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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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27/4/2006 13:48
Da Roma
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Per quanto uscito dai binari, questo topic ha avuto il merito di aprire un vaso di pandora: quello del rapporto tra fotografi e fotografia.

Mi sembra che ci sia una distinzione abbastanza netta - seppur imbastita di mille sfumature - tra chi vive la fotografia come un qualcosa di totalizzante o, se preferite, di una passione vigorosa ed intensa, sessuale, e chi usa i guanti gialli e, pur probabilmente scattando splendide immagine, vivendola in modo più asettico e distaccato.

Non è il bombardamento d'immagini cui siamo sottoposti che causa un atteggiamento di cauto scetticismo o di rigetto, ma (azzardo un'ipotesi) l'assenza della convinzione di poter controllare il linguaggio della comunicazione visiva.

Nessuno si ofenda, non è e non vuole essere un insulto. Io ad esempio non capisco e non sono in grado di decodificare il linguaggio della danza classica, eppure non me ne cruccio.

Si tratta di un linguaggio molto più immediato di quello verbale, ma anche di difficile controllo: la ricezione del messaggio dipende da troppi fattori, culturali e di esperienza, e pochi sono i punti fermi e comuni tra trasmittente e ricevente.

Evidentemente, nel caso della street phot. , stiamo assistendo ad uno di questi fenomeni di codificazione e decodificazione non perfettamente sincronizzati.

Se escludiamo la fotografia commerciale, che ha i suoi codici molto più tarati (e subdoli) ed in sintonia con il pubblico, ci restano altri generi fotografici, tra i quali lo storico e documentaristico, e il giornalistico e sociologico.

Questi due (per quanto l'accorpamento possa sembrare arbitrario) non possono prescindere da una certe dose di violenza - nella ripresa - anche se il soggetto ritratto è consenziente, come l'amica che è disposta a farsi fotgrafare solo il profilo sinistro (sminuendo il valore della spontaneità ).

Se chi fotografa vive la sua stessa "arte" con troppa ansia o con distacco (che quel minimo di violenza necessaria esercita su di lui), avrà  difficoltà  a codificare il messaggio che vuole trasmettere. E probabilmente anche a decodificare i messaggi che gli arrivano.

Esercitazione:
provate ad immaginare un mese intero senza vedere immagini di guerre, di miseria e quant'altro. Pensereste davero che il mondo sia improvvisamente migliorato? O, piuttosto, pensereste ad una qualche forma di censura?

Credo di aver fato un po' di confusione, ma la fretta, sempre la fretta...


Inviato: 27/2/2008 17:55
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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25/8/2005 8:38
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Falcopardo ha scritto:
Ciao Fabiano,
...
Mettiamo che tu arrivi primo al concorso, che la tua bellisima immagine venga divulgata e che per qualche caso la persona ritratta si riconosca e soprattutto riconosca il figlio. E mettiamo che qualcuno faccia venire la mosca al naso a questa persona magari per fare a mezzo.....Pensi di cavartela?
Valle pure a spiegare che e' per la bellezza, ma hai sfruttato la sua immagine, il suo modo di vestire, il suo presentarsi...
....


Grande Renzo! Non volevo tirare in ballo io l'argomento altrimenti mi crocifiggono tutti come l'Amerikano ma volevo proprio scrivere la stessa cosa ... insomma, se fai i soldi con la mia faccia o le mie stranezze come minimo voglio la percentuale.

Fabiano, tu ti chiedevi che male c'e' a fotografare la gente per strada. In astratto hai ragione, non fai certo "del male". In concreto se fai i soldi sui corpi, i volti e le miserie altrui senza nemmeno condividere il guadagno direi che c'e' molto di male, pero'. Se uno lo fa per giornalismo e' diverso, se uno lo fa per "hobby" non lo approvo ma insomma ... ma se uno ci specula ...

Inviato: 27/2/2008 18:04
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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28/3/2007 16:40
Da nord Sardegna
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Mxa ha scritto:
Fabiano, tu ti chiedevi che male c'e' a fotografare la gente per strada. In astratto hai ragione, non fai certo "del male". In concreto se fai i soldi sui corpi, i volti e le miserie altrui senza nemmeno condividere il guadagno direi che c'e' molto di male, pero'. Se uno lo fa per giornalismo e' diverso, se uno lo fa per "hobby" non lo approvo ma insomma ... ma se uno ci specula ...

Si potrebbe allora citare la bella storia di un reporter di National Geographic, autore di questa splendida fotografia: l'immagine fece il giro del mondo e conquistà il cuore dei lettori; arrivarono in redazione sostanziose donazioni in denaro, e al pastorello che piangeva per la perdita delle sue pecore ne furono regalate altre, e se non sbaglio fu anche finanziato un fondo per l'infanzia. In quel caso il fotografo confessà di non sentirsi in colpa, una volta tanto, per aver "rubato" un'immagine.

Tale caso è però classificabile come reportage, quindi... "via libera" (giusto?)... ma prima di poter cogliere un'immagine così intensa come professionista, bisogna aver fatto molta molta pratica (fotografica e di "relazione") come amatore. E se Allard è entrato a buon diritto nel National Geographic, lo deve soprattutto all'aver riversato nella fotografia una grande passione, anche quand'era un semplice appassionato alle prime armi...

