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Re: La Sensitometria secondo Kodak

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Grazie Luciano, l'argomento è sicuramente interessante e affascinante ma bisogna guardare all’atto pratico, cioè è impossibile per chi non fa lo sviluppatore e stampatore di professione, aver accumulato una tale pratica (ma anche e soprattutto aver avuto la scuola di mestiere di un professionista con cui aver fatto la pratica) da destreggiarsi con le variabili messe in campo. Voglio dire che tutto ciò serve se si lavora sui negativi altrui a cui bisogna, dopo averli analizzati magari anche con apposita strumentazione (Es. Densitometro) applicare ciò che la teoria e la pratica suggeriscono per lo sviluppo e successiva stampa (ciò che fanno suppongo, i laboratori per l'allestimento di una mostra).
Se invece l’argomento riguarda i propri negativi e la propria stampa, la strada obbligata è usare sempre lo stesso negativo (al massimo di due sensibilità, 100 e 500 ASA) e lo stesso sviluppo con i tempi ottimali di sviluppo trovati dopo un po’ di pratica. Una misura della luce incidente con un buon esposimetro, (in mancanza, in modalità riflettente su una superficie che si avvicini al grigio medio) e uno sviluppo standardizzato sono tutto ciò che serve per un buon risultato.
Se invece di stampare con ingranditore si digitalizza, ho trovato ad esempio che i migliori risultati li avevo con negativi leggeri ottenuti riducendo il tempo di sviluppo.

Per gli scatti digitali, scordarsi la regola che andava di moda agli inizi dell’era digitale, quando a causa della tendenza dei sensori al rumore nelle zone scure si sovraesponeva leggermente (perdendo le alte luci), io faccio il contrario, sottoespongo, per dire che ciascuno deve adattare il proprio modo di lavorare in base agli strumenti che usa. Se poi si stampa in digitale, la ridotta gamma dinamica delle carte analogiche (tanto più ridotta quanto minor argento rispetto a 70-100 anni fa contengono le emulsioni), è del tutto superata perché la gamma dinamica della stampa a inchiostri è N volte superiore.

Inviato: 14/4/2023 8:41
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Re: Mi presento

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Ciao,

Inviato: 8/4/2023 11:17
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Re: Una lezione di fotografia

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Plafoto ha scritto:
C'è una piccola incongruenza tecnica, dovuta a esigenze narrative, ma credo la si possa perdonare, anche perchè non è percepibile quando si guarda l'intero film per la prima volta.
Qualcun altro l'ha notata?


Non avevo capito la domanda, ho pensato che si dovesse vedere tutto il film per cogliere questa cosa.
Incongruenze ce ne sono almeno un paio:

- all'inizio guardando le foto del giorno 9/14/78 sopra è fatta con un 24 mm circa, sotto con un 28 mm circa.
- più avanti quando il regista ne mostra alcune ingrandite c'è un palo a sinistra che a maggior ragione doveva comparire nelle foto scattate con il grandangolare e invece non c'è.

Dirò di più, quelle foto non sono state scattate con un obiettivo Canon e basta perchè di nitido non c'è niente, o sono state stampate con una ciofeca. Le prime sono affette da un flare mostruoso e tanto sfaldate che sembrano fatte con una di quelle macchinette di cartone usa e getta degli anni 60-70, o con un obiettivo o un filtro spalmati di vasellina per togliere nitidezza.

Il tutto comunque è funzionale al concentrarsi sulla scena più che al bello estetico di una bella foto.

Inviato: 1/4/2023 22:08

Modificato da Pino su 1/4/2023 22:37:08
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Re: Una lezione di fotografia

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Purtroppo il film non l'ho mai visto, devo procurarmelo perché mi incuriosisce molto.

