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Re: Eos 5 come dorso digitale per GF

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22/6/2009 11:34
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In casa Nikon c'è questo http://www.juzaphoto.com/recensione.php?l=it&t=nikon_pce85
che arriva al RR 1:2, di cui si parla un gran bene (la prima recensione è di uno che lo utilizza su Canon).
Non so se il 90 TS Canon sia anche lui un Macro (che in casa Nikon si pronuncia "Micro"), se sì credo sarebbe la soluzione più maneggevole e migliore. Magari prova ad affittarne uno e lo provi.

Inviato: 5/1/2017 21:37

Modificato da orso su 5/1/2017 22:03:15
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Re: Tendenza attuale delle recensioni carte inkjet.

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Fer ha scritto:
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orso ha scritto:

Funzionano allo stesso modo una stampa inkjet e una chimica che mi mostrano la stessa immagine.
Funzionano in modo ben diverso una stampa e un monitor che mi mostrano la stessa immagine.
Funzionano in modo ben diverso una pellicola e un sensore che mi registrano la stessa immagine.
Questo intendevo.

Poi, se mi sfugge qualcosa di macroscopico, correggetemi pure.


Beh, è completamente diversa la chimica di una carta inkjet rispetto a una carta sensibile.

Nella stampa chimica, una sostanza già presente nella carta reagisce alla luce e tramite opportuni processi subisce una trasformazione, perdendo parte di quella sostanza e trattenendone altra opportunamente trasformata, in grado di assorbire la luce.

Nella stampa inkjet, un substrato riceve sulla superficie una "doccia" di pigmenti incapsulati in granuli di resina, che a seconda del tipo di substrato possono rimanersene in superficie oppure essere assorbiti (pigmenti in grado di assorbire la luce + resina incapsulante sostanzialmente trasparente).

Direi che c'è una bella differenza.

Va bene, ma mi pare di averlo scritto anch’io seppure in modo più stringato (Infine un sottile strato, ben diverso sia come struttura che come composizione, ma in entrambi i casi destinato ad “ospitare” l’immagine.)

Alla fine della fiera però, quando hai in mano le due stampe finite, in entrambi i casi sei di fronte a un sottile strato superficiale di particelle colorate, magari di diversa composizione chimica, che ti mostrano un’immagine sfruttando lo stesso principio fisico della riflessione/assorbimento della luce. Cioè, che “funzionano” allo stesso modo. E se ben fatte, su carte con stessa finitura superficiale, fatichi a capire qual è l’una e qual è l’altra.

Se escludiamo le carte lucide (ho già scritto che vanno poco d’accordo coi pigmenti), il problema del bronzing mi pare sia stato risolto completamente su carte di alta qualità. Il problema del gloss differential rimane, ma non in tutte le carte e con tutti gli ink. Se si stampa con gloss optimizer sparisce. Se c’è si nota solo in certe condizioni di illuminazione. Insomma è un problema reale, ma non insormontabile. A livello di carta non credo sia risolvibile, ma se la ricerca mirasse a dei gloss optimizer di altissima qualità (totale assenza di dominanti, durata, resistenza meccanica, facilità di stesura,…) e tutte le stampanti (compresi quei testoni della Epson) ne fossero dotate, il problema verrebbe definitivamente risolto.




Citazione:

FranzX ha scritto:

Da qualche parte ho una foto del 1973 che mi ritrae, ma ne ho anche di una grande nevicata a Roma, pressappoco negli stessi anni, tute stampate su carta baritata e smaltata (male).
Io stesso ho iniziato a stampare a colori a 12 anni su una carta che mi regalarono, era un pacco 30x40 da 50 fogli di carta baritata a colori, mi sembra agfa ma non ci giurerei che, udite udite: era di gradazione N. Si, la carta a colori a gradazione di contrasto era Soft, Normal e Hard.
L'ho ritrovata anche New York nel 1992, nel listino di un laboratorio professionale.

Grazie dell'informazione, non ne avevo mai sentito parlare.

Inviato: 2/12/2016 9:57
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Re: Tendenza attuale delle recensioni carte inkjet.

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pamar5 ha scritto:
Me ne darai quindi atto che le carte per inkjet si sono evolute verso la riproduzione delle caratteristiche ed effetti del chimico. Io mi chiedo come si sarebbero potute evolvere la cosa senza avere il vincolo di perseguire l’emulazione di quanto offre l’argentico. Quali sarebbero le possibilità rivoluzionarie ? Non ne ho idea, ma certamente si sarebbe potuto “inventare” qualcosa di nuovo senza il solo fine ultimo di emulare la CO. Quindi, mi chiedi, se ritengo le carte da CO non adatte a soddisfare le mie esigenze? No, sono adattissime. Semplicemente mi chiedo cosa sarebbe potuto essere. 15 anni orsono avresti detto che un cellulare capace di telefonate ed sms era inadatto alla tua vita? Non penso. Oggi con gli smartphone la gente potrebbe ritenere un vecchio cell. adeguato? 30 anni orsono ti sembrava inadeguata una vettura di quegli anni ? Oggi compreresti una vettura senza servosterzo, hairbag, aria condizionata ecc.?

Mi pare ovvio che le carte si siano evolute cercando di imitare un supporto stracollaudato che soddisfaceva le esigenze di tutti i fotografi dell'era argentica.
La cosa nuova introdotta dall'inkjet è stata la varietà di superfici, di grammature, di texture, di materiali (cotone, cellulosa) rispetto all'era argentica, nel BN ma soprattutto nel colore dove l'offerta era veramente risicata.

Il desiderio, quasi la pretesa, di vedere "inventato" qualcosa di nuovo di cui, come te, non avrei la più pallida idea di cosa potrebbe essere, cioè il nuovo ad ogni costo perché il nuovo, qualsiasi cosa sia, è sicuramente meglio del vecchio..., bèh è una cosa che non mi appartiene.
Alle ultime domande che poni preferisco non rispondere, perché sono una persona mooooooolto particolare...

Inviato: 1/12/2016 21:26
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Re: Tendenza attuale delle recensioni carte inkjet.

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Fer ha scritto:
tecnicamente ci sarebbe da fare qualche distinguo su dimensioni e caratteristiche di riflettività tra particelle di carbone e di argento, ma insomma...

Sicuramente forma e dimensioni variano, ma le dimensioni di suddette particelle sono in tutti casi inferiori alla risoluzione dell’occhio che guarda la foto, per cui ai fini della visione sono irrilevanti. Le caratteristiche di riflettività delle particelle dell’uno o dell’altro elemento invece contano, ma vanno a finire nel già citato Dmax.
Poi ci sarebbe le differenza di riflettività degli ink (BN o colori) rispetto a quella della carta responsabile del gloss differntial, ma è un altro discorso.