Claudio


Inviato: 27/2/2008 18:22
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Re: Quando scattare diventa un rischio...
Utente non più registrato
Ciao Franz(x), la mia posizione non è quella di uno che crede di non poter controllare il linguaggio della comunicazione visiva. Semmai ho l'impressione che il linguaggio della comunicazione visiva agisca indisturbato sulle masse, e quindi mi pongo in una posizione critica, interrogativa. L'immagine giornalistica è pur sempre inserita all'interno di un sistema di comunicazione complesso, che interagisce a differenti livelli nella società .
Credere che non ci sarebbero più guerre solo perchè non se ne vedono più le immagini sarebbe da ingenui, così come credo sia lecito credere che la presenza di una fotocamera o di una videocamera non possa da sola impedire il consumarsi delle peggiori efferatezze, anzi.

Tempo fa ascoltavo su RadioTre la testimonianza di un noto reporter - mi sfugge il nome - che parlava di come una situazione di tensione stesse degenerando a causa della presenza della videocamera del suo operatore.
Purtroppo la memoria non mi aiuta, ma i dettagli non sono essenziali: in sostanza si trovavano di fronte ad un gruppo di ribelli - in una città  africana - in procinto di uccidere un uomo dandogli fuoco. Resosi conto della situazione il giornalista ha fatto abbassare la videocamera al suo operatore e per tutta risposta gli aguzzini si sono infuriati e pretendevano che la scena venisse filmata! Volevano essere i protagonisti della storia ed entrare a far parte delle immagini, era arrivato il loro turno e lo reclamavano.
Fortunatamente i due giornalisti non si sono fatti intimidire ed i ribelli hanno desistito.

Più che di rigetto o di scetticismo io parlerei di atteggiamento cauto, valutativo, nei riguardi dell'informazione e delle immagini di cui si serve per raccontarci i fatti.

Giorgio

Inviato: 27/2/2008 18:45
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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C'e' un'altra opinione....
Mia moglie passando dietro le mie spalle ha allungato la testa per vedere meglio, ha visto la foto di Fabiano e si e' espressa cosi': Quella non e' una zingara e quello non e' il figlio di una zingara. Mani curate, piedi non sporchi, tessuto di raso...abbassa la testa per non farsi riconoscere...quella e' la ragazza o un'amica di Fabiano con un fratellino.
Come dire...Fabiano e' in una botte di piombo...

Benedette donne....
Ciao,
Renzo

Inviato: 27/2/2008 20:48
.........

......
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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28/3/2007 16:40
Da nord Sardegna
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Citazione:

Falcopardo ha scritto:
C'e' un'altra opinione....
Mia moglie passando dietro le mie spalle ha allungato la testa per vedere meglio, ha visto la foto di Fabiano e si e' espressa cosi': Quella non e' una zingara e quello non e' il figlio di una zingara. Mani curate, piedi non sporchi, tessuto di raso...abbassa la testa per non farsi riconoscere...quella e' la ragazza o un'amica di Fabiano con un fratellino.
Come dire...Fabiano e' in una botte di piombo...

E che problema c'è allora, abbiamo già  trovato a Fabiano anche l'avvocato difensore, se la zingara decidesse di fargli causa!
della serie: neghiamo l'evidenza e ce la scampiamo al processo!

Scherzi a parte, non ho dubitato neanche per un attimo dell'autenticità  dello scatto, e continuo a non farlo nemmeno ora. Anche tra gli zingari c'è chi se la passa meglio e chi peggio... e quei piedini non sono poi così "lindi" eh!

Suo malgrado, Fabiano ha la miracolosa capacità  di far puntualmente dubitare dell'autenticità  dei suoi scatti (ricordo ad esempio la lunga discussione sorta a seguito di una veduta a foro stenopeico in cui ne sono venute fuori ipotesi di tutti i colori)... peccato, perché questa puntuale magnetizzazione di critiche non rende giustizia né alle sue capacità  fotografiche, né all'impegno dimostrato nella diffusione delle conoscenze acquisite.

Ma sto andando decisamente in OT...

Claudio


Inviato: 27/2/2008 21:16
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Giorgio80 ha scritto:
Tempo fa ascoltavo su RadioTre la testimonianza di un noto reporter ... che parlava di come una situazione di tensione stesse degenerando a causa della presenza della videocamera del suo operatore ... in sostanza si trovavano di fronte ad un gruppo di ribelli - in una città  africana - in procinto di uccidere un uomo dandogli fuoco. Resosi conto della situazione il giornalista ha fatto abbassare la videocamera al suo operatore e per tutta risposta gli aguzzini si sono infuriati e pretendevano che la scena venisse filmata! Volevano essere i protagonisti della storia ed entrare a far parte delle immagini, era arrivato il loro turno e lo reclamavano.
Fortunatamente i due giornalisti non si sono fatti intimidire ed i ribelli hanno desistito.

Più che di rigetto o di scetticismo io parlerei di atteggiamento cauto, valutativo, nei riguardi dell'informazione e delle immagini di cui si serve per raccontarci i fatti.

Eh, anche qui ce ne sarebbe da dire... il tuo intervento mi ricorda un po' il caso della soldatessa a Guantanamo, che si faceva scattare le foto-ricordo vicino ai corpi ammassati e nudi dei carcerati.
E mi ricorda una scena memorabile del film City of God (per chi non l'ha ancora visto - che aspettate? - evito di parlarne )...

Insomma, pare proprio che nella nostra epoca il "protagonismo a tutti i costi" sia l'unico Dio rimasto in piedi...