Inviato: 1/4/2023 19:31
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Re: Una lezione di fotografia

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Bellissimo, è un concetto di fotografia che condivido al 100%, dove il soggetto è la vita delle persone, non sono stucchevoli paesaggi, possibilmente col tramonto, strabilianti effetti da super grandangolari o da super tele, inquadrature stupide ma nitidissime o coloratissime ecc. Dici bene, è una lezione di fotografia, non c’è niente di nitido, ma quelle foto hanno un fascino unico per noi che non siamo di quei luoghi, figurarsi per chi ci vive e ci si riconosce se sa guardare. Con le persone nella loro quotidianità, non truccate da foto in studio, anche spettinate, l’amico è come la maggior parte delle persone, non è e non sono abituate a guardare, a riflettere, se la foto non le colpisce con qualcosa di fuori dal comune (ciò che citavo prima), passano oltre, non si fermano ad osservare, a meno che qualcosa non le riguardi direttamente, nel loro piccolo microcosmo esistenziale, come nel caso della ragazza scomparsa. E’ lo sguardo a cui ci hanno abituato, soprattutto con la pubblicità, ci siamo abituati a considerare solo ciò che urla, e con lo stile di vita a correre e sorvolare, non c’è tempo per fermarsi.

Inviato: 1/4/2023 13:34
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Una festa e un bellissimo gioco nel 1214

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De ludo quondam facto apud Tarvisium (Su un certo gioco fatto a Treviso).

Nel 1214, in un periodo di pace e di prosperità portate dallo stabilizzarsi dei nuovi assetti di governo nelle città del Nord che caratterizzava la cosiddetta Italia dei Comuni, la comunità di Treviso organizzò una gran festa con un gioco per cui si costruì in una piazza un castello di legno in miniatura.
…..In città venne organizzato un quartiere per una festa e divertimento alla quale vennero invitati diversi cavalieri e fanti padovani e dodici dame fra le più nobili e belle e più adatte ai giochi che in quel momento si trovassero a Padova con le loro damigelle e servitrici da mettere in quel castello affinché lo difendessero senza l’aiuto di alcun uomo.
Il castello venne fornito inoltre di tavoli per le munizioni forniti di queste dappertutto, scalette e baldacchini e ornato di pelli preziose, panni intessuti di oro, altri tinti di porpora, veli scarlatti e velluti. Che dire delle corone d’oro tempestate di crisoliti e giacinti, topazi e smeraldi, piropi e margherite e di ogni genere di ornamento con cui le teste delle donne erano protette (invece dell’elmo) dall’assalto dei combattenti ? Anche lo stesso castello che doveva venir espugnato venne assaltato e difeso con armi e strumenti di questo genere: mele, datteri, noci moscate, tortine, pere, mele cotogne, rose, gigli, viole, come pure ampolle (che venivano usate al posto dell’olio e pece bollenti dalle assediate) di balsamo, acqua di rose, ambra, canfora, cardamomo, cumino, garofano (molte di queste essenze erano costosissime) anzi con tutti i tipi di fiori o specie qualunque sia il loro odore o splendore. Anche da Venezia intervennero a questo gioco molti nobiluomini e molte nobildonne (queste sicuramente mandate nel castello con le altre perché a quei tempi non avrebbero potuto rimanere nella calca con gli uomini).
Questi si presentarono per l’onore della propria parte con un prezioso vessillo di San Marco e combatterono deliziosamente e con giudizio ma a volte da buoni principi nascono molte cose spiacevoli. Mentre i veneziani gareggiavano con i padovani per entrare per primi attraverso la porta del castello già qui nasceva una discordia, come se non bastasse, purtroppo un idiota veneziano (Venetus quidam non sapiens nel testo originale) che reggeva il vessillo insultava i padovani con una espressione cupa e incazzata, quando i padovani se ne accorsero afferrarono con violenza la bandiera di San Marco e ne strapparono un pezzo. I veneziani la presero malissimo, intervennero subito i responsabili della sicurezza per ordine di un certo Paolo di Sarmeola, persona equilibrata e rispettata che in quell’epoca era comandante della milizia a Padova e i contendenti divisi e mandati a casa loro (un po’ come certe tifoserie odierne).
Questa faccenda non passò liscia perché l’anno seguente i due eserciti Padovani e Veneziani (per altre vicende ma già si stavano reciprocamente odiosi) si scontrarono in località La Bebe (nei pressi della Laguna fra Padova e Venezia) dove i padovani ebbero la peggio.

