foto che abbiamo citato non mi ridanno la natura, ma mi restituiscono solo un abilità  tecnica.
Il bello é che alla fin fine ognuno vede queste cose con la sua cultura, che é anche, in senso pre-fotografico, una cultura sulla natura.
Buon scatto Osvi e ci si vede alle prossime tue foto.
marco


Inviato: 6/12/2009 12:18
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Re: Ian Cameron, un paesaggista coi fiocchi!

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8/10/2006 17:44
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ciao Luciano, necessariamente si andrà  un po OT e non sarà breve.
Innanzi tutto devo dirti che non ho uno o più fotografi che amo particolarmente per quanto riguarda il paesaggio. E' un genere fotografico che seguo volentieri nei suoi diversi aspetti e credo anche di essere abbastanza influenzato, per stare su un autore italiano, da Ghirri, ma non sempre.
Più in generale l'affermazione che tu riporti "il paesaggio mi sembra ben altra cosa" si riferisce soprattutto al fatto che quel tipo di estetica paesaggistica, che abbiamo visto in quelle foto, si limita a ridare del paesaggio una e una sola visione, molto streotipata e poco incline a cogliere del paesaggio le sue diverse sfumature. Insomma, deve essere sempre "bello", ovviamente secondo quell'estetica, deve essere sognante, straordinario e fotograficamente "tecnico" e cioè un paesaggio fotografato secondo quelle modalità  tecniche che tu hai ben descritto. E si devono vedere perchè quel tipo di fotografia deve dire di se che é anche una bella fotografia, sempre secondo quell'estetica. Per tutto questo mi sento di dire che il paesaggi é ben altra cosa. Poi lo é perchè dl paesaggio vi sono, direi, molteplici visioni. E' de 1975 la mostra "New topographics photographs of man altered landscape" curata da W.Jenkins, dove autori quali Adams, Baltz, i Becher, Deal, Shore e altri iniziano a dire cose diverse sul paesaggio staccandosi sia dall'estetica di A.A. (l'ho prima citato non tanto perchè mi piaccia, pur ritendolo un grande, ma piuttosto per una sua impronta e identità  assolutamete originale, una grande capacità  di immaginare il paesaggio), che di Weston, Stieglitz, ecc. In Italia nell'87, Paolo Costantini cura a Palazzo Fortuny, la mostra "Nuovo paesaggio americano. Dialectical Landescapes". Sempre in Italia esce l'eciclopedia della fotografia (se non erro edizione Garzanti) che introduce in modo esemplare al paesaggio italiano e nell'84 Luigi Ghirri organizza "Viaggio in Italia", al quale partecipano Basilico, Jodice, Chiaromonte, Cresci. Quest'anno l'edizione di Fotografia Europea a Reggio Emilia ha fatto omaggio a Ghirri con una sola sua foto, con un allestimento di grande eleganza e impatto. Passando poi per Basilico che credo abbia dato un ulteriore punto di vista alla fotografia di paesaggio, sia con le missioni francesi della DATAR che con altri lavori. Per arrivare a Vitali. Passerei anche dal Koudelka di Caos. Questi sono almeno alcuni tra i più importanti punti di riferimento per discutere di cosa oggi é la fotografia di paesaggio, alla luce di un ottica che tende non a confermare stereotipi visivi ma che vuole guardare all'evoluzione dello sguardo sul paesaggio. Aggiungerei almeno per l'interesse dell'operazione, un po meno per i risultati, Linea di confine, inziativa del Comune di Modena e Reggio Emilia. Sicuramente non ne ho detti molti altri. Alla fin fine mi piace anche Kenna, senza esagerare, come altri autori italiani di cui ora non ho sotto mani i nomi. Tutto ciò per dire che le foto da cui siamo partiti parlano molti di più di se stesse e poco del paesaggio, raccontano di come sono fatte, dei filtri, degli obiettivi che usano. Di fronte a quelle foto si dice, ma che filtro ha usato, ma che grandangolo era, ecc...di fronte alle foto che ho indicato credo che si pensi di più al paesaggio e al rapporto che instauriamo con lui. Per questo dico che il paesaggio mi sembra ben altra cosa.
Scusami per la lunghezza, ma qualcosa dovevo pur mettere nel piatto. Sarebbe interessante fare un articoletto con le foto, ma é un po impegnativo. Ma non si sa mai.
bs
marco