Citazione:

Fer ha scritto:

Però chi arriva in una discussione intitolata "Tendenza attuale delle recensioni carte inkjet" (senza alcun riferimento a "carte inkjet baritate inchiostrate a carbone") e legge testualmente:

Citazione:
"Una carta fotosensibile e una carta per inkjet, come ho già scritto nella discussione che ho linkato prima, sono due cose molto simili. Non solo. Una volta trattate, cioè l’una esposta e sviluppata e l’altra stampata con la stampante, “funzioneranno” nello stesso identico modo"


può rimanere alquanto basito, perché questa è un'affermazione che, in generale, non è affatto vera (mentre è condivisibile nello specifico, ristretto contesto di cui sopra).

Le incomprensioni, e gli eventuali basimenti, derivano quasi sempre dall’interpretazione di termini che per chi scrive hanno un significato e per chi legge possono averne un altro.
Lasciamo da parte la stampa inkjet a pigmenti su carte lucide (ecco, questo avrei dovuto sicuramente specificarlo), che al momento attuale, da quello che sento, lascia ancora a desiderare.

Nel post di apertura Marco aveva scritto:
Immancabilmente si accenna alla similarità del prodotto finito con analoghi prodotti utilizzati in camera oscura. Per esempio, riferendosi ai supporti inkjet baritati essi vengono ricondotti ai cartoncini da CO.
Ho risposto basandomi su quest’unico esempio riportato, che chiaramente si riferisce a stampe BN, in quanto non mi pare esistano carte fotosensibili a colori baritate.
Ma ciò che ho scritto, dal mio punto di vista, con buona approssimazione vale anche sulle stampe a colori.
Provo a spiegarmi.

Una carta fotosensibile e una carta per inkjet sono due cose molto simili

La sezione dei due oggetti in questione è riportata nei disegni linkati.
Semplificando un po’ le cose, abbiamo un substrato di carta, responsabile della grammatura, della matericità, della texture, che nei due casi può essere identico. Poi uno strato di resina o di barite, che nei due casi può essere identico. Infine un sottile strato, ben diverso sia come struttura che come composizione, ma in entrambi i casi destinato ad “ospitare” l’immagine.
Per me, anche guardando le sezioni, questi sono due oggetti molto simili. Ma posso benissimo capire che per un altro siano due cose diversissime.

Una volta trattate, cioè l’una esposta e sviluppata e l’altra stampata con la stampante, “funzioneranno” nello stesso identico modo

A questo punto avremo un sottile strato superficiale molto più simile nei due casi di quanto lo era prima. Cioè, in entrambi i casi, uno strato (o 3 strati sovrapposti) contenenti delle particelle nere (di C o di Ag) capaci di assorbire più o meno l’intero spettro della luce che li illumina (stampa BN), o di particelle colorate (di coloranti con diversa composizione chimica) capaci di assorbire una parte dello spettro della luce che li illumina (stampa Colori).
In entrambi i casi queste particelle saranno annegate in una matrice più o meno trasparente. In entrambi i casi, cioè stampa inkjet e stampa chimica, avremo della luce (quella che illumina la stampa che sto guardando), che colpisce questi strati venendo in parte riflessa verso l’occhio di chi guarda la foto, in parte assorbita, e in parte trasmessa. Quella trasmessa si rifletterà sullo strato sottostante (RC o baryta), e riattraverserà nuovamente gli strati dove subirà lo stesso filtraggio prima di giungere all’occhio di chi guarda la foto.
Da un punto di vista fisico, i due tipi di stampe, BN o colori che siano,“funzionano” allo stesso modo, cioè secondo lo stesso principio fisico. In entrambi i casi avrò una superficie che riflette una parte della luce che la illumina e assorbe la restante parte. Il fatto che le particelle responsabili della riflessione/assorbimento della luce abbiano composizione chimica diversa, è del tutto irrilevante. Conta solo come riflettono/assorbono lo spettro luminoso.
Funzionano allo stesso modo una stampa inkjet e una chimica che mi mostrano la stessa immagine.
Funzionano in modo ben diverso una stampa e un monitor che mi mostrano la stessa immagine.
Funzionano in modo ben diverso una pellicola e un sensore che mi registrano la stessa immagine.
Questo intendevo.

Poi, se mi sfugge qualcosa di macroscopico, correggetemi pure.

Inviato: 1/12/2016 21:08
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Re: Tendenza attuale delle recensioni carte inkjet.

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Fer, io ho sempre parlato di particelle di carbonio nere, di confronti tra baritate, quindi di BN. Che la superficie di certe baritate inkjet sia molto simile a certe baritate da CO è un dato di fatto, come è un dato di fatto che con l'inkjet si ottenga un Dmax superiore.
Su stampe esposte in una mostra, per capire se sono inkjet o chimiche devi guardarle da angoli radenti per vedere se c'è gloss differential, che non sempre è presente.
Sulle lucide non dico niente, non sono il mio genere, e quasi mai si vedono nelle mostre. Da quel che ne so, la superficie lucida non va d'accordo coi pigmenti.
Sul colore pare che la differenza di gamut sia macroscopica, a favore dell'inkjet, ovviamente per certe combinazioni carta-ink.

Inviato: 30/11/2016 23:52
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Re: Sinar P - Sinar F, principali caratteristiche e differenze

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Non sei il solo… la mia Peco Profia Z è da anni appollaiata sul braccio laterale di un grosso stativo Fatif e coperta da un lenzuolo nero che la ripara dalla polvere…

Quando in apertura dicevo che il forum è poco frequentato, intendevo ovviamente questa sezione del forum, cioè il GF, sempre più in disuso.

Inviato: 30/11/2016 21:58
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Re: Tendenza attuale delle recensioni carte inkjet.

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pamar5 ha scritto:
Io non ho le competenze tecniche di CO per potere dire che sei nel vero quando sostieni che le carte chimiche sono equivalenti ai supporti per inkjet.

Non è questione di competenze di CO, ma solo di non considerare l’approccio tecnico scientifico come una favoletta che ci viene raccontata da mirabolanti complotti planetari (ovviamente non mi riferisco a te, ma ho letto anche questo). Già guardando i disegni nei due link di prima si nota la forte somiglianza tra i due supporti, e poi, dato che non stiamo parlando di una teoria sull’origine dell’universo che nessuno potrà mai comprovare bensì di cose terra a terra, basta sezionare due stampe e osservarle con un microscopio ottico per convincersi.