Un commento alla storia:
si tratta di una cronaca da parte di un contemporaneo, Rolandino da Padova nato nel 1220, allora quattordicenne, che diventò un personaggio di un certo rilievo nella sua città, nei ranghi dell’amministrazione del Comune di Padova, notaio fin da giovanissimo, figlio di un notaio che aveva già iniziato a scrivere una cronaca di Treviso che lasciò da proseguire e completare al figlio. La ricchezza dei dettagli fa pensare che il padre (che probabilmente si portò anche il figlio alla festa) abbia assistito in prima persona.
Il periodo doveva essere fra settembre e ottobre, quello della raccolta delle mele cotogne usate nello scontro. Un’altra considerazione è che lo spirito della festa era chiaro, unire in amicizia le città limitrofe da parte di Treviso. Sette secoli e mezzo dopo, qualcuno dirà: “mettete dei fiori nei vostri cannoni” come esortazione a cercare la Pace (a proposito).

@ Pino Alessi marzo 2023

Inviato: 29/3/2023 20:21
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Re: Domandina sulle batterie delle fotocamere

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Grazie Orso ma so bene che le batterie sono soggette ad autoscarica e penso che collegate ai circuiti delle fotocamere, anche se l'interruttore di accensione è spento, un minimo di dispersioni deve esserci perchè c'è differenza fra una lasciata in macchina e una fuori a parità di ricarica. Lo scopo della mia domanda era soprattutto sapere se succedeva qualcosa ai dati che avevo preimpostato come pure la data.

Ho lasciato la Canon 5D una decina di giorni senza batteria a bordo, è tutto come prima, compresa la data. Ora so che probabilmente a bordo c'è piccola una batteria (forse ricaricabile) o un condensatore di discreta capacità che evidentemente erogano una piccola quantità di corrente sufficiente a mantenere in vita certe informazioni. Le impostazioni dovrebbero essere scritte in una memoria non volatile però la data no, il fatto che sia aggiornata lo conferma. A questo punto però ho reinserito la batteria, sia perchè nel casi di una ricaricabile a bordo, sia di un condensatore, stare a lungo completamente scarichi non gli fa bene (quella che è eterna è la gigantesca al NiMh Nikelmetalidruro a bordo della professionale Canon D1 Mk II che sanno 3 anni che non ricarico ed è sempre al 100%, infatti è nata per garantire almeno 1000 scatti prima di scaricarsi).
Pazienza, continuerò (avendo più fotocamere digitali) ad avere perennemente qualche batteria in ricarica.

Questa faccenda delle batterie mi fa comunque riflettere su quanto erano rassicuranti quelle completamente meccaniche di cui ne ho un mezzo armadio in gran parte della metà anni '50, dopo una settantina di anni posso prenderle in mano in qualsiasi momento e loro sono in grado di lavorare (però ogni tanto faccio scattare gli otturatori su vari tempi), queste è inutile che le lascio a qualcuno perchè le batterie non ci saranno più e se ne andranno pure le loro ottiche dedicate piene di contatti elettrici.

Inviato: 24/3/2023 9:24
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Re: Co' rivo rivo....(in venessian)

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archifoto ha scritto:
Però le fotografie di strada con le facce oscurate non si possono guardare. Pensa a Cartier Bresson, William Klein e a migiaia di altri fotografi di strada coi loro soggetti oscurati, che triste sarebbe. A meno che non siano minori e a meno che il tuo intento non sia denogratorio nei loro confronti hai tutto il diritto di pubblicare foto di persone riconoscibili in luogo pubblico.


Oscar è ovvio, infatti la foto l'ho stampata senza i bollini sul viso e mi piace molto per come è venuta, non l'ho messa qui perchè mi piace la foto, è solo un esempio di foto che viene bene anche senza mettere a fuoco. Riguardo al pubblicare foto di persone, la faccenda è abbastanza controversa e alla fine decide un giudice se qualcuno ti fa un esposto, anche se mia figlia è avvocato non ho nessuna voglia di andare in tribunale a dimostrare che ho ragione. Non ci penso proprio.
I fotografi che hai citato fotografavano in un'era in cui non c'era questa legislazione che di fatto impedisce, non il fotografare ma l'esporre questo tipo di fotografie senza il consenso dei soggetti. Io le foto le faccio lo stesso per me, se durano e i posteri non le porteranno all'ecocentro, fra cento anni si potranno vedere con'erano luoghi e persone di una volta.