Inviato: 6/12/2009 1:47
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Re: Kenna: interview

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si, una bella intervista (qualcosa me lo devo rileggere...), soprattutto per la "leggerezza" con cui affronta l'aspetto tecnico, che nella fotografia ha un peso specifico considerevole.
grazie
bs
marco

Inviato: 5/12/2009 16:09
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Re: Ian Cameron, un paesaggista coi fiocchi!

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Mi sono guardato tutti i fotografi citati. Sinceramente trovo quasi imbarazzante questo modo di interpretare il genere paesaggio (sia chiaro non sto parlando del genere paesaggio che mi sembra ben altra cosa). Ci sono fotografie di diversi fotografi che se prese una per una e messe insieme in una gallery sembrerebbero appartenere allo stesso fotografo. Inquadrature identiche, stesse luci, stesso gusto, ecc, ecc (si differenzia Waite, é vero).
Sono fotografie dove la spettacolarità  è l'elemento più importante. Possono essere per questo "belle", perchè usano forme retoriche ampiamente consolidate e funzionanti per attrarre l'occhio, e per questo esprimono una certa cultura visiva. Ma sono così retoriche nella loro ridondanza da diventare stucchevoli. Scusate, ma credo che questo modo di fotografare porti con se un elemento di "conservazione visiva" al confronto del quale il grande e vecchio A.A. continua ad essere un grande, con tutti i suoi anni. (lo é comunque senza paragoni, sia chiaro).
bs
marco





Inviato: 5/12/2009 12:15
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Re: Serafino Maiorano

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Quotando i post di Luciano che chiariscono bene alcune cose di questa discussione, aggiungo una cosa sulla questione che viene evocata del rapporto tra tradizione e non tradizione che onestamente mi sembra, questo si, un po desueto. Provo a spiegarmi. Vent'anni fa partecipai come collaboratore all'organizzazione di un settore della Biennale di Fotografia di Torino, chiamato Varianze, nel quale si indagava il rapporto tra fotografia e altri media, sulle contaminazioni e i confini di questo rapporto attraverso il lavoro di artisti e fotografi. Vent'anni fa, non ieri. La storia della fotografia insegna come la stessa fotografia ha nel suo dna la "varianza" perchè mezzo tecnologico per eccellenza. Certamente la stessa storia della fotografia ci dice che esistono fotografi che hanno usato il mezzo in un certo modo che siamo abituati a chiamare tradizionale, ma Moholy Nagy, Man Ray e molti altri ci hanno detto anche e molto altro. E non é una questione di arte. E' una questione di fotografia. Maiorano fa fotografia che qualcuno per ragione di mercato chiama arte e ci fa dei soldi, ma sarebbe più interessante e proficuo chiamarla semplicemente fotografia in grado di dire e fare le stesse cose che fa un altro tipo di fotografia.
Per questo é interessante parlare di Maiorano ma anche di come, non solo Mxa, ma chiunque guarda e commenta Maiorano.
bs
marco


Inviato: 5/12/2009 11:13
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Re: case di zingari ricchi