Claudio


Inviato: 27/2/2008 21:29
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Mxa ha scritto:
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Falcopardo ha scritto:
Ciao Fabiano,
...
Mettiamo che tu arrivi primo al concorso, che la tua bellisima immagine venga divulgata e che per qualche caso la persona ritratta si riconosca e soprattutto riconosca il figlio. E mettiamo che qualcuno faccia venire la mosca al naso a questa persona magari per fare a mezzo.....Pensi di cavartela?
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Fabiano, tu ti chiedevi che male c'e' a fotografare la gente per strada. In astratto hai ragione, non fai certo "del male". In concreto se fai i soldi sui corpi, i volti e le miserie altrui senza nemmeno condividere il guadagno direi che c'e' molto di male, pero'. Se uno lo fa per giornalismo e' diverso, se uno lo fa per "hobby" non lo approvo ma insomma ... ma se uno ci specula ...


Appunto: "se".

In ogni caso non sono a conoscenza di cause intentate per questo genere di foto (non sfruttate commercialmente, tipo pubblicità ) vinte dal soggetto ritratto che, anzi, talvolta si è visto condannato al risarciimento delle spese.

Inviato: 27/2/2008 22:57
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Giorgio80 ha scritto:
Ciao Franz(x), la mia posizione non è quella di uno che crede di non poter controllare il linguaggio della comunicazione visiva. Semmai ho l'impressione che il linguaggio della comunicazione visiva agisca indisturbato sulle masse, e quindi mi pongo in una posizione critica, interrogativa. L'immagine giornalistica è pur sempre inserita all'interno di un sistema di comunicazione complesso, che interagisce a differenti livelli nella società .
Credere che non ci sarebbero più guerre solo perchè non se ne vedono più le immagini sarebbe da ingenui, così come credo sia lecito credere che la presenza di una fotocamera o di una videocamera non possa da sola impedire il consumarsi delle peggiori efferatezze, anzi.

Tempo fa ascoltavo su RadioTre la testimonianza di un noto reporter - mi sfugge il nome - che parlava di come una situazione di tensione stesse degenerando a causa della presenza della videocamera del suo operatore.
Purtroppo la memoria non mi aiuta, ma i dettagli non sono essenziali: in sostanza si trovavano di fronte ad un gruppo di ribelli - in una città  africana - in procinto di uccidere un uomo dandogli fuoco. Resosi conto della situazione il giornalista ha fatto abbassare la videocamera al suo operatore e per tutta risposta gli aguzzini si sono infuriati e pretendevano che la scena venisse filmata! Volevano essere i protagonisti della storia ed entrare a far parte delle immagini, era arrivato il loro turno e lo reclamavano.
Fortunatamente i due giornalisti non si sono fatti intimidire ed i ribelli hanno desistito.

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Giorgio


la mia voleva eser soprattutto una provocazione. ritengo, però, che le mase siano molto meno ingenue di qunto si pensi.
Basta guardare l'evoluzione costante del linguaggio pubblicitario: deve cambiare nel giro di poche stagioni per essere sempre efficace, perché alla fine lo sgamiamno sempre.

Le immagini causano sempre più polemiche, ritrosia, contestazioni e quant'altyro, rispetto alla comunicazione scritta. E questo accade per tre fattori:
1. è una forma di comunicazione più immediata
2. c'è una diffusa consapevolezza che la fotografia è trasposizione veritiera della realtà  ma facilmente manipolabile. Ovvero sappiamo che il ritrato di Mario rapresenta proprio Mario (senza però essere Mario), ma che ci vuol poco per stravolgere il senso che Mario dà  a se stesso.
3. L'insicurezza.

Inviato: 27/2/2008 23:08
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Maestrale ha scritto:

Citazione:

Giorgio80 ha scritto:
Tempo fa ascoltavo su RadioTre la testimonianza di un noto reporter ... che parlava di come una situazione di tensione stesse degenerando a causa della presenza della videocamera del suo operatore ... in sostanza si trovavano di fronte ad un gruppo di ribelli - in una città  africana - in procinto di uccidere un uomo dandogli fuoco. Resosi conto della situazione il giornalista ha fatto abbassare la videocamera al suo operatore e per tutta risposta gli aguzzini si sono infuriati e pretendevano che la scena venisse filmata! Volevano essere i protagonisti della storia ed entrare a far parte delle immagini, era arrivato il loro turno e lo reclamavano.
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Più che di rigetto o di scetticismo io parlerei di atteggiamento cauto, valutativo, nei riguardi dell'informazione e delle immagini di cui si serve per raccontarci i fatti.

Eh, anche qui ce ne sarebbe da dire... il tuo intervento mi ricorda un po' il caso della soldatessa a Guantanamo, che si faceva scattare le foto-ricordo vicino ai corpi ammassati e nudi dei carcerati.
E mi ricorda una scena memorabile del film City of God (per chi non l'ha ancora visto - che aspettate? - evito di parlarne )...

Insomma, pare proprio che nella nostra epoca il "protagonismo a tutti i costi" sia l'unico Dio rimasto in piedi...

Claudio



Infatti. Mi sembra che il problema, visto da un livello meno fotograficamente impegnato, sia riconducibile alla fiducia o meno che si ha delle persone, prima ancora che alla fotografia in quanto tale.

Inviato: 27/2/2008 23:10
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Re: Quando scattare diventa un rischio...
Moderatore
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11/3/2004 9:36
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Mi aggiungo anche io, con "voluto" spirito di provocazione ...