Inviato: 17/3/2023 8:15
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Re: Co' rivo rivo....(in venessian)

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luciano ha scritto:
L'iperfocale riesco ad usarla bene solo col 35 mm (naturalmente andrebbe ancora meglio anche con focali più corte, se solo le usassi).
Col 50 non mi ci trovo molto bene.


Capisco, devo precisare che ho usato il termine "iperfocale" per brevità, in effetti a me non iteressa avere tutto a fuoco da una certa distanza in poi su questo tipo di fotografia, per cui bisognerebbe fare dei calcoli in base alle dimensioni del sensore e della focale. E' una cosa molto più approssimativa, anzi di solito preferisco che ciò che sta un po' dietro al soggetto cominci a sfocare per questo uso f/5.6 con questo 55 mm, questo diaframma mi dà anche la garanzia, con un obiettivo non stabilizzato (tanto meno il sensore), di avere tempi brevi per ridurre il mosso.
Dopo un po' di prove ho visto che con questo obiettivo e il full frame mi va bene l'accoppiata 4-5 metri e f/5.6. Nella foto che allego sembra che fossi più vicino, in realtà ero leggermente più distante e poi per la stampa ho ritagliato un po' per eliminare alcuni elementi che stavano intorno.
Facevo il contrario quando fotografavo l'ambiente urbano, f8-11 e via.
In effetti per la fotografia di strada la focale più usata è sempre stato il 35mm su pellicola 24x36 (il full frame di una volta), è la garanzia di avere a fuoco ciò che interessa e ciò che ci sta intorno senza perdere tempo a focheggiare, infatti a volte mi sono chiesto che senso avesse su macchine usate per questo tipo di fotografia, mirini a telemetro ultraprecisi. Pure un autofocus al centesimo di millimetro non ha senso in una fotografia in cui l'autofocus si fa con i piedi, un passo più avanti o uno più indietro. Per me poi la fotografia con un fuoco approssimativo ha un fascino particolare (parafrasando il latino che udivo a messa da ragazzo invece di -..orate fratres..- dico: ..-sfocate fratres..- ).

Putroppo la foto allegata non si può ingrandire qui più di tanto, ma ciò che dico lo si vede sui capelli, se avessi usato una messa a fuoco precisa si potrebbero contare uno per uno. Lo sfocato di sfondo lo si vede sul frigo che sta dentro, oltre i 6-7 metri.
Questa foto fa parte di una serie in cui mostro come i tempi siano cambiati, una volta ci si sedeva al bar per fare due chiacchere, oggi vedo quasi tutte le persone anche sposi o fidanzati ciascuno con la testa dentro al suo telefonino!

Allega:



jpg  Iperfocale.jpg (632.50 KB)
2722_641177c031d8e.jpg 1290X920 px

Inviato: 15/3/2023 8:48
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Re: Domandina sulle batterie delle fotocamere

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Si di sicuro è così, quello che sarei curioso di sapere è se qualcuno abitualmente le toglie e se ha notato qualche problema, per esempio potrebbe azzerarsi la data, che ovviamente si può reimpostare ma le impostazioni dei vari menù sono rimaste anche a distanza di diversi giorni.

Inviato: 12/3/2023 17:16
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Re: Domandina sulle batterie delle fotocamere

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Si truciolo, chiedo scusa, mi riferivo alle digitali, comunque anch'io ho almeno 2 batterie per ciascuna, mi rimane un mistero il fatto che quelle in macchina si scaricano, o si scaricano molto prima di quelle fuori.
L'unica praticamente eterna, che è in macchina da un anno e non si scarica mai è quella grossa batteria della Canon 1D Mk II, però non è al Litio ma al NIMH (Nikel-Metalidruro). Questo mi fa anche venire il dubbio che quelle al Litio si scaricano da sole molto prima delle vecchie al NIMH (che erano successive a quelle al NiCd, cioè Niche-Cadmio che erano le prime ricaricabili).