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In questo caso non parlerei proprio di kitsch nel senso che usiamo, ad esempio, per identificare molte case di arricchiti italiani. L'uso del colore "esplosivo" é nella cultura zingara, così come quello di far vedere le cose che si ritengono belle, mostrarle e non tenerle nascoste. Aggiungo queste semplici considerazioni perchè credo che siano utili per leggere queste foto. Anche in quella parte degli zingari che conosciamo meglio perchè tutti i giorni li troviamo ai semafori e che sono la parte più povera dell'universo zingaro, c'è un uso particolare dell'abbigliamento colorato e vistoso. Oltretutto gli interni di queste case dimostrano anche una certa stratificazione del gusto, dal tradizionale al contemporaneo, sempre declinato secondo modelli loro. Questo si, puà sembrare un segno della contaminazione con culture non loro.
bs
marco



Inviato: 23/11/2009 12:56
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Re: Fotografia alla Biennale d'arte di Venezia

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Ho sbagliato su Reggio Emilia, era quest'anno. Pensa solo cosa sta succendendo a Milano in questi ultimi due anni, con lo spazio Forma e con altri spazi (se si vuole si approfondisce).
E' che personalmente vedo la cosa nel suo sviluppo, nel suo percorso e mi sembra che in questi ultimi anni la fotografia in questo paese é in movimento, più di quello che qua é la si dice.
Che poi alcuni paesi siano "più avanti", non c'è dubbio, perlomeno nella loro storia. Ma questo vale anche nel design, nella comunicazione, nella grafica, nel web design, il nord Europa e la cultura anglosassone su questi ambiti hanno, da sempre, un passo lungo. Quello che voglio dire é che sulla fotografia, oltre a molte eccellenze, nel nostro paese si stanno muovendo diverse cose.
Non voglio tacere i ritardi, le mancanze, le storture, i difetti, il malgoverno nella cosa pubblica (che pesa anche sulla storia della fotografia, sono di Torino e qualche storiella da raccontare ci sarebbe) che in questo paese abbondano. Ma a maggior ragione e proprio per questo credo che le cose che vengono fatte e non sono poche, vanno pubblicizzate, raccontate, per sostenerle. Così come vanno raccontate le cose che non vanno nel settore della fotografia.
bs
marco


Inviato: 17/11/2009 18:58
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Re: Fotografia alla Biennale d'arte di Venezia

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Se guardiamo alla Fotografia nel suo insieme (la F maiuscola mi induce a pensare questo), in questo paese male non sta. Negli ultimi anni sono nate realtà  espositive, festival, iniziative, blog di qualità , pubblicazioni, workshop.
Se si parla di foto d'arte la questione é ancora diversa, ma lascio la parola a Marco&Co che conoscono meglio il settore. Se si parla di Venezia, é ancora un altra storia. Due edizioni fa era piena di fotografia, come anche Artissima di un paio di edizioni fa. Come dire, c'è stato un periodo d'oro della fotografia nell'arte contemporanea, che però non é solo fotografia. E forse ne hanno fatto indigestione.
Che poi si aggiungano, come diceva giustamente Marco, le scelte dei curatori che sono quasi sempre scelte che vogliono tracciare direzioni, o almeno ci provano, questo determina un ulteriore elemento di difficolta nel ragionare su come stanno le cose. Cosa di per se complicata e che oggi non saprei proprio chi riesce a fare con la dovuta qualità , fuori dagli stereotipi e dagli interessi.
E poi l'estero, l'anno scorso alla Tate a Londra c'era la mostra Street&Studio, interessante nelle ambizioni. Mah, che devo dire, il Festival di Reggio Emilia, diretto da Grazioli, "Fotografia Europea" stava una spanna sopra, A mio parere, ovvio. Ma é solo un esempio e vale per se stesso.
bs
marco

Sicuramente in questo paese c'è l'abitudine a parlare male del proprio paese. Ci sono un paio di blog, tra quelli conosciuti, che ne hanno fatto uno sport, con relativi ultras. Sarebbe interessante guardare con una maggior "sospensione del giudizio".