Citazione:

pamar5 ha scritto:
Ho sempre letto che gli inchiostri a pigmento (non i dye) si depositano sopra al foglio e non vengono assorbiti. Non saprei. Ripeto non ho le conoscenze per supportare una tesi o l’altra. Non importa; questo esula dal mio discorso iniziale.

Forse è una cosa che hai letto su articoli molto vecchi… tipo questo, del 1997, e se guardi la figura 33 trovi proprio quello che dici tu:
http://www.imaging.org/site/IST/Resou ... 84-4480-be8d-45fc3ee53e86
Però converrai che in 19 anni si sono fatti molti progressi…, e allo stato attuale viene messo uno strato poroso che ha il compito di assorbire gli ink al suo interno. In realtà si tratta di uno strato di micro o nano particelle compresse, e l’ink finisce negli interstizi.
Poi bisogna sempre intendersi su cosa significa “sopra il foglio”, perché sotto tale strato poroso ce n’è uno di polietilene (RC) o di solfato di bario (Baryta) che ha proprio il compito di impedire agli ink di venire assorbiti dal substrato di carta. In definitiva l’immagine non è situata “sopra” il foglio, ma molto vicina alla sua superficie. Parliamo di centesimi di millimetro. Stessa profondità dell’immagine su una stampa chimica.

Scusa se ho ripreso un argomento che “esula dal tuo discorso iniziale”, ma se non siamo convinti che i due tipi di stampa sono praticamente la stessa cosa all’osservazione, non andiamo da nessuna parte.



Citazione:

pamar5 ha scritto:
Bene, supponiamo che al giorno d’oggi i risultati estetici fra stampe ottenute in CO e stampe inkjet siano identici. Io mi meraviglio di come i produttori di carte inkjet evidenziano, in prima battuta, le similitudini di resa con i supporti per CO come requisito fondamentale. Sottolineano la somiglianza con le carte baritate da CO e (nota bene) non con i supporti RC da CO.

Entriamo finalmente in argomento. L’inkjet ha ormai conquistato una fetta ampiamente maggioritaria della stampa fotografica di qualità (lasciamo perdere la stampina da supermercato/minilab), da un decennio vedo molte mostre in patria e fuori, e te lo posso assicurare.
Una buona parte di chi è restio al nuovo è convinto che il vecchio sia migliore.
Io dunque non mi meraviglio affatto che per cercare di conquistare anche questa fetta di mercato i produttori sottolineino la similitudine del nuovo col vecchio.
Il fatto che tirino in ballo le baritate e non le politenate è solo legato alla ricerca di un confronto ai massimi livelli di qualità.


Citazione:

pamar5 ha scritto:
Rimango perplesso non perché ritengo non sia vero, ma perché trattandosi (l’inkjet) di una tecnologia che sarebbe capace di dischiudere un ventaglio di possibilità nuove e rivoluzionarie, queste nuove strade non vengono battute ma ci si impunta a voler inseguire prodotti e risultati della CO chimica.

Qui sono io a chiedere lumi a te.
- Quali sarebbero queste possibilità nuove e rivoluzionarie che le carte inkjet (stiamo parlando di carte vero, non di ink) potrebbero offrire alla Fotografia? Te lo chiedo perché non riesco ad immaginarmele…, per me le novità della tecnologia inkjet stanno ben a monte della carta sulla quale viene stampata la foto, parlo di curve di gamma o contrasto regolabili, “spuntinatura” prima della stampa, “mascherature” pre-vedibili, ecc.
- In quali casi ritieni i risultati ottenibili con una carta da CO chimica (come da titolo stiamo sempre parlando di carte) non adatti a soddisfare un’esigenza di stampa Fotografica?

Inviato: 30/11/2016 21:56
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Re: Tendenza attuale delle recensioni carte inkjet.

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pamar5 ha scritto:

Non ho sostenuto che la stampa inkjet o quella in CO siano una superiore all’altra. Ho unicamente sostenuto che sono diverse. Ho affermato come per me sia insensato il voler ottenere risultati analoghi con due cose diverse. Non ho parlato di bellezza, valore, pregio o perizia. Ho unicamente detto che sono cose differenti e passibili di preferenze legate al gusto personale.


E’ proprio su questo punto che non sono tanto d’accordo.
Se paragoniamo una fotocamera digitale a una analogica e parliamo di rumore “grain like” sono perfettamente d’accordo che si tratta di una sparata commerciale. Un sensore e una pellicola sono due cose completamente differenti che funzionano in base a principi molto diversi.
Per le carte il discorso cambia parecchio.
Una carta fotosensibile e una carta per inkjet, come ho già scritto nella discussione che ho linkato prima, sono due cose molto simili. Non solo. Una volta trattate, cioè l’una esposta e sviluppata e l’altra stampata con la stampante, “funzioneranno” nello stesso identico modo, cioè rifletteranno verso l’osservatore la luce che le illumina in base agli stessi principi fisici.

Una carta fotosensibile ha la seguente struttura:
http://www.dshed.net/digitised/neighb ... rces/pfv/photo_paper.html

Una carta inkjet ha la seguente struttura (devi guardare a sinistra, non a destra ):
http://www.bonjetmedia.com/en/technology/printingmedia/photopaper

Qual è l’unica differenza? Al posto di uno strato di gelatina contenente alogenuri di argento c’è uno strato microporoso in grado di assorbire l’ink.
E una volta trattate, in entrambe sarà presente uno strato contenente particelle nere che assorbiranno una parte della luce che il substrato bianco rifletterebbe. Tu pensi che ad occhio si riesca a capire se quelle particelle nere sono di argento o di carbone? Io credo proprio di no.
Per cui se un produttore di carte inkjet usa un substrato della stessa grammatura di un cartoncino baritato fotosensibile, con la stessa texture, e gli stende sopra uno stesso strato di solfato di bario, non mi stupisce che alla fine dica che è molto simile (anche come odore, ormai scrivono anche questo, evidentemente c’è gente che le sniffa) al prodotto per camera oscura. Sta solo dicendo la verità.

Inviato: 29/11/2016 18:49
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Re: Tendenza attuale delle recensioni carte inkjet.

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pamar5 ha scritto:
Ho trovato un punto che, tendenzialmente, accomuna tali articoli, sia che si tratti di recensioni di terzi, sia che si tratti di articoli degli stessi produttori. Immancabilmente si accenna alla similarità del prodotto finito con analoghi prodotti utilizzati in camera oscura. Per esempio, riferendosi ai supporti inkjet baritati essi vengono ricondotti ai cartoncini da CO.

Stanno semplicemente tutti affermando che 1 + 1 = 2.

Ti giuro che negli interventi in questa discussione, in particolare nel msg.28, non ero ironico.
http://www.effeunoequattro.net/htdocs ... id=125798#forumpost125798

Inviato: 29/11/2016 13:44
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Re: Filtri per il BN: la giungla dei prezzi.

