Per voi malati di tecnologia segnalo un libro veramente piacevole da leggere. "Spacesuit: Fashioning Apollo", scritto da Nicholas de Monchaux, sulla storia della tuta usata nelle missioni Apollo, forse il capo di vestiario più' famoso del 20mo secolo.

La tuta era prodotta dalla Playtex, che aveva vinto il concorso superando tutti gli ostacoli che la NASA gli aveva messo contro. Era l'unica tuta che fosse uscita indenne da decine di test tra i più' cattivi possibili. Tutti gli altri concorrenti --- aziende famosissime nella difesa e nelle alte tecnologie, con decine di scienziati a disposizione --- erano usciti con le ossa rotte quando le loro avanzatissime soluzioni erano state messe a confronto in test di sopravvivenza con quella della Playtex. La quale non aveva alcuna esperienza, *ZERO*, nelle alte tecnologie, nella difesa, etc, etc. Infatti non aveva neppure una divisione di ricerca e sviluppo.

Perché' la Nasa cercava di evitare di usare la soluzione Playtex? Per il genere di prodotti che avevano reso famosa la Playtex, cioè' reggipetti, busti, e guepiere. L'idea che saltasse fuori che i rappresentanti del macismo più' assoluto --- gli astronauti --- andassero in giro per il cosmo indossando un capo di abbigliamento prodotto da una ditta specializzata in reggipetti terrorizzava gli alti papaveri. D'altronde la soluzione della Playtex era resa possibile perché' solo lei aveva a disposizione delle sarte talmente in gamba da poter fare cuciture con la precisione di 1/64 di pollice (!!!).

E così' alla fine la Playtex vinse

Lettura affascinante.

Non pensavo davvero che nelle tute per astronauti ci fosse spazio per cuciture a mano, sia pure di alta precisione.
Semmai avrei detto ampio ricorso alle termosaldature.

Naturalmente neppure sapevo che ci fosse di mezzo la Playtex.
Non ci vedo niente di sconveniente, comunque. E' bene che gli astronauti avessero qualcosa a ricordargli le dolcezze di casa.
Donde il famoso: " Huston, abbiamo un problema!"