Inviato: 12/3/2023 13:23
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Domandina sulle batterie delle fotocamere

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Per curiosità, nelle fotocamere che non utilizzate spesso lasciate a bordo le batterie o le togliete? L'altro giorno, dopo un paio di mesi che non la usavo sono uscito per fare un giro con una macchina fotografica. Avevo 2 batterie caricate lo stesso giorno, una era in macchina. Quella in macchina era completamente scarica, l'altra ancora al 100%. Di tutte le altre so già che le troverò scariche per cui ogni tanto le ricarico tutte. Lasciando le fotocamere senza batteria a bordo penso che al massimo succederà di perdere le impostazioni della data dopo un po' di tempo, non credo che si perdano le impostazioni che dovrebbero, secondo me, essere scritte in una memoria rom, ciè non volatile. Comunque ho questa curiosità.

Inviato: 12/3/2023 11:17
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Co' rivo rivo....(in venessian)

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Quando arrivo, arrivo! E' un motto veneziano, non stressatemi con gli orari.

Lavorando con un vecchio obiettivo manuale (Asahi Takumar SMC 55/2) lo tengo generalmente regolato sui 5 metri a f/5.6 e lascio fare all'iperfocale se mi capita di dover scattare senza il tempo di mettere a fuoco. Questo mi ha superato e me lo sono trovato davanti all'improvviso, ha funzionato abbastanza bene.

Allega:



jpg  Co'-rivo-rivo.jpg (728.52 KB)
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Inviato: 11/3/2023 12:04
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Re: Risoluzione....

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Io uso ancora una Canon 5D e una 1D MkII rispettivamente 13 Mp e 8 Mp, ho anche una Sigma Merrill SD1 che ha 3 sensori da 15 Mp ciascuno per un totale di 45 Mp che fa foto con una definizione da medio formato (pur essendo 15 Mp), una Nikon D60 10 Mp (sensore CCD favoloso sul colore), una tascabile Fiji X20 da 12 Mp, una Sony Nex-3 da 14 Mp che uso per la digitalizzazione di pellicola e dia, uno smartphone da 16 Mp con ottica a 6 lenti stabilizzata che a volte uso con grande soddisfazione.
L'unica, favolosa per gamma dinamica e dettaglio, bellissima nel bianco e nero, che non uso mai (avrà si e no 3000 scatti in 6 anni) è la Merrill, troppo dettaglio.

Uso quasi esclusivamente la 5D abbinata ad un vecchio 55/f2 Asahi Takumar SMC che non cambierei con nient'altro in questa abbinata perchè dopo anni di prove con varie macchine e ottiche, ciò che mi sento dire più spesso nelle foto in bianco e nero è: - sembra fatta con la pellicola - ed è ciò che per anni ho cercato.
Probabilmente è dovuto alla dimensione dei pixel che meglio si adatta all'ottica vintage, forse anche alle caratteristiche dell'obiettivo che mi ricorda moltissimo il Summicron 50/2 entrambi con definizione delicata, non basata sul contrasto, e uno sfocato bellissimo.
Bellissima anche la 1D Mk II che mi ha venduto a malincuore anni fa un fotografo professionista solo perchè ad ogni uscita fa non meno di 1000 scatti e non si fida di usare macchine arrivate a più di 80.000 per cui le cambia anche se gli otturatori delle professionali possono superare tranquillamente i 150.000, io per finire di consumarla dovrei campare almeno altri 30 anni. A malincuore perchè il sensore con le ottiche che aveva era anche migliore del modello successivo e comunque i ritratti che esponeva in vetrina in A3 e in A2 erano stupendi, pur con i suoi 8 Mp proprio perchè non ci sono solo i Mp ma conta come il sensore e il software rendono l'immagine. Ci sarà un motivo per cui una professionale costa fra i 7.000 e 8.000 euro. La uso pochissimo perchè faccio esclusivamente foto di strada ed è troppo pesante.