Sinceramente mi sento molto vicino alla posizione di Giorgio80, ricordo ancora un memorabile Maurizio Costanzo Show con un Carmelo Bene in splendida forma che urlava in faccia ad un pubblico attonito un "me ne frego del Ruanda!" (eravamo nel periodo dei terribili eccidi che devastavano quello stato e tutta l'opinione pubblica, giornali, tg ecc.ecc. erano "acchiappati" dalla vicenda) accompagnato da "la TV, i giornali (e per estensione la fotografia/reportage) informano i fatti (cioè danno forma ai fatti) ma non informano mai SUI fatti", ed in quel blackout di comprensione tra lui ed il pubblico (che si aspettava magari buonismo, parole di condanna, pietà  ecc.ecc.) c'era veramente tutto il (non) senso del suo teatro e del suo progetto artistico, tutta la dedizione-ossessione per l'incomunicabilità  e l'irrapresentabile...non è una questione di cinismo, ma certo che ci fanno schifo le guerre e le ingiustizie sociali!, ma in quelle splendide provocazioni di CB c'era tutto l'essere consapevoli delle problematiche complesse insite nelle parole "comunicazione", "autenticità ", "documentazione", tanto più quando si è così convinti come lui (ed io con lui) che nemmeno quando parliamo siamo noi a parlare, ma che invece piuttosto siamo parlati, che nemmeno quando pensiamo siamo noi a pensare, ma che invece piuttosto siamo pensati, quindi anche quello che sto scrivendo adesso è in-autentico ed "Io è un altro" ...


P.S. OT per Giorgio (visto il suo avatar): ti dico solo che mio figlio (2 anni) è nel periodo-robot e in macchina vuole solo ascoltare We are the robots, Spacelab, Metropolis e Trans Europe Express, e l'altra sera l'ho beccato a cantare "we are the robotsch, tu tutu tu..." ...





Inviato: 28/2/2008 15:26
Il mio sito

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Re: Quando scattare diventa un rischio...
Utente non più registrato

Ciao Marco, era quello a cui alludevo.
E'la costante sensazione di essere informati, il tenersi informati, che mi rende sempre più perplesso.
Informato riguardo a cosa? A qualcosa di cui non ho la minima coscienza, esperienza, percezione.
Guardando la tv mi rendo conto del suo potenziale: osservo delle immagini che scorrono su un video e che intendono rappresentare dei fatti, raccontare quello che accade. "Questi sono i fatti del giorno"
L'impressione che sempre più mi accompagna è che la Tv, così come altri media, siano essi stessi fatti. Una realtà  parallela, eterea. Si consuma e si rigenera costantemente nella sua ipotetica mansione di rappresentazione, rendendo lontani nel tempo i "fatti" di cui ha parlato la settimana scorsa.
Ci sono infatti i personaggi televisivi, così come le "vittime" del gossip o le comparse dei reality e gli sventurati protagonisti dei "gialli dell'estate", che ai miei occhi non possono che apparire come entità  aliene, impalbabili.
Ma cos'è ai miei occhi Mike Bongiorno, tanto per fare un'esempio? Non è altro che un'immagine che compare su uno schermo, priva di sostanza, intangibile.
Allo stesso modo mi interrogo sulla natura delle immagini di reportage. Cos'è questa immagine ai miei occhi? Cosa cerca di dirmi? Perchè si ostina a volermi raccontare qualcosa di cui non avrà mai la minima cognizione? Cosa cerca di documentare?
Non sarà  mai per me quello che era agli occhi del fotografo, è totalmente disconnessa dalla mia esperienza quotidiana.
Dunque io non posso che percepirne la sua essenza, che è fotografica. Non riesce ad informarmi. Mi offre delle schegge indecifrabili, che non riesco a ricondurre alla realtà , all'accaduto.

Mi viene in mente la fotografia dell'anoressica fatta da Toscani. Se le masse non sarebbero poi così influenzabili perchè si è levato il solito scandalo?
Perchè era una fotografia, quindi, per la massa, un presunto prelievo dal vero avente some soggetto una persona con dei disturbi alimentari gravi.
Dopo pochi giorni di indignazione anche l'immagine di Toscani entra a far parte del paesaggio e chi se ne fotte più dell'anoressica?

Ma la mia posizione è diversa, mi interrogo continuamente sulle immagini e non mi atteggio a cinico o indifferente, cerco di individuarne il possibile significato, una collocazione all'interno del mio contesto.

Giorgio

P.S.OT per Marco: diventeremo tutti "DIE MENSCH MACHINE"??
ottimi gusti musicali il bimbo!


Inviato: 28/2/2008 17:21
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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26/5/2005 15:12
Da Orsay (Parigi)
Messaggi: 456
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ciao
sempre di corsa quindi ho appena appena letto il 3d. vedo che si son formate due linee parallele, anche interessanti. cerchero' di seguirle meglio settimana prox.
anche io mi sento sdoppiato e dubito dell'informazione e del documento, quindi questo e' un tema che mi e' abbastanza caro.
per quanto riguarda il tema originale della foto:
il concorso di fotografia, anche se lo vinco, non mi fara' guadagnare premi in denaro, perche' allepoca in cui ho scattato la foto e inviato il file ancora non avevo aperto la partita iva e quindi ero ancora amatore.
l'unica cosa che posso guadagnare e' in curriculum, quindi un guadagno c'e', anche se non cocnreto, e lo considero frutto di sforzi, impegno e lavoro piu' che della faccia della zingara.
per le foto di cui e' previsto uno sfruttamento commerciale in ogni caso c'e' una legislazione vigente che gestisce questi casi e di fatto i fotografi chiedono la liberatoria quando intendono sfruttare un'immagine.
in ogni caso vi ricordo che la situazione da cui eravamo partiti e' quella di un'aggressione di una persona fotografata, indipendentemente dal fatto che poi la sua immagine venisse sfruttata commercialmente. e' questo atteggiamento che a me dispiace, un rifiuto aprioristico della possibilita' di esser fotografati.
Per i soldi, devo comunque ammettere che non ci avevo pensato. sara' che ritengo che se un fotografo fa soldi con la mia faccia e' merito suo piuttosto che mio. in ogni caso, se la motivazione a non farsi fotografare delle persone e'puramente economica mi pare ancora piu' meschina (sempre opinione personale chiaro) dello spettro della paura.
ciao ciao
f