Inviato: 17/11/2009 14:51
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Re: La bella vita del medioformatista digitale

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Galago, ho una domanda. Se quelle alte luci non fossero bucate, che foto sarebbe? E'una domanda retorica, certo, ma me la continuo a chiedere quando vedo tutto sto ben di dio a fronte di foto mortifere. E' un discorso in generale e non tanto specifico su questo gruppo PhaseOne, che é pure simpatico. Visto in foto.
bs
marco

Inviato: 14/11/2009 11:33
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Re: Midway di Chris Jordan

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archifoto, cita, cita...volentieri, se me lo mandi, lo leggo. Siamo un po OT, ma non così tanto. Non è detto che si dica alla fin fine cose simili, e se così non fosse abbiamo semplicemente idee diverse. La questione della valutazione di un lavoro l'abbiamo anche dibattuta in passato é che non so più dove.
Grazie,
aspetto
bs
marco

Inviato: 13/11/2009 12:10
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Re: Midway di Chris Jordan

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Così, per aggiungere un po di materiale...
http://en.wikipedia.org/wiki/Great_Pacific_Garbage_Patch
archifoto, non metto assolutamente in discussione come ognuno sceglie le foto per se, da appendere o meno, ci mancherebbe altro. Segnalavo solo il fatto che le scelte personali possono non funzionare nella valutazione di un lavoro altrui. Nemmeno io mi metterei una foto di questo lavoro di Jordan in casa, ma la valutazione prende in esame altri parametri. Spero di essermi spiegato.
bs
marco

Inviato: 13/11/2009 9:14
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Re: Midway di Chris Jordan

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ciao Marco, dai, non metterci troppo a tornare, che mi incuriosisce sapere perchè non ti piace questo lavoro, almeno per ora.
a presto,
marco


Inviato: 12/11/2009 14:32
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Re: Midway di Chris Jordan

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Ci sono alcuni aspetti che questo lavoro porta a galla.
La veridicità  dell'immagine. Sono costruite? non si sa, almeno per ora, certo si é preoccupato di portali li, di posizionarli e quant'altro. Per me conta, in questo caso, che sia verosimile, e che mi faccia capire che effettivamente quel problema esiste e produce quei risultati. E sul processo di ricostruzione si valuta caso per caso. Dobbiamo fidarci di Jordan, della sua onestà , del suo impegno. Non c'è altro modo, e questo vale anche nel reportage più forte e crudo. Altre volte ne abbiamo parlato e se si vuole si apre un altro 3d per parlarne. Insomma, la questione é anche e soprattutto extrafotografica.
I confini tra arte e documento. Questo lavoro sembra volerci ricordare questi confini. E' documento, certamente drammatico, ma mette un piede nell'arte attaverso il inguaggio della serialità .

Sulla questione dl salotto, francamente, non credo che si possa usare questo criterio per valutare un lavoro. E' un criterio troppo spostato sulla dimensione del "mi piace e non mi piace" (per cui me lo appendo o meno nel salotto). E poi l'espressività  non é un abbellimento estetico della vita.

Salgado é stato spesso accusato di lavorare sul dramma delle persone utilizzando un linguaggio formale di alto livello, come fosse uno sfruttamento. La questione insieme a quella della veridicità  é uno dei temi più spinosi legati alla fotografia di docuemento e di reportage.. Una risposta interessante a queste critiche si trova in Strauss "Politica della fotografia", Postmedia books (qui una scheda del libro http://www.postmediabooks.it/36levistrauss/levistrauss.htm).
alla prossima
bs
marco


Inviato: 12/11/2009 11:54
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Midway di Chris Jordan

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Ultimo lavoro di Chris Jordan, Midway.
www.chrisjordan.com
Che dire. Lo trovo spietato nella sua serialità  drammatica. E poi nell'ultima immagine mostra tutta la sua pietà , in una bellissima immagine.
Una denuncia, un lavoro che non dimentica il suo linguaggio e paradossalmente più formale di un Salgado (non so se é chiaro quello che dico e mi riferisco a tutte le critiche che Salgado si é preso sulla sua formalità  nel fotografare gli ultimi). Ma come mi piace Salgado mi piace anche Jordan. Soprattutto in questo lavoro.
bs
marco