Per concludere, anche con una 8 Mp (ovviamente non parlo di sensori da 1/2 pollice) magari stampando a 180 dpi si possono avere stampe stupende, sensori di fotocamere non professionali da più di 20 Mp servono solo se si deve croppare molto il fotogramma o se si devono fare foto basate espressamente sul dettaglio. Come il solito dipende dal tipo di fotografia che si vuole fare e da ciò che si vuole nella propria fotografia.

Inviato: 3/3/2023 9:25
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Re: Chi conosce questo scanner?

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Solo vedendo la velocità di scansione immaginavo che si trattasse di uno scanner industriale (o professionale che dir si voglia) (Scusa Orso, non voglio fare l'eco, tu hai postato mentre scrivevo). Con il vecchio Epson Perfection 4990 photo, (che ho tuttora e va benissimo anche con Widows 10) ho fatto scansioni medio formato (ma può fare anche il grande formato) e relative stampe A3+ direi molto buone sia stampando a 360 dpi che a 180 (nel 35 mm era invece migliore il Nikon dedicato LS30). Poi dipende dal tipo di fotografia che si fa ovviamente perchè se si deve fare la pubblicità del meccanismo di un orologio stampato in A1 o A0, ci vuole altro, a parte che in quel caso ormai usano le digitali medio formato.
Considerando che nel frattempo sono usciti il V700 V800 e V850, penso che l'ultimo (circa 1000 €) possa dare risulati sicuramente migliori del mio per cui si possono fare stampe in proprio con una buona stampante A3+ o A2 più che dignitose. Se invece si devono utilizzare i negativi per lavoro ci sono sempre i laboratori specializzati. Con ciò sperando che il V 850 continuino a produrlo.

Inviato: 17/2/2023 9:15
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Re: Tempi con Jobo e C-41

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Ciao Luciano,
Inserisco qui una bella discussione del 2011 (c'era ancora Danipen, purtroppo scomparso giovanissimo, a cui rivolgo un pensiero), quello indicato come "utente non più registrato" ero io e sviluppavo con il Tetenal termostatando tutti i reagenti con una mastella da bucato dove mettevo a bagno in acqua calda le bottiglie, era la mia sviluppatrice "Mastella GP2".

QUI

Come diceva Phstef lo step più importante era la sbianca. Io sviluppavo sui 34 gradi, i risultati furono per me entusiasmanti ma il metodo va benissimo se poi si digitalizza il negativo, in questa fase piccole derive di intonazione si possono correggere facilmente in postproduzione.
Se invece si fa tutto il processo in analogico compresa la stampa, la vedo dura. Dove abito c'era un negozio che faceva sviluppo e stampa, lavorava meravigliosamente con una macchina della Fuji, però tutti i giorni a inizio giornata faceva la calibrazione della macchina ed esponeva i targhet della calibrazione. Questo per dire che la standardizzazione ultraprecisa la si può avere solo con una strumentazione professionale requisito indispensabile per fare da sè sia lo sviluppo che la stampa in analogico. Come ripeto, se invece si digitalizza, non occorre un rispetto dei tempi al secondo.

Sono ancora incantato, riguardando le foto che ho postato della bellezza, di quel tripletto Bonotar della Belfoca 6x9 che ho usato (e ricordo in quanti post all'epoca parlavo del fascino dei tripletti di qualità), e poi dello Schneider Xenar della Rolleicord e il Tessar della Zeiss Ikoflex, mi fanno tornare la voglia del medio formato analogico.

Metto qui tre di quelle foto con ingrandimento maggiore, non c'è maschera di contrasto e ho dovuto dare una certa compressione jpg per restare nei 1000 K postabili per cui perdono un po' di qualità, comunque foto insulse che ho fatto solo per provare poi lo sviluppo.






Allega:



jpg  xenar_col49.jpg (983.37 KB)
2722_63df7b7b554e9.jpg 1290X1290 px

jpg  xenar_col56.jpg (927.02 KB)
2722_63df7b9027d16.jpg 1290X1290 px

jpg  Bonotar-col7.jpg (846.00 KB)
2722_63df7ba36c58d.jpg 1290X792 px

Inviato: 5/2/2023 10:49
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Re: panno antistatico?

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pamar5 ha scritto:
fotografie di architettura e paesaggio fatte da Alinari Sommer e altri, stampe che hanno cento e passa anni e non hanno un pelo!