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Credo gli serva l'attacco a baionetta Hasselblad...

Inviato: 29/11/2016 13:39
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Re: Trovato morto (forse suicida) il fotografo David Hamilton

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luciano ha scritto:
Mi dispiace moltissimo.
Ho diversi suoi libri, che trovo ancora oggi tanto affascinanti, quanto irripetibili.
Tecnicamente era uno dei pochi ad avere fatto di un ritrovato tecnico, peraltro già ben noto prima di lui, una cifra stilistica inconfondibile e personalissima.
Da qui aveva saputo costruire un mondo di immagini che era anche un mondo onirico, idealizzato, di "calma, lusso e voluttà" come avrebbe potuto dire Matisse che aveva dipinto le sue odalische, più o meno negli stessi posti dove lui fotografava le sue ninfette.
Un mondo comunque ben poco riscontrabile nella realtà, già allora - negli anni '60 e '70 - quando la rivoluzione sessuale permetteva cose che oggi porterebbero dritti dritti sotto processo.

Meglio allora? Hair, gli Hippy, i topless ed il nudismo erotico di Saint Tropez e Cad d'Agde, Istoire d'O ed Emmanuelle, le minigonne, la musica dei Beatles, la swinging London e la trasgressione nell'essere , nel vestire e nel comportarsi, ma anche un senso di libertà ed uno sconvolgimento sociale profondi che misero in soffitto un mondo che ci era pervenuto più o meno intatto dall'epoca vittoriana.
Meglio oggi? Depressi, ripiegati su noi stessi, incarogniti e più o meno in attesa dell'applicazione della sharia.
La mia risposta, chiaramente si intuisce. Ma non pretendo sia condivisa: certamente si fecero molti sbagli anche allora, a cominciare forse dalla sperimentazione e dalla ricerca del sesso fisico a scapito della capacità di amore; credo risalga a quegli anni ormai lontani il germe che ha finito per portare spesso e volentieri a concepire il rapporto con l'altro sesso come semplice sco..pata.
Ad ogni modo, non sono un sociologo. Probabilmente sto dicendo un bel cumulo di idiozie, ma la notizia mi ha un po' scombussolato e quindi lasciatemelo fare, please.

Su queste tardive accuse di stupro, penso difficilmente dimostrabili a distanza di circa un trentennio, che dire? Naturalmente è probabile che alle due donne che si sono accodate alla prima, ne sarebbero seguite qualche altra dozzina, tutte con altrettante esperienze forse vere e tragiche (ma strano che per 30 anni e più non se ne sia parlato), forse inventate di sana pianta per ricerca di un barlume di notorietà e di qualche risarcimento più o meno cospicuo.
Mi piace pensare che Hamilton abbia perfettamente capito quale sarebbe stato lo sviluppo ovvio della cosa, e abbia deciso di porvi subito la parola fine.
Se era colpevole, in un certo senso ha pagato il prezzo.
Se era innocente, ha evitato di donare notorietà e ricchezza a personaggi indegni.


Quoto persino la punteggiatura.

PS: tra le foto di Hamilton e quelle di Irina Ionesco io ci vedo distanze misurabili in anni luce

Inviato: 29/11/2016 12:26
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Re: Filtri per il BN: la giungla dei prezzi.

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Eviterei assolutamente filtri che costano 7 euro, ma neanche spenderei somme esagerate per un filtro di contrasto in BN. I modelli più costosi magari hanno 6 strati antiriflettenti anziché uno: le differenze nella pratica le noteresti a malapena in rarissimi casi particolari.

Inviato: 29/11/2016 12:20
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Sinar P - Sinar F, principali caratteristiche e differenze

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Vedo che questo forum è poco seguito, sarà un segno dei tempi...
Sperando di fare cosa gradita agli amministratori e utile a qualche lettore, ripropongo questo articoletto che avevo pubblicato su Fotoavventure.

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Sinar è uno dei brand più conosciuti e diffusi di banchi ottici, tutt’oggi ben presente non solo nel ristretto panorama di banchi per dorsi digitali, ma soprattutto sul mercato dell’usato dei banchi a pellicola. Questo post non vuole essere in alcun modo una recensione completa sui vari modelli. Lo scopo è semplicemente quello di porre l’accento sulle principali caratteristiche e differenze tra le due linee interne di prodotto, con un occhio alla situazione fuori dal mondo Sinar.
Come avevo promesso in una discussione di qualche tempo fa, scrivo queste cose perché leggendo in giro, e anche su questo forum, ho spesso notato parecchia confusione al riguardo. Talvolta anche da parte di utilizzatori di questi apparecchi, che senza approfondire troppo le questioni si sono limitati a prendere come dogma tutto ciò che il costruttore dichiara, sovente con maggiore attenzione al marketing che non al rigore tecnico. Chi già conosce a fondo l’argomento troverà il discorso un po’ prolisso e a tratti ripetitivo, ma ho preferito spendere qualche parola in più e ripetere, sperando di essere il più chiaro possibile con chi conosce solo marginalmente le questioni. Nel tentativo di alleggerire il discorso, ho pensato di separare alcune spiegazioni e confronti inserendo delle note (7 mi sembrava un bel numero per delle note).
Termino questo preambolo ribadendo un concetto fondamentale: tutti i banchi ottici di questo mondo sono dotati di almeno 4 movimenti su ogni standarta (decentramento orizzontale e verticale, basculaggio orizzontale e verticale), per cui tutti permettono le medesime regolazioni e quindi, se l’escursione dei movimenti è sufficiente, sono in grado di fare le medesime foto.
Le differenze tra varie marche e modelli, oltre ovviamente a precisione e robustezza, sono da ricercarsi soprattutto sulla comodità operativa, che spesso si traduce in rapidità di esecuzione.



Sinar deve buona parte della sua notorietà al modello top di gamma P presentato nel 1970 e rivoluzionario per quei tempi, diventato P2 nel 1984 con modifiche principalmente estetiche, e P3 in era digitale con modifiche principalmente dimensionali grazie alle minori dimensioni dei dorsi rispetto alle pellicole piane. Nella sua evoluzione si sono viste diverse varianti, come la C (standarta P posteriore e F anteriore), la X (una P con qualche limitazione) e la ingombrante E assistita dall’elettronica di 25 anni fa.
A fianco della linea “top” P, è sempre stata prodotta una linea “entry” F, parecchio diversa (già anche solo a vista) e, per fortuna, parecchio meno costosa (nel 1990 una P2 4x5” costava di listino 7.600.000 lire contro i 2.380.000 della corrispondente F2). Anche meno pesante, e dunque, al di là dei nomi di fantasia coniati dal marketing, di più facile trasportabilità e soprattutto perfettamente integrabile nel sistema modulare Sinar: cioè poteva essere trasformata per gradi in P riutilizzando le standarte originali F come corpi intermedi (per forti allungamenti) o come compendium (paraluce).