Inviato: 12/11/2009 0:18
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Re: primo numero di RVM

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x Mauroq, Private é la rivista che citavo all'inizio del post, in realtà  la puoi trovare anche in libreria come RVM. Non in tutte, ma in genere in quella che hanno un certa forniture di riviste specializzate. In abbonamemto é la soluzione migliore. oltretutto fanno anche una serie di sconti.
x Cristiano, in Internet si trovano molte cose, soprattutto riviste ben fatte, te ne cito solo alcune:
www.burnmagazine.org (forse una delle migliori)
www.flakphoto.com
http://vewd.org/index.php/photo
www.finearttv.tv
sono solo quattro, ma te ne fai già  una zuppa.
per i siti/blog, personalmente ritengo che in lingua italiana, di interessante ci sia:
www.hippolytebayard.com
www.photo.busdraghi.net
(sino a qualche tempo era anche in fotoavventure)
www.becomingaphotoeditor.com
www.fotoinfo.net
ce ne sono anche altri, ma già  con questi aggiungi del buono alla zuppa di prima.
In lingua inglese poi, ce ne sarebbero altri ancora, e molto importanti.
Nel centro/sud in realtà  stanno accadendo cose diverse,
www.reportageatrifestival.it
www.coriglianoperlafotografia.it
cosi come vengono fatti diversi workshop nelle terre del sud. Se poi inizi a pensare a Roma...
Oggi come oggi credo di più allo scambio di questo tipo di informazini piuttosto che ad altro, che sul web é complicato da fare. Il passaggio di info é più facile. Ovvio poi bisogna smanettare.
bs
marco


aggiungo, anche perchè in italiano,
witness.fotoup.net
(rivista)
e
www.clickblog.it
un sito semplice, ma ritengo personalmente ben fatto con molte informazioni (teciche e di cultura fotografica) non tanto approfondite, ma che rinviano ad altro.

non abbiamo parlato delle agenzie, che hanno in rete gallery e foto in quantità  (nel reportage, Noor, Vu, VII,Magnum e diverse altre di grande qualità )







Inviato: 11/11/2009 10:16
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Re: primo numero di RVM

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un russo te lo cito, tratto da Hippolyte Bayard (uno dei blog fotografici interessanti), Igor Starkov (www.igorstarkov.com). Ha diversa roba...da curiosare.
bs
marco

Inviato: 11/11/2009 0:35
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Re: primo numero di RVM

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Non c'è dubbio che certi elementi del linguaggo visivo se abusati diventano una debole grammatica, al servizio di un debole reportage e aggiungo anche di una debole arte.
Allo stesso tempo se uso e/o vedo usare sfocato o foto sghembe non é detto che sia pattume (ndr).
"Leros" di Maioli, "Cambogia" di Pellegrin, lo hanno dimostrato a suo tempo. Come anche Jenna Ackerman con il suo lavoro su malati mentali nelle prigioni. (www.jennackerman.com).
Forse con qualcosa ch si avvicina a quello che dici, quest'anno sia ad Arles che a Perpignan c'era Eugene Richards, ad Arles con "The Blu Room" sulle case abbandonate nell'america rurale, e a Perpignan con "War is personal" lavoro sui reduci della 1a guerra in Iraq. Tra testo scritto e fotografie la forza che emanava era assoluta. Diverse persone uscivano piangendo o commosse; da una mostra fotografica. In "The blu room" Richards sembra virare su uno sguardo più sottile, meno di impatto emotivo, più analitico.
La lista potebbe continuare a lungo. Sebbene sin d'ora (a a parte il Richards di "The blu room") nessuno di quelli citati si avvicina d un incrocio tra Strand e Shore.
Ho visto dei russi molti interessanti (come in altri campi, i russi sono sempre interessanti), ma non ricordo i nomi, lavori di reportage fatti in 6x6...se li ritrovo te li mando.
In Italia trovo che il festival di Reggio Emilia (www.fotografiaeuropea.it) sia un interessantissimo punto di osservazione di una fotografia un po fuori da un idea di genere specifico, quest'anno c'era il lavoro di Franà§oise Huguier "Kommunalka" (non a caso ambientato a San Pietroburgo) sulle case di quella citttà , oltretutto allestito nei tre piani di una casa non abitata di RE.
Sono solo accenni, ma di cose e di fermento secondo me c'è n'è, più di quello che si pensi, nonostante il canto lamentoso sulla cultura italiana, fotografica in particolare (e bla, bla, bla) di alcune sirene, che si sente in questo paese.
bs
marco