Inviato: 28/2/2008 17:32
http://photo.busdraghi.net

La gente crede nella realtà della fotografia ma non a quella della pittura; il chè dà un enorme vantaggio ai fotografi. Sfortunatamente, però, anche i fotografi credono nella realtà della fotografia. D. Michals, 1976...
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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8/10/2006 17:44
Da Torino
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Mi sembra che ci siano degli equivoci di fondo, perlomeno sulla faccenda dell'essere fotografati. Dico la mia. La fotografia verso sconosciuti, come più in generale verso le persone, pone alcune domande, fa emergere aspetti che, al di la delle leggi che cercano di darci una regolata, appartengono al campo delle relazioni umane, prima ancora che al campo della fotografia. Nessun mi vieta di guardare una persona per strada, nessuno gli vieta di sfuggirre al mio sguardo. E tutta qui la questione. Non si puà pretendere di guardare senza aspettarsi una qualche reazione, così come non si puà pretendere di fotografare senza aspettarsi una qualche reazione, che puà essere di qualunque tipo. Dunque anche un cazzotto. Ma non me la sento a questo punto di risolverla ne con la forze, ne con la velocità .
La questione é da porre nel più genrale sistema delle relazione umane. Fotografare qualcuno vuol dire entrarci in contatto e porca la miseria vogliamo fregarcene di questo contatto? E' certo che si puà fotografare liberamente, ma ripeto altrettanto liberamente si puà o si vuole sfuggire alla fotografia. Sono due diritti. Se discutiamo dei perchè qualcuno non vuole farsi fotografare allora discutiamo dei perchè qualcuno vuole fotografare; non é certo più legittimo voler fotografare. Per questo non é una questione di rifiuto aprioristico, fabusdr, per niente. La questione é ben diversa. Personalmente non scatto per strada, ma cerco di costruire un rapporto con alcuni personaggi e seguirli nella loro vita. Perderà delle foto? amen, anche adesso ne sto perdendo perchè occupato a scrivere.
Altri personaggi sono autorizzati a scattare per lavoro, benchè anche loro sottoposti comunque a vincoli e comportamenti etici. Si occupano di informazione e qui viene l'altra questione. C'è un passaggio di Giorgio80 "Non sarà  mai per me quello che era agli occhi del fotografo, è totalmente disconnessa dalla mia esperienza quotidiana", la estrapolo con tutti i rischi del caso, ma aggiungerei che quasi sempre sarà  disconnessa, salvo che il fotografo e tu abbiate vissuto la stessa esperienza e, forse, qualcosa riconoscerai. Ma chi si occupa di comunicazione questo lo sa, e un fotografo/reporter deve saperlo. La fotografia diventa altra cosa quando entra a far parte del tuo mondo, e alla fine lo dici anche "mi interrogo continuamente sulle immagini e non mi atteggio a cinico o indifferente, cerco di individuarne il possibile significato, una collocazione all'interno del mio contesto." Che poi poi la megamacchina comunicativa produca continuamente distorsioni, generalizzazioni, crei fantasmi vaganti nell'etere, realtà  parallele che si autoalimentano, beh, é anche così. E l'infomazione che forse é più un invenzione commerciale che una necessità  per la stragrande maggioranza della gente, di colpo, in tanti casi, diventa non solo un diritto, ma un motore di cambiamento. Non credo che si possa assumere la realtà , compresa quella dei media, come un monolite, ma piuttosto affrontarla come un poliedro dalle tante facce. Tutte vere.
bs
marco

Inviato: 28/2/2008 18:57
La fotografia non si domina: corre da sola e l'uomo la segue in ritardo e mai come oggi.
A. Gilardi

www.mbphoto.it
www.flickr.com/photos/marcofluens

..................
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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9/12/2004 21:10
Da Toscana
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Ciao,
meno male che siamo rientrati nell'argomento perche' non riuscivo piu' a seguire il discorso....
Quello che secondo me entra in ballo nella foto di street e' la violenza nei confronti della dignita' dell'individuo.
Tanto e' uno straccione, che dignita' vuoi che abbia?
E' risaputo che tra i barboni che dormono sotto i ponti e nei cartoni, tra gli elfi, tra i miserabili che muoiono di freddo sui maciapiedi delle stazioni ci sono anche dei laureati.
Mettiamo che io sia un ingegnere , un avvocato, un.... e mentre trascorro piu' o meno serenamente la mia esistenza la vita mi presenti un conto atroce, la malattia di un figlio o della moglie o di entrambi, che mi costringa a vagare da un ospedale all'altro, da una nazione all'altra, tenendomi lontano dal lavoro e dagli interessi e sia prosciugato dalle spese. E che mi ritrovi nell'indifferenza di un Dio e dell'umanita', solo a combattere una battaglia inutile quanto massacrante. E che quando questa atroce guerra finisce mi ritrovi nella totale sfiducia di tutto e di tutti, senza una lira, senza un lavoro e senza forza ne' voglia di ricominciare. E che piano piano, tentando di affogare nell'alcool i mie problemi, di tentare di fuggire i problemi isolandomi, mi ritrovi a vivere di distratte e svogliate elemosine e a essere considerato meno di un cane e a dormire per strada.
E che un giorno arrivi qualcuno che con una macchina fotografica in mano tutto esultante mi prenda di mira perche' "sono una bella fotografia"....
Se prendo questo qualcuno e la fotografia gliela faccio io, in un muro, avrei tutti i torti? Non ho diritto alla mia sofferenza? A un rispetto? Sono rispettabili e titolari della dignita' solo coloro che viaggiano con un Cheyenne sotto il culo?
Che ne sappiamo dei problemi della gente, del perche' sono ridotti in certe condizioni? Che diritto abbiamo di renderne pubblica la sofferenza o la scelta di vita?
Mi fa orrore il pensare di realizzare una "bella" fotografia sulla pelle di uno sciagurato. Si, perche' la foto di un bimbo felice, di una bella donna, di due ragazzi che si amano e' ugualmente bella, ma non violenta allo stesso modo. E' una foto complice, basta un'ammiccamento, un sorriso, ci si capisce al volo, spesso non c'e' neppure bisogno di chiedere il permeso. E' diverso.
Ciao,
Renzo