La caratteristica principale della P, che la rendeva diversa da tutti gli altri banchi ottici, era il basculaggio sul piano focale, brevettato, e dunque per molti anni esclusiva di questo modello. In pratica i basculaggi della standarta posteriore avvengono attorno ad assi giacenti sul piano focale, cioè sul vetro smerigliato, e dunque basculando non si perde il fuoco dell’immagine lungo quegli assi. Comodità non da poco.
Quei due assi, chiaramente segnati sul vetro smerigliato in prossimità di tutti quattro i lati del formato (in pratica ne sono segnati 4 anziché 2, a formare rigorosamente un quadrato), sono situati in posizioni differenti a seconda del formato (per necessità costruttive), ma mai situati al centro del formato, per cui risultano asimmetrici rispetto al formato, e si parla quindi di basculaggio asimmetrico sul piano focale. Il fatto di essere “asimmetrici” è sempre stato propagandato da Sinar come un vantaggio. In realtà, per come sono costruite le standarte della P, sull’asse orizzontale non si sarebbe potuto fare altrimenti, e si tratta dunque innanzitutto di una necessità costruttiva. Sul fatto che sia effettivamente anche un vantaggio si potrebbe stare a discutere per ore. (Nota 1)
Tale sistema permette di applicare la regola di Scheimpflug con grande rapidità basculando la standarta posteriore.
Ma in tutti quei casi (e sono la maggioranza) in cui è necessario applicare Scheimpflug senza variare la prospettiva, il basculaggio deve essere fatto sulla standarta anteriore. Dato che non è possibile in alcun modo basculare l’ottica senza perdere il fuoco, risulta più comodo basculare prima dietro (cosa che mette anche al riparo da un’eventuale uscita dal cerchio di copertura dell’obiettivo durante l’operazione) fino a trovare l’angolo che soddisfa la regola di Scheimpflug, e poi in qualche modo “trasferire” il basculaggio sulla standarta anteriore.
In quest’ultimo passaggio la Sinar P non risulta avvantaggiata rispetto ad altri banchi: tale operazione può essere fatta allo stesso modo e con la stessa comodità su qualsiasi banco ottico dotato di rapportatori d’angolo sulle standarte (Nota 2), ma risulta comunque empirica e richiede sempre degli aggiustamenti finali ad occhio (Nota 3).

La Sinar F invece non aveva i basculaggi sul piano focale. Basta osservare come sono fatte le standarte per accorgersene. Inoltre, per come è fatta, risulta leggermente penalizzata rispetto ad altri banchi ottici nella ricerca del fuoco per tentativi col basculaggio orizzontale (Nota 4).
Per facilitare l’applicazione della regola di Scheimpflug, è stata messa sulla standarta posteriore una scala graduata in grado di calcolare preventivamente l’angolo di basculaggio della standarta. Un sistema esclusivo della Sinar F, che funziona in questo modo: una volta stabilito il piano di nitidezza (è sempre una scelta arbitraria del fotografo), e coi basculaggi azzerati, si mette a fuoco un particolare il cui punto immagine giace su uno degli assi segnati sul vetro smerigliato (quelli che sulla P mantengono il fuoco durante il basculaggio), si azzera l’indice di questa scala graduata, si mette a fuoco un secondo particolare il cui punto immagine giace sull’asse opposto al primo, si legge l’indicazione sulla scala graduata, la si riporta sul basculaggio della standarta posteriore mediante il rapportatore d’angolo, e finalmente si regola la messa a fuoco in modo da avere… ciò che con la P si ottiene girando una singola manopola! Sicuramente è meglio di niente, ma non ha nulla a che vedere con la comodità operativa della P (Nota 5).

Un’altra caratteristica dei banchi ottici Sinar, stavolta comune ai modelli P e F, è quella di essere yaw free, cioè privi di torsione assiale durante il basculaggio verticale in condizioni di decentramento verticale indiretto.
In altre parole, in condizioni di decentramento verticale indiretto, il basculaggio verticale continua ad avvenire normalmente attorno ad un asse verticale. Cosa che invece non succede su banchi non yaw free, dove, sempre e solo in condizioni di decentramento verticale indiretto, il basculaggio verticale si trasforma in un movimento complesso della standarta (torsione assiale) che di fatto impedisce l’applicazione della regola di Scheimpflug.
Affinché un banco ottico sia yaw free, è sufficiente che abbia un basculaggio orizzontale posizionato meccanicamente sotto al basculaggio verticale. Quindi, tutti i banchi ottici dotati di basculaggio orizzontale alla base posizionato sotto agli altri movimenti, risultano automaticamente yaw free.
Sinar sostiene di essere stata la prima ad aver costruito banchi yaw free…, ma è bene notare che forse è stata anche la prima ad averne una reale necessità.
Non bisogna dimenticare infatti che il yaw free serve solo col decentramento verticale indiretto (spero di averlo ripetuto e sottolineato abbastanza), cioè ottenuto inclinando il banco e recuperando la verticalità delle standarte col basculaggio, e che il decentramento verticale indiretto, sicuramente più scomodo, serve solo quando quello diretto risulta insufficiente (Nota 6).
In seguito, a forza di sentirne parlare (magari senza comprenderne a fondo il funzionamento), i banchi ottici yaw free sono stati considerati dall’utenza aprioristicamente superiori agli altri, per cui quasi tutte le case l’hanno adottato, talvolta anche su modelli che non ne avevano una reale necessità (Nota 7).



(Nota 1)
Altre case, in banchi più recenti dotati di basculaggio sul piano focale, hanno adottato soluzioni diverse: ad esempio la Linhof Kardan Master GTL presentata nell’86 aveva assi simmetrici, mentre la Horseman LX dei primi anni ’90 aveva addirittura un decentramento verticale supplementare posizionato meccanicamente sopra il basculaggio centrale orizzontale, che permetteva di variare la posizione dell’asse di basculaggio da simmetrica ad asimmetrica fino a 40 mm dal centro del formato. Sui due banchi appena citati il basculaggio orizzontale simmetrico era permesso dalle standarte a L, ma le dimensioni molto minori dei dorsi digitali rispetto ai formati delle pellicole piane hanno permesso di ottenere sugli odierni banchi il basculaggio orizzontale simmetrico anche con standarte tipo Sinar P: è quello che ha fatto Linhof con la M679cs. La Sinar P3, invece, ha mantenuto i basculaggi asimmetrici.
Entrambi i sistemi hanno un vincolo: il punto immagine di un particolare (adatto per la messa a fuoco) situato sul piano di nitidezza stabilito, deve trovarsi in corrispondenza dell’asse di basculaggio sul vetro smerigliato. E’ più probabile trovare uno di tali punti su un asse al centro dell’immagine, oppure su un asse vicino al bordo dell’immagine? Rispondendo a questa domanda, si stabilisce se sia più comodo il basculaggio simmetrico oppure quello asimmetrico.