Inviato: 10/11/2009 23:48
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primo numero di RVM

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Mi è arrivato da poco il primo numero della neonata rivista di fotografia RVM. Si occupa di reportage e di fotografia narrativa, nella loro accezione contemporanea. E' un piacere, almeno per me che una rivista di questo tipo si aggiunga al panorama delle riviste presenti, affiancando, in questo genere fotografico, Private.
Molto bello il reportage su Angela, campionessa di nuoto diventata obesa negli anni. Inteso e profondo che percorre, insieme a diversi altri autori, strade narrative e visive non da reportage tradizionale e da conoscere, perlomeno per chi frequenta il genere. Una rivista che mette insieme approcci anche diversi, uniti dalla necessità  di raccontare.
Mi auguro che non cada nella trappola di diventare rivista "artistica" per forza di cose, ma che rimanga con i piedi ben piantati in un genere che é, sul piano espressivo, più fecondo di quello che si creda.
bs
marco


Inviato: 10/11/2009 17:18
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Re: Diana Blefari Melazzi - Una foto

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Che ti riferissi anche alla foto sotto l'avevo sospettato, per l'espressione del viso, ma ritengo che per il discorso fatto sulla fotografia in se quella grande si stacca maggiormente dallo streotipo della foto "colpevole". L'altra é più "comune", ma, ripeto, l'espressione del viso gioca il suo peso, come in quella più grande. Ed é questo elemento che, mi sembra, le accomuni.

Sul fatto che l'immagine fotografica riesca a produrre una fortissima identificazione con il soggetto, nel bene e nel male, é proprio una delle sue caratteristiche, ma non credo proprio che derivi da alcune sue specificità , ma solo dal fatto che é in grado di sollecitare un immaginario, un mondo simbolico, un universo di idee già  fortemente presenti in chi riceve. E riesce a farlo attraverso la sua dimensione figurativa e plastica. Tornando proprio al Che, sono almeno due le immagini che si affiancano a lui, quella di Corda (dove il Che pare fosse solo un po imbronciato, e nella foto appare con quell'espressione seria e a suo modo dura..un vero rivoluzionario!!) e quella della sua morte, dove é ritratto sul tavolo, che per il punto di ripresa, evoca la "deposizione di Cristo" del Mantegna. In chi ha aderito e aderisce alle caratterisiche politiche del Che quelle immagini diventano fondamentali per rappresentarsi il Che stesso. Stiamo parlando di immagini passate alla storia e non si vuole fare un paragone, ma i meccanismi che sollecitano l'immaginario e producono le reazioni non sono tanto diversi in tutti questi casi.
bs
marco

Con un leggero spostamento di discorso cosa dovremmo allora dire delle fotografie e dei documentari della Riefenstahl, dove non c'è il male in quanto soggetto (Hitler e la sua cricca compaiono poco nelle foto, di più nei documentari) ma dove proprio grazie ad una gande qualità  formale, un certo discorso sulla razza é in grado di passare maggiormente, perchè non palesato.

Inviato: 4/11/2009 11:25
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

www.mbphoto.it
www.flickr.com/photos/marcofluens

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