Inviato: 28/2/2008 22:09
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Re: Quando scattare diventa un rischio...
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Da lombardia
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Personalmente detesto "rubare" le foto. Se trovo qualche soggetto interessante, chiedo se posso fotografarlo. Se come spesso succede rifiuta, non lo fotografo: è suo diritto.
Mi spiace per la posizione di Fabusr, che se non ho frainteso ritiene che l'unica morale valida è la sua propria. Bè, è ovvio che ognuno ha una sua propria morale in base alla quale determina i propri comportamenti. Ma prescindere completamente da quella che è la morale altrui è una strada abbastanza pericolosetta. E' chiaro che non dubito neppure per un istante che Fabusr sia una bravissima persona. Ma se un'altra persona, che adottasse lo stesso atteggiamento, invece non lo fosse? Si potrebbe sostenere la liceità  di un cattivo comportamento, sulla base del fatto che la sua coscienza non lo ritiene tale?
L'anarchia è una bellissima idea, così in astratto. Ma se poco poco si cerca di metterla in pratica si torna rapidamente al livello della legge della Jungla, perchè almeno finora, non si è mai dato nella storia che gli uomini si siano dimostrati tutti, o almeno in grande maggioranza, individui buoni, mansueti, onesti, altruisti, generosi e disinteressati. Donde la necessità  di regole condivise, per rendere possibile una qualche forma di convivenza più o meno pacifica.
Venendo al pratico, e mi scuso di prendere ancora ad esempio l'intervento di Fabusr (sembra che ce l'abbia con lui, il che ovviamente non è, perchè capisco benissimo la sua posizione anche se non la condivido) dove scrive che in caso di necessità  scatta e scappa, tanto ha buone gambe. Perfetto, e complimenti per la sua forma fisica. Però poi che uso puà fare di questa foto rapinata? Tecnicamente credo che il soggetto ripreso potrebbe adire le vie legali, se quella foto venisse resa pubblica ed utilizzata per fini commerciali. Si confida forse nel fatto che il soggetto sia troppo povero, geograficamente e culturalmente distante, ignorante o incapace socialmente di difendere i suoi diritti? Mi spiace, ma non mi pare un gran segno di rispetto nei suoi confronti. Vorrebbe dire che se invece si avesse una ragionevole certezza di dover subire una richiesta di risarcimento per quella foto, ci si comporterebbe in modo meno disinvolto?
Oppure non si utilizza la foto, altro che per tenerla nel proprio album personale? Va bene, ma che senso ha una foto che non puà essere mostrata? Mi sa tanto di quelli che fanno rubare i capolavori dai Musei, sottraendoli all'ammirazione del pubblico, per poi doverli nasconderli nei sotterranei inaccessibili di qualche villa o banca, senza alla fine poterne fare neppure un decente uso privato. Così, per mero desiderio di possesso.
Non lo so. Non lo capisco.
Ovviamente c'è il discorso sul diritto di cronaca. Comprendo benissimo che se portato agli estremi, il mio ragionamento renderebbe di fatto impossibile il lavoro di fotoreporter. Credo che, anche dal punto di vista giuridico, si contrappongano in questi casi, gli interessi del singolo, con quelli della collettività : in parole povere, si fa prevalere il diritto di informazione di una collettività  al diritto di privacy di un singolo. E' accettabile.
Ma mentre non mi pare dubbio che si possa applicare questa regola nel caso di guerre, conflitti, movimenti di piazza, manifestazioni varie, ed altri eventi DI MASSA, in cui i fotografi hanno il diritto di estrapolare l'episodio e l'individuo singolo, in quanto parte esemplificativa di un tutto più grande (usando cioè la figura retorica della Sineddoche), non sono altrettanto sicuro si possa giustificare l'esposizione di un SINGOLO (ad esempio l'uomo caduto in disgrazia e ridotto a barbone cui accenna Renzo) attribuendogli poi arbitrariamente valore universale. Quella è la sua vicenda umana personale, singola ed irripetibile. Se vuole farne compartecipi altri, raccontandosi o facendosi fotografare, va benissimo. Ma se non lo desidera, questa sua volontà  andrebbe rispettata.