(Nota 2)
I rapportatori d’angolo sulle standarte (scale goniometriche che permettono la misura degli angoli di basculaggio) sono presenti sia sui modelli P che F, ma non sono mai stati un’esclusiva Sinar. Molti banchi dell’epoca ne erano dotati, come la Linhof Kardan B, la Toyo G, la Fatif DS, tutte le Plaubel compresa la entry level Peco Profia V, ecc.

(Nota 3)
Sinar, sia sui depliant che sui manuali, ha sempre liquidato la cosa in modo sbrigativo: si trasferisce l’angolo di basculaggio letto sulla standarta posteriore a quella anteriore nel verso opposto, e il gioco è fatto. Questo vale solo nel caso che il piano di nitidezza prescelto sia parallelo al piano sul quale giacciono gli assi di basculaggio di entrambe le standarte: caso tipico è la foto di paesaggio col banco in bolla, dove il piano di nitidezza è quasi sempre il suolo. Nello still life, invece, ben difficilmente ci si troverà in questa condizione, e quindi l’angolo trovato basculando la standarta posteriore deve essere trasferito “ridotto” su quella anteriore per mantenere lo stesso piano di nitidezza secondo Scheimpflug. Linhof, ad esempio, suggerisce di ridurlo di una percentuale pari all’angolo trovato (se sulla standarta posteriore hai trovato 20°, su quella anteriore riporterai 20 – 20% = 16°), ma anche questo non è sempre corretto, in quanto la diminuzione da applicare varia al variare dell’inclinazione del piano di nitidezza prescelto e al variare del rapporto di riproduzione.
Inoltre, in tutti i casi, dopo il basculaggio dell’ottica è richiesta una traslazione della standarta posteriore per recuperare il fuoco. Questo lo ammettono tutti i costruttori, ma sorvolano volentieri sul fatto che tale operazione comporta una variazione dell’inclinazione del piano di nitidezza originario, che infatti ruota attorno alla Hinge Line quando si muove la standarta posteriore lungo il banco.
In riprese a grandi distanze o con basculaggi ridotti, le variazioni sono lievi, ma in caso di distanze di ripresa ridotte e forti basculaggi, tipici dello still life, diventano importanti.

(Nota 4)
La perdita del fuoco durante il basculaggio della standarta posteriore, generalmente è tanto maggiore quanto maggiore è la distanza dell’asse di basculaggio dall’asse ottico. Nei tradizionali banchi con standarte a U l’asse di basculaggio orizzontale è quasi sempre posizionato in corrispondenza dell’asse ottico (pur non giacendo sul piano focale), mentre sulla Sinar F è posizionato parecchio distante, addirittura sotto il formato di ripresa. Questo provoca un maggiore “sbandieramento” del vetro smerigliato durante il basculaggio orizzontale, che si traduce in una perdita di fuoco di maggiore entità.

(Nota 5)
Questo metodo ha ben due vincoli: per poter essere applicato ci devono infatti essere due particolari (adatti per la messa a fuoco) sul piano di nitidezza stabilito i cui punti immagine cadono sui due assi opposti segnati sul vetro smerigliato.
La scala graduata misura l’ampiezza della traslazione della standarta posteriore necessaria per portare il fuoco dal primo al secondo punto, la divide per la distanza tra i due assi opposti sul vetro smerigliato (fissa per ogni formato, 70 mm sul 4x5”), e restituisce direttamente l’arcotangente del valore ottenuto, che altro non è che l’angolo di basculaggio necessario alla standarta posteriore per avere entrambi i punti a fuoco secondo Scheimpflug.
Con l’ausilio di un righello, un pennarello e una calcolatricetta tascabile, tale metodo si può applicare a qualsiasi banco ottico che abbia i rapportatori d’angolo sulle standarte, addirittura senza alcun vincolo. Col basculaggio azzerato si mette a fuoco un punto a piacimento del piano di nitidezza prescelto. Si segna col pennarello sia il punto immagine sul vetro smerigliato che la posizione della standarta sul banco. Poi si mette a fuoco un secondo punto sempre a proprio piacimento sul piano di nitidezza spostando la standarta posteriore, e si tornano a segnare nuovo punto immagine sul vetro smerigliato e nuova posizione della standarta. Col righello si misurano le distanze tra i primi e i secondi segni fatti col pennarello (la distanza tra i due segni sul vetro smerigliato va presa lungo la verticale in caso di basculaggio orizzontale, e viceversa). L’arcotangente del rapporto tra la distanza segnata sul banco e quella segnata sul vetro smerigliato sarà proprio l’angolo di basculaggio da applicare alla standarta posteriore per avere a fuoco il piano di nitidezza prescelto.

(Nota 6)
L’innovativa e sofisticata costruzione delle standarte della Sinar P, poneva maggiori limiti all’escursione di taluni movimenti rispetto alla tradizionale costruzione delle standarte a U. Il massimo decentramento verticale (una standarta tutta su e l’altra tutta giù) di una P2 4x5” è di 80 mm, e scende addirittura a 44 mm su una 8x10” con obiettivo decentrato verso l’alto. A titolo di confronto, i corrispondenti valori sulla Plaubel Peco Profia Z (classiche standarte a U con prolunghe) sono 225 mm e 195 mm. Ovvio che su una Sinar il decentramento verticale indiretto diventi indispensabile.

(Nota 7)
Mi riferisco ad esempio a Plaubel, che ad un certo punto ha rimpiazzato i modelli N e Z coi modelli NT e ZT, identici ai primi ma con in più il basculaggio orizzontale alla base che li rendeva yaw free. E così la possibilità di decentramento verticale di una Z 4x5” è passato da “solo” 225 mm a circa 1 metro! Che abbinato alla possibilità di basculaggio verticale dichiarato di 360°, chissà che foto permette di fare…!!!
Altri banchi anche molto recenti, come ad esempio la Linhof M679cs con soli 20 mm di decentramento diretto sia verticale che orizzontale (pochini anche per le ridotte dimensioni del sensore di un dorso digitale), hanno invece una reale necessità di essere yaw free.