Ipotizzo. Ma non dipende anche (non solo) dal fatto che oggi si tende a volere stampe ben più grandi che nel passato, dove ogni imperfezione é ben più visibile? Che dite?

Marco


In un certo senso si, o meglio, il problema è evidentissimo quando si parte da un 24x36, già su un 20x30 o un 30x40 il fattore di ingrandimento è notevole, lo stesso vale se si parte da un 9x12 e si fa un A2 ma anche se si fa un 30x40, sempre un ingrandimento si è fatto.
Che le stampe dell'800 fossero apparentemente immacolate è per due motivi principalmente, il primo perchè in genere erano stampe per contatto da lastre che erano già di grandi dimensioni, il secondo perchè erano anche artisti del pennellino di martora per cui sapevano fare piccoli ritocchi praticamente invisibili. Un altro motivo è che le abitazioni odierne sono più salubri, nel senso che l'umidità è ridottissima, sia d'inverno con il riscaldamento in tutte le stanze, sia d'estate con muri traspiranti, molte finestre, quindi maggior aereazione ecc. Nelle case antiche c'era un caminetto in cucina e se andava bene uno in una sola stanza da letto, muri spessissimi, quindi umidità e muffa a strati. Pure nei grandi laboratori non è che ci fosse un gran riscaldamento quindi gran aria secca in giro nei locali non ce n'era.

Inviato: 27/1/2023 19:12
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Storia quasi ignota di una Venezia scomparsa

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BREVE STORIA ANTICA DELL’ISOLA DI POVEGLIA

L’isola di Poveglia nella laguna di Venezia antistante Malamocco, anticamente Popilia o Pupillia, forse di derivazione dalla famiglia di epoca romana Popilia, oggi ha un'estensione di circa sette ettari, assai limitata rispetto a quella che doveva essere prima del 1106, data a cui si riferisce il definitivo inabissarsi dell’antico adiacente territorio di Metamauco (scomparso), anche se il fenomeno di subsidenza dovette essere progressivo in un breve arco temporale con l’ accentuazione di un fenomeno di inabissamento più radicale attorno alla data indicata con un maremoto che ha devastato il litorale seguito da crolli e incendi che hanno interessato anche Rivoalto (Venezia).
La prima colonizzazione fu di popolazioni provenienti dal territorio di Padova nel V sec. d.C in quell’isola nei pressi della zona che già in epoca romana era il porto fluviale di quella città. La laguna non era quella di oggi, già in epoca romana il paesaggio era ben diverso; un alternasi di zone lacustri, barene e campi coltivati costeggiati da canali più o meno profondi che costituivano la foce di diversi corsi d’acqua come il Brenta, Bacchiglione, Zero, Cornio, Dese, Mestre ( Marzenego), Musone, Adige, Sile Piave. Nel V-VI secolo gran parte di quelle zone erano già sommerse ma la gronda lagunare, il litorale e le isole avevano comunque un’estensione più vasta del presente. Il fatto che dovesse avere una certa estensione e una certa importanza per numero di abitanti ce lo dice anche quella che è ritenuta è la più attendibile cronaca antica, quella di Giovanni Diacono (detto Sagornino) che enumerando le isole dell’estuario da Nord a Sud, cominciando da Grado, la mette per decima (dopo Metamauco): ...decima vero insula Pupillia manet….Non solo, il Codex Publicorum riporta antichi documenti in cui di Poveglia si citano orti, saline, vigne e pure un forte a difesa del vicino porto di Malamocco (Malamocco nuova) porto che si trovava all’altezza dell’attuale Istituto San Camillo.
Era una comunità con un Consiglio Maggiore, e Minore, un Gastaldo Ducale (...nos predictos comunis Popilio minores et maiores quod omni anno in carlaxare dare debemus tibi vel alium gastaldionem…), e Giudici del Comune (sotto la supervisione del Gastaldo), gli abitanti erano anche in grado di fornire alla repubblica un certo numero di militari. La sua popolazione aumentò (dopo la prima colonizzazione padovana) quando vi si trasferirono una parte dei servi e schiavi (il resto a Fine, antica località nei pressi del fiume Livenza) del doge Tradonico, ucciso il 13 settembre 864 in una congiura mentre usciva dalla chiesa di San Zaccaria da esponenti di varie potenti famiglie fra cui i Candiani, Gradenighi, Falier, Caloprini. Servi e schiavi combattivi perché si erano asserragliati nel palazzo ducale che tennero tenacemente con le armi per 40 giorni e non lo avrebbero liberato fino a che non venissero giustiziati i congiurati assassini. Vennero loro concesse a Poveglia terre coltivabili, pascoli, valli da pesca, zone da caccia in uso esclusivo, in cambio dovevano pagare al palazzo ducale ogni anno a Pasqua alcuni simbolici censi come frutta e pesce e in tale occasione il Gastaldo Ducale con sette anziani dovevano recarsi a Venezia per inchinarsi al Doge che scambiava con loro il bacio di pace. Anche queste notizie ci confermano che il territorio dell’isola che ospitava in epoca medievale circa 200 famiglie (che dovevano avere spazi per abitazioni orti, vigne, foraggio, stalle per bestiame, squeri per le imbarcazioni ecc.) era ben più vasto di quello attuale.
I Popiliesi dovevano giurare fedeltà ai Dogi ma erano gente bellicosa, tanto che essendo perennemente in lite con i vicini, una parte dovette essere trasferita altrove. La sua chiesa, San Vitale, godeva di grosse rendite derivanti da vigne, saline, valli da pesca e da caccia, segno anche della prosperità del luogo. In seguito alla guerra con i Genovesi che avevano conquistato Chioggia e altre zone della Laguna devastando nel 1379 anche il vicinissimo monastero di San Leonardo ed Erasmo, gli abitanti vennero sfollati a Venezia ma non vi fecero più ritorno anche perché ormai il territorio dell’isola, per sprofondamento, si era andato riducendo sempre più (come già accennato). Già nel 1433 erano rimasti il pievano e pochissimi altri.
Nel 1500 vi fu costruito un lazzaretto, detto lazzaretto nuovo e nel 1782 uno detto nuovissimo che nel XX secolo venne utilizzato come ospedale geriatrico chiuso nel 1968.

© Pino Alessi gennaio 2023

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Re: Flash pericoloso

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Hahaha, sicuramente un bel lampo! Penso che fosse un assistente di studio alle prime armi a cui avevano detto che prima di scattare bisognava "mettere a fuoco", cosa che diligentemente ha fatto

Inviato: 26/1/2023 10:41
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Re: panno antistatico?

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Assodato che il sistema migliore per non avere polvere sulla foto è usare il digitale, ed è il motivo principale per cui ho smesso la pellicola, convintissimo però che (come accennava Luciano) un bianco e nero, anche da pellicola digitalizzata successivamente, di un negativo medio formato ha qualcosa che mi piace di più ma non so da cosa dipenda. Comunque piccole quantità di polvere le abbiamo anche addosso, sui vestiti e sui capelli.
Forse potrebbe essere utile un camice usa e getta e una cuffia in testa.
Un'alternativa, può essere appendere la pellicola in bagno. Prima però aprire la doccia con l'acqua calda, aspettare in bagno fino a che nell'aria ci sia un po' di umidità che farà da adesivo anche per la polvere che abbiamo addosso (per non sprecare il tempo si può approfittare di caga..) poi appendere la pellicola. A questo punto la pellicola non si asciugherà perchè è difficile che ci sia evaporazione in un ambiente più o meno saturo di vapore. Bisogna usare un phon che è la cosa peggiore che si possa fare perchè è in grado di sparare una quantità impressionante di polvere che viene dal suo interno, a meno che non sia nuovo di fabbrica, però si potrebbe fare una prova mettendo sulla bocca di uscita dell'aria del materiale filtrante. Ci si può sbizzarrire perchè ne esistono di tutti i tipi come ricambi per aspirapolvere o per il condizionatore, anche in fogli da ritagliare. Chiaramente bisogna alternare l'aria calda e fredda perchè non si surriscaldi se il flusso d'aria è un po' rallentato. Tipo questo


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