Inviato: 29/2/2008 11:25
Tessera C.F.A.O n. 3

"Tempo fa ero indeciso, ma ora non ne sono più così sicuro" Boscoe Pertwee

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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Ciao,
concordo in pieno con Luciano con l'estenzione che ha voluto dare al pensiero che e' anche il mio e confermo la mia stima nei confronti di Fabiano. Il fatto che abbiamo idee diverse su un certo argomento non incide minimamente sull'apprezzamento che ho nei suoi confronti.
Ciao,
Renzo

Inviato: 29/2/2008 16:03
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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-Gli unici altri posti dove ho registrato un'ossessione di parì entità , ed anzi, superiore, sono i paesi ex socialisti, a partire dalla Russia, dove sono stato quasi linciato dalla folla perché stavo scattando una foto a mia moglie! ed un fornaio mi ha inseguito con la pala solo perchè ho alzato la leica nel tentativo di chiedere a gesti il permesso di fotografarlo. Ma questi popoli hanno una storia talmente orrorifica che son perdonati.

Mi sa che stai un pochino generalizzando o forse la sfiga ti perseguitava ;), io ho vissuto per 2 anni in Slovacchia (ex socialisti) e non ho mai avuto problemi di sorta quando mi son trovato nella situazione di scattare foto in strada a bimbi, musicanti di strada, "Homeless,barboni,senza tetto e come volete chiamarli" nessuno mi ha mai voluto picchiare o fatto faccie storte.

Inviato: 1/3/2008 2:28
Alcuni test ed alcune foto.
http://www.flickr.com/photos/8763925@N08/


Ja som tvoja laska, a tvoja laska hybe moje srdce....
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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Ciao Luciano e tutti gli altri,
ho molto apprezzato il tuo intervento e devo dire che sono daccordo su molti punti. Inoltre capisco benissimo che non ce l'hai con me come nessun altro che ha patecipato a questa discussione, come io non ce l'ho con nessuno di voi rispetto le vostre opinioni anche se questo non mi impedisce di discuterle se non le condivido. Mi dispiace anche di aver offeso qualcuno con il termine "pippe" spero che si sia capito il significato dell'espressione.

Alcune preciazioni.
In primo luogo vi dico che, in quello che scrivo, sto sempre un po' calcando la mano, per renderlo enfatico, per provocare un po' e per smuovere la discussione. Nei fatti, nella vita di tutti i giorni, sono molto rispettoso nei confronti del prossimo, o almeno mi pare o cosi' mi vede chi mi sta attorno. Se a volte puo' sembrare che pontifico è perché mi appassiono alla discussione, sono una persona passionale è vero, ma sono molto aperto ad accettare critiche e non pretendo di avere ragione o pensare che tutte le altre visioni siano sbagliate. Anzi. Questa discussione è stata fonte continua di riflessioni, anche lunghe, è stato un modo per aiutare a capire come la penso e porre molte questioni su me stesso e il mio comportamento.

Chiarito ciò, devo dire che per quanto riguarda il mio pensiero ci sono due linee distinte, che si sono mischiate nella discussione.
Da una parte il mio fotografare o meno una persona per strada, dall'altra l'accettazione di questa persona dello scatto, l'atteggiamento di rifiuto nei confronti del farsi fotografare. 7 questa seconda parte soprattutto che critico.

Per quanto riguarda la prima tematica, come dicevo non fotografo mai nessuno se dichiaratamente non vuole farsi fotografare, un po' se vogliamo per rispetto, un po' diciamolo pure per paura di buscarle, un po' per la contingenza della situazione.
Pero' se vedo qualcosa che mi interessa fotografo, se poi vengono fuori casini, cerco di spiegarmi e se non è possibile, come mi è capitato in alcune occasioni, me la do a gambe.
In tutte le foto che ho fatto, magari mi sbaglio, mi pare di non aver sfruttato mai la situazione di inferiorità  di un mendicante. In ogni caso reazioni negativi non le hai solo dai barboni (con cui fra parentesi mi fermo spesso a chiacchierare e che mi danno meno problemi delle persone "abbienti" che camminano per strada) ma tendenzialmente da tutti. Tipo fare foto a dei bimbi in un parco, come la famosa foto dei bimbi che giocano ai giardini di lussemburgo innevati, oggi equivale ad un invito al linciaggio da parte di mamme borghesi, molto più ricche di me. Mi pare quindi che i diversi livelli sociali non siano il succo della cosa.

Ho riflettutto molto in questi giorni su quello che ha detto Renzo. La mia incapacità  a vedere lo scatto come qualcosa che possa danneggiare è che la violenza cui accenna io non riesco neanche a capacitarmela, quando fotografo qualunque cosa, dal vecchietto, al sasso, al mare, per me non è mai uno stupro, ma sempre sempre un atto d'amore.
Forse sono candido e ingenuo, e di questo chiedo scusa al mondo, ma non mi è mai capitato di dirmi "ah, che figo che sono stato, ho acchiappato anche questa bella foto". mai. quello che faccio tutti i giorni è guardare il mondo con stupore, fantasia amore e cercare di mettere quello che vedo, questo stupore pascoliniano, nelle mie foto. e quello che vedo comprende tanto i bei paesaggi come i barboni, perche' entrambi fanno parte del mio mondo e entrambi li amo profondamente.

Per quanto riguarda la questione economica. Non mi vergogno a dire che ho pochi, pochissimi soldi. Ho abbandonato la mia carriera lavorativa per fare il fotografo, anzi, il fotografo artista, che è molto peggio econmicamente. per ora faccio sacrifici uno dietro l'altro, guadagno pochissimo (ma sono contento). sinceramente se fossi un fotografo famoo e pieno di soldi preferireri divertirmi a fotografare le top model del momento nude che farmi inseguire per strada da una mamma incazzata cui ho fotografato il figlio.
quindi forse anche per questo non mi sembra di derubare nessuno, quando si hanno le tasche vuote e l'unica cosa che conta è la fotografia non mi pare di sfruttare nessuno. tanto piu' che dei soldi guadagnati fino ad ora con la fotografia non c'è nessun esempio di street photography.