Inviato: 29/11/2016 12:15
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Re: Tecnologia nuova, stile vecchio.

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PinoKent ha scritto:
ma senza avere un armadio a filtri per l'asciugatura non la reggo più la spuntinatura di decine di puntini bianchi e pelucchi magari su zone dove il restauro è più difficile che sul Cimabue dell'alluvione di Firenze.

Forse OT rispetto alla discussione... io l'armadio a filtri ce l'avevo e nonostante la periodica pulizia dei filtri qualche pelucco ce l'avevo. Sai quando son scomparsi del tutto? Quando ho cominciato a tener spenta la ventilazione.

Inviato: 26/11/2016 13:41
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Re: Supporti inkjet di marche diverse. Differenze eclatanti ???

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wing ha scritto:
Come ottimo rapporto prezzo qualità consiglio la Canson Photo Satin 270g decisamente migliore della Espon. Se vogliamo il massimo per me la Canson Platine. Per L'opaco una carta ottima è la Hanmulhe Photo mat 200 g, leggera ma dalla resa eccellente.

Tra le due Canson che citi, dal prezzo una il doppio dell'altra, quali sono secondo te le differenze all'osservazione, lasciando perdere quindi la grammatura ed altre eventuali sensazioni tattili o olfattive?
Texture?
Punto di bianco?
Dmax?
Gloss differential?
E rispetto alla classica Baryta Photographique, con prezzo intermedio, e che è l'unica che conosco, hai fatto dei confronti? Se sì, come si collocano le due che citi?

Scusa la raffica di domande, ma mi senbra un discorso molto interessante.


Inviato: 26/11/2016 13:30
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Re: Alcuni scatti

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gianlu64 ha scritto:

Non avevo intenzione di raccontare nulla, mi piacevano i luoghi e mi piaceva (nelle prime tre) la luce cupa che metteva in risalto i riflessi del pavimento bagnato.
Mi piaceva il contrasto tra il buio dei portici e la luce della strada. Mi piaceva l'atmosfera che purtroppo non sono risucito a rendere.
Mi colpiva poi il volto sofferente del Cristo.
Pioveva e faceva freddo e non c'era nessuno per strada.



Anch’io non commento quasi mai le foto, e quello indicato da Oscar è solo uno dei tanti motivi. Però quelle che appartengono al mio genere fotografico almeno le guardo.

Ci sarebbero molte cose da dire su queste 4 foto.
Innanzitutto, la quarta è completamente slacciata dalla altre tre, che invece formano una serie. La luce sul crocefisso è stupenda e il taglio è molto buono così come l’angolazione che rende bene l’espressione del volto. Peccato solo che sia recente.
Nelle altre tre, a mio avviso, l’atmosfera l’hai resa benissimo. Quando piove la luce è sempre diffusa, e l’unico modo di dare vivacità e tridimensionalità all’immagine è quello di comprendere nell’inquadratura zone che ricevono diverse quantità di luce, che è proprio quello che hai fatto (l’alternativa sarebbe dotarsi di un “obiettivo tridimensionale”, ma poi dovresti sempre specificare che hai usato quell’obiettivo lì altrimenti nessun altro vedrebbe gli effetti… )
Delle tre la prima non mi piace, anche se venisse raddrizzata. Le altre due invece mi piacciono molto.

- Della prima mi disturba molto la persiana scura (o quello che è) sulla destra. Visto che è presente anche a sinistra, avrei tentato un’inquadratura simmetrica dal centro.
- La seconda l’avrei scattata dalla stessa altezza ma facendo un passo indietro, in modo da eliminare l’arco tagliato a destra sull’altro lato della strada e inquadrare tutto quel “coso sporgente”. Inoltre avrei decentrato leggermente verso l’alto in modo da non tagliare il primo arco del portico.
- La terza la taglierei orizzontalmente in alto in modo da eliminare la macchia bianca del cielo, forse addirittura a livello dello spigolo più basso della finestra sul muro a sinistra. In questo modo tutta l’attenzione cadrebbe sul portico in fondo col suo leggero riflesso sull’asfalto bagnato, inscritto in una spessa cornice di pietre uniformi che negli antichi borghi venivano utilizzate sia per i muri che per la pavimentazione stradale. Queste superfici quando sono bagnate dalla pioggia assumono un aspetto caratteristico dovuto alla diversa riflessione tra la pietra e il legante, che mette in risalto le asperità in modo completamente diverso da come farebbe una luce radente. Meno incisivo, ma anche meno snaturante. Per rendere bene questo effetto, aumenterei leggermente contrasto e luminosità in queste parti scure.

Tutto quello che ho scritto riflette solo ed esclusivamente i miei gusti fotografici, pertanto non vuole essere né un consiglio né una critica. Sono fermamente convinto che ognuno debba fotografare secondo i propri gusti e non secondo i gusti degli altri. Ad esempio per Serghei se sulla strada o sotto il porticato ci fosse stata una presenza umana funzionale al contesto la foto avrebbe acquisito qualcosa in più. Ci fosse stata una persona in qualsiasi parte dell’inquadratura, io non avrei mai scattato.

Inviato: 25/11/2016 10:39
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Re: Ci si accontentava?

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desertglow ha scritto:

Ma nessuno nota l'incapacità del digitale nel gestire con morbidezza le alte luci (la curva logaritmica insomma nella parte alta).

Sì, io in certi casi la noto. La curva logaritmica di una pellicola in alto continua a piegare, sempre di meno ma piega. Il sensore da un certo punto in poi taglia di brutto.
In talune foto, questo si nota



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desertglow ha scritto:

A parte gli scherzi, c'è un macrocontrasto non dico inconfondibile ma quasi...


Il contrasto è una caratteristica fisica degli obiettivi, conosciuta anche dagli ingegneri ottici che li progettano, quindi ci può stare.

Inviato: 25/11/2016 10:10
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Re: Supporti inkjet di marche diverse. Differenze eclatanti ???

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pamar5 ha scritto:

Voi cosa ne pensate? Quale è la vostra esperienza?


Da quando ho iniziato a far foto, quindi da molto prima che esistessero i forum, ho incontrato spesso gente che vedeva differenze eclatanti tra carte della stessa tipologia ma di marche diverse, differenze clamorose tra filtri dello stesso livello ma di marche diverse, differenze abissali tra un obiettivo Canon e il corrispondente Nikon, differenze imbarazzanti tra una tank Jobo e una Paterson, e avanti che si và...
Ho sempre nutrito un'ammirazione smisurata nonché un pizzico di sana invidia per queste persone, agli occhi delle quali si aprono mondi a me sconosciuti...

