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Medievale a chi ?

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23/6/2022 9:20
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Medievale a chi ?

Gli antichi conoscevano bene quanto fossero preziose le vie d’acqua naturali o artificiali (fiumi e canali di scolo o di navigazione) e nel contempo quanto potesse essere distruttiva la forza dell’acqua non governata.
Un esempio ci viene direttamente dagli Statuti di Treviso sotto la cui giurisdizione era anche il territorio di Mestre agli inizi del 1300.
I villaggi (oggi quartieri di Mestre) che facevano parte del Comune si davano delle “Regole” (leggi locali tutte simili fra loro) che venivano depositate e ufficializzate a Treviso a cui dovevano attenersi gli abitanti di questi villaggi.
Queste Regole riguardavano principalmente la cura e la manutenzione della viabilità (strade e ponti) e dei corsi d’acqua che percorrevano i territori abitati demandando a chi abitava nei loro pressi l’obbligo dei lavori da farsi. Per opere più impegnative ciò veniva appaltato a professionisti specializzati.
Oggi non è raro che nel corso d’acqua qualcuno ci butti la lavatrice dismessa o un treno di pneumatici, come pure nelle immediate vicinanze (quando non sopra) ci faccia villette a schiera e un parcheggio in cemento.

Ecco un esempio:

Regula Faveri

Die Jovis XX. Novembris. Antonius q.m Petri Mericus regula Faveri
dicte plebis per se , et suo Comune comparuit coram Albertino Viviani
de Albertino Notario, et juravit et inscriptis dedit infrascripta.
In primis unam viam publicam qua incipit in regula Sancti Martini
in Desio , et vadit per viam , et territorium Faveri , et estendit versus
Mestre et confinat cum regula Carpenedi.
Item unam viam publicam per qui itur de dicta regula Faveri ad
teraleum et confinat juxta Ecclesiam Sancti Iuliani.
Item unam viam publicam per quas itur de dicta villa Faveri ad
campos et nemora ipsius regula versus mane. Item unam publicam , et
antiquam quae appellatur ………...Mascherellus qua labitur per territorium
regula Faveri , et finitur in flumen Desii , et per homines habitantes
terram juxta ipsam publicam debeat cavari, et in conzo teneri dictam
publicam in suo territorio. Et dixit quod Comune, et homines dicta re
gula Faveri dicta via in conzo teneri debeat in suo territorio.

Traduco:

Regola di Favaro (inizi del XIV sec.)
Il giorno 20 novembre Antonio di Pietro Meriga (capo villaggio) della Regola di Favaro, in rappresentanza della popolazione citata per la sua parte e del suo comune, comparve davanti al notaio Viviano di Albertino e giurò e presentò ciò che è infrascritto.
Primariamente (riguarda) una pubblica strada che comincia a San Martino di Dese e percorre il territorio di Favaro, prosegue verso Mestre ed è vicina al villaggio di Carpenedo.
Lo stesso per una pubblica strada per la quale si va dal citato villaggio di Favaro al terraglio e passa vicino alla chiesa di San Giuliano che è nei pressi.
Lo stesso per una strada pubblica per la quale si va dal citato villaggio di Favaro ai campi e si mantiene diretta ai boschi di questo villaggio. Lo stesso per un pubblico e antico corso d’acqua che viene chiamato ..omissis...Mascherello che scorre per il territorio del villaggio di Favaro e sfocia nel fiume Dese, e per opera degli abitanti del territorio nei pressi di questo pubblico corso d’acqua, deve essere scavato (pulito il fondale) e tenuto in buono stato nel loro territorio il citato corso d’acqua. E disse (il Meriga) che gli abitanti del citato villaggio di Favaro devono tenere in buono stato la strada citata.

Severissime erano le leggi nella Laguna di Venezia che non sto a riportare per questioni di spazio, cito solo un esempio.
Oltre al fatto, che non si poteva coltivare a meno di una certa distanza dalle rive perché il terreno smosso con l’aratura poteva venir dilavato dalle piogge intasando il corso d’acqua, lungo le rive e sugli argini dovevano venir piantati dei tamerici, pianta il cui apparato radicale consolida gli argini, e tali piante non dovevano venir rimosse o danneggiate per nessun motivo. Nell’ aprile del 1360 un tal Lorenzo Tempesta di Chioggia viene multato al Lido di Venezia di 100 Soldi perché aveva preso 3-4 (dice lui) piccoli rami di tamericio per curarsi un male alla milza, le guardie invece contestano che erano sei su cui avrebbero dovuto comminare una multa di 100 soldi ciascuna, alla fine, tira e molla, si accordano per 40 in tutto. Multa salata se si pensa che nel 1300 a Venezia si poteva acquistare un cappone (di solito di un peso medio di 4 Kg) per 18 soldi.

© Pino Alessi mag 2023

Inviato: 19/5/2023 11:40
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