Certo, mi potete dire che io sono io ma che altri possono sfruttare le persone. non lo so, secondo me è difficile che sia un'eventualità  reale. Qualcuno che voglia fare pubblicità  ha infinitamente meno grane e complicazioni a pagare un modello professionale che a fare corri e fuggi con i passanti che si incazzano e poi ti mandano le lettere dell'avvocato.
Gli unici che "guadagnano" con le foto di strada son forse i giornalisti, che pero' li giustificate con il dirittto all'informazione. l'amatore che guadagna 100 euro di primo premio al concorso del fotoclub di Monculo sull'arno non so se vale un processo, e a chi lo intenta mi verrebbe da dire di smettere di fare la guerra fra i poveri.

Non so, forse mi sbaglio, ma mi pare che non sia veramente la questione economica la sorgente del rifiuto a farsi fotografare. Mi pare qualcosa di molto più viscerale, irrazionale, come dicevo, medieovale.
E questo dato di fatto mi da rammarico.
Ed è questo il secondo punto che vi dicevo. tutta l'enfasi dei miei messaggi precedenti non voleva essere sul mio atteggiamento, diritto di fare quello che voglio, di scattar e le foto che voglio. Tutta l'enfasi voleva invece essere su questo mio grosso dispiacere per constatare che la gente non voglia farsi fotografare, per motivi che ai miei occhi, al mio giudizio completamente parziale (magari anche sbagliato, ma in questo caso aiutatemi a trovare una spiegazione razionale), mi sembrano non basati su fatti reali e soprattutto controproducenti per la memoria collettiva, le testimonianze di questo tempo, la storia stessa della fotografia.
my2cents
f

p.s. la foto non ho modo di dimostrare che sia reale, pero' è una scena che ho visto per strada a Roma verso luglio del 2007. Il senso di irrealtà  è forse dado dal ritocco pesantissimo. fra le altre cose ho aumentato molto la luminosità  su mani e volti, scurendo il resto, cercando appunto l'effetto di luce dei quadri antichi. Questo forse da una sensazione di pulizia che di fatto non c'era. Le macchie sul vestito poi sono state pazientemente spuntinate.

Inviato: 1/3/2008 20:15
http://photo.busdraghi.net

La gente crede nella realtà della fotografia ma non a quella della pittura; il chè dà un enorme vantaggio ai fotografi. Sfortunatamente, però, anche i fotografi credono nella realtà della fotografia. D. Michals, 1976...
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Re: Quando scattare diventa un rischio...

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9/12/2004 21:10
Da Toscana
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Ciao Fabiano,
Probabilmente, anzi, sicuramente, perche' lo hai detto anche tu, sei cosi' preso dalla fotografia da non comprendere come qualcuno possa rifiutarsi di essere fotografato, di esere il soggetto di una bella foto.
Ci sono parecchi punti che sembrano sfuggirti, te ne elenco qualcuno.
Con la pedofilia dilagnate c'e' la possibilita' di ritrovarsi il figlio in un catalogo per bavosi depravati, e non credo sia una cosa piacevole. Come potrebbe non essere piacevole fornire sempre l'immagine del figlio per un facile riconoscimento in vista di un rapimento. Possibilita' remote? mica tanto...
Figurati che proprio ieri al supermercato mi e' capitato di sfiorare la testa di un bel bambino in una carezza affettuosa e di incrociare subito dopo lo sguardo inquisitore della mamma. Come darle torto? Purtroppo il mondo oggi e' cosi'.
E per quanto riguarda le persone in difficolta', pensi sia piacevole essere oggetto di una foto proprio perche' si e' in quello stato, perche' si ha il viso sporco, scavato dalle sofferenze, i vestiti laceri, le scarpe distrutte?
Sicuramente per una bella fanciulla la cosa e' diversa, ma, a meno che un individuo non abbia il cervello distrutto dall'alcool o dalla droga penso che la dignita', la vergogna , siano sempre presenti.
Se invece fai aicizia con queste persone, cerchi di capire i loro problemi, ti offri di documentare e condannare con delle immagini un certo stato di cose e' assai piu' probabile che tu possa avere il consenso, magari rischi anche di solleticare un residuo di vanita' e scattare tutte le immagini che vuoi. E non e' detto ci sia la necessita' di riprenderli in pieno viso. E' l'approccio che e' diverso....
La gente per strada spesso ha molto da nascondere. Persone che sono in un posto e non ci dovrebbero essere per i piu' svariati motivi ( assenza fraudolenta dal lavoro, malaffari, appuntamenti galanti, chi piu' ne ha piu' ne metta... ). Non credo che sia il massimo essere fotografati in simili circostanze.
La tua immagine, se il bambino fosse rimasto parzialmente nascosto da una mano, non avrebbe potuto dar adito a polemiche, ma anche nel mondo degli zingari i bambini sono "sacri", magari per motivi anche parecchio diversi dai nostri, pero' spesso non vogliono che siano fotografati.
Eppure si legge sui giornali di bambini venduti, scambiati, rapiti...Sicuramente si tratta di una percentuale minima, ma
non credo sia troppo igienico rischiare. Anche perche' ti ritrovano, sei l'autore della foto, hai un nome e un indirizzo....
Tutti i discorsi filosofici sul momento dello scatto lasciano il tempo che trovano davanti alla nuda realta'.
Fra l'alro poi, disquisire sul momento poetico dello scatto, e poi darsela a gambe....
Ciao,
Renzo

Inviato: 1/3/2008 20:57
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