PS: sulle carte ho gli stesi gusti di Gianluke

Inviato: 25/11/2016 10:02
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Re: digitale converge verso il miglior argentico.

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sarrasani ha scritto:
>Trovo meno lecito, invece, fornire informazioni di carattere tecnico palesemente errate a supporto di tutto ciò.

Ciò che non piace è palesemente errato, ok.

Che piaccia o non piaccia, è la tua fantasiosa descrizione delle carte inkjet ad essere palesemente errata. Ho cercato di spiegarti come sono fatte in realtà, ma non l’hai neanche letto. Tanto tu la “verità” già la conosci…


Citazione:

sarrasani ha scritto:

> Ma direi che la peculiarità di una baritata è proprio quella indicata da Fabio.

Tu puoi benissimo dirlo, ma esistono carte baritate (di quelle vere, intento, per la stampa argentica) che sono gialle, quindi.....

….. quindi il succo del discorso non cambia, e la carta rifletterà molta luce, restituendo toni chiari molto brillanti come ha scritto Fabio. Tra l’altro molti puristi dell’argentico le evitano perché le considerano delle “pacioccate”, in quanto nessuno garantisce la longevità della colorazione giallastra dei coloranti organici aggiunti al solfato di bario. Un po’ come i puristi dell’inkjet non vogliono sentir parlare di carte con OBA.


Citazione:

sarrasani ha scritto:
>Questa è davvero grossetta: se tutto ciò che c’è dietro non conta, perché mai i produttori ci metterebbero dietro uno strato di solfato di bario?

Perchè qualche gonzo abbocca.

Ma certo…, chiunque guardando una stampa fotografica non è in grado di capire se l’immagine è “dentro la carta” o “sopra la carta” è un povero gonzo!


Citazione:

sarrasani ha scritto:

> Per quanto riguarda l’effetto di stampa “dentro” il foglio di carta che si ha con l’argentico baritato, ti assicuro che ha la stessa precisa identica valenza dell’effetto di ariosità che si ha “solo” con certi obiettivi.

Tu me l'assicuri, ma se permetti mi tengo la mia opinione, che peraltro come saprai è la stessa espressa da Ansel Adams
nel suo "La Stampa"


Tienti pure tutte le opinioni che vuoi, ma per favore lascia stare Adams.
La tua opinione è scritta a chiare lettere: Nel getto d'inchiostro di tutto questo non vi è traccia, e tutta la luce viene riflessa dai pigmenti in superficie. Tutto ciò che c'è dietro non conta, non vede nè riflette luce. Che, ti assicuro, è una stupidaggine di dimensioni colossali.
Non pago aggiungi: E infatti l'effetto di stampa "dentro" il foglio di carta che si ha con l'argentico baritato non c'è per nulla. E' stampa "sopra", non "dentro". E qui siamo veramente al grottesco.
Adams ha scritto quel libro nel 1983 molto prima che la stampa fotografica inkjet diventasse una realtà, e dunque non può aver scritto simili sciocchezze. Se invece insisti, per favore citami capitolo e paragrafo, lo prendo un attimo dalla mia libreria e controllo, poi eventualmente ne discutiamo.



Citazione:

sarrasani ha scritto:

>In alternativa, per ora possiamo credere alle prove fatte con rigore scientifico da istituti come il Wilhelm Imaging Research....

Fantastico. Perchè non usiamo questi signori che vedono il futuro in maniera rigorosamente scientifica per ottenere qualche indicazione più importante: guerre, glaciazioni, cose così......

Questi signori fanno prove di vita accelerate sulle stampe, esattamente come vengono fatte in ogni campo della produzione industriale da oltre mezzo secolo.
Paragonarli a Nostradamus solo perché si è completamente digiuni di nozioni tecnico-scientifiche si fa una ben magra figura, credimi…


Citazione:

sarrasani ha scritto:

>
.... anche se da prove scientifiche (scientifiche? accidenti, di nuovo ‘sta maledetta parolaccia ammazza-fantasie…) la stampa inkjet risulta ormai leggermente superiore in tutto rispetto a quella argentica ....

Leggevo proprio ieri (non ricordo se Hillmann o Galimberti)
della differenza tra cio' che dovremmo (ad esempio perchè la cosiddetta scienza ci dice così) vedere e ciò che vediamo. Mi tengo stretto ciò che vedo, in un campo dove delle cosiddette prove scientifiche me ne posso allegramente infischiare, tutto qui.


E fai bene, è una cosa che considero perfettamente lecita come ho spiegato in apertura del mio primo intervento. L’importante è che non confondi “il tuo piccolo mondo” con “il mondo”, lanciandoti poi in fantasiose spiegazioni nel tentativo di universalizzare le tue credenze.


Citazione:

sarrasani ha scritto:

A ciascuno i suoi paragoni e le sue credenze.

Scriviamola in modo corretto: a chi affronta l’argomento in modo scientifico i suoi paragoni, a chi è convinto che la fotografia alberghi in un mondo di elfi fate e maghetti le sue credenze.

Inviato: 14/11/2016 11:20
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Re: 105/1,4.. Bello, ma che cappero serve?

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Citazione:

t-patte ha scritto:
Citazione:
Quindi tu credi che una foto tutta a fuoco, come potrebbe essere un paesaggio fatto con un grandangolare, non possa dare una sensazione di tridimensionalità?


Non lo affermo in senso assoluto perchè come dicevo io nel mio piccolo tento di darmi spiegazioni. Non ho nessuna certezza.
Per certo però ho notato che, come mia percezione, noto di più la sensazione di profondita in alcune condizioni rispetto ad altre.
Comunque la tua affermazione mi ha fatto meditare e ho tentato empiricamente di trovare una risposta alla tua domanda. Ho pensato di simulare un obiettivo con gli occhi, quindi per cominciare ho chiuso un occhio per eliminare la vera fontè di tridimensionalità e ho guardato fuori dalla finestra. In effetti mi sembra un panorama piatto. Poi ho fissato un mio dito a distanza razzicinata di modo che lo sfondo fosse palesemente sfocato. Di vera tridimensionalità anche qua zero, pero in effetti vedere lo sfondo sfocato mi faceva capire bene che cio che vedevo era su un piano diverso.
Quindi riassumendo ritengo che se ci sono delle caratteristiche che rendano un obiettivo piu tridimensionale sul piano di messa a fuoco rispetto ad un altro io non ho idea di quali possano essere, non escludo però che ci siano.
Per quanto riguarda le caratteristiche dello sfocato ritengo che siano elementi in più che apportano il loro effetto alla percezione del 3D.


Hai letto il mio messaggio n.80 a pagina 4 ?

Inviato: 14/11/2016 